Horst: bellezza vuol dire eleganza

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Una bella antologica a CAMERA – Centro Italiano della Fotografia di Torino

di Michele De Luca

 

«Spero che nelle mie foto si noti più la presenza della bellezza che del denaro. I quattrini non hanno nulla a che vedere con lo stile». Lo diceva in una lontana intervista il grande fotografo tedesco Horst P. Horst (Weißenfels 1906Palm Beach 1999) come a sottolineare un impegno professionale e artistico rispettato nel corso della sua pluridecennale attività. Nato in una piccola città al centro della Germania vicino a Weimar da una famiglia della buona borghesia, frequenta negli anni ’20 gli ambienti del Bauhaus e poi, a Parigi, lavora alcuni mesi con Le Corbusier; ma fondamentale è il suo incontro con George Hoyningen-Heune, il più famoso dei fotografi di Vogue, che gli diede modo di avvicinarsi alla fotografia di moda nel periodo in cui il mondo della moda scopriva il potere espressivo e accattivante della fotografia, che incominciò così ad “invadere” le riviste specializzate.

A metà degli anni ’30 era già un fotografo di grande successo. Allo scoppio della seconda guerra mondiale Horst venne infine convocato a prestare servizio nell’esercito americano e come molti altri fotografi si ritrovò ad abbandonare il suo lavoro per dedicarsi alla testimonianza dell’evolversi del conflitto. Dopo la guerra, cui aveva partecipato arruolandosi nell’esercito americano (in quell’occasione cambiò il suo vero cognome, Bohrmann, in Horst) era di nuovo a Parigi per fotografare le nuove collezioni e ritrarre personaggi famosi come Gertrude Stein e Roland Petit, oltre a realizzare reportage di viaggi.

La bella mostra a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino è una bella antologica, curata da Giangavino Pazzola realizzata grazie alla collaborazione con l’Horst P.Horst Estate e Paci Contemporary Gallery di Brescia, si sviluppa in maniera cronologica e, con una selezione di oltre 120 opere di vario formato, prende in considerazione i principali periodi creativi di Horst, ripercorrendone la storia negli snodi fondamentali della sua evoluzione, dagli esordi alle ultime realizzazioni. Era da trentacinque anni, forse, che da una memorabile mostra al Museo Fortuny di Venezia, curata da Bill William A, Ewing, Sandro Mescola Silvio Fuso e Filippo Passigli (catalogo di Idea Books), non si riproponeva in un importante evento espositivo un fotografo che ha fatto dell’eleganza formale la sua inconfondibile “cifra” stilistica, accompagnata da un eccezionale gusto teatrale e scenografico, da un uso sapiente e ammaliante della luce: «Non mi piace – ha detto – la luce che rivela tutti i dettagli, è il tipo di luce più innaturale per quanto mi riguarda. Conservare il mistero. Questo è l’elemento più importante».

La prima sezione funge da introduzione ai suoi interessi di ricerca: il rapporto natura-cultura, il ritratto ambientato e la grande cura del dettaglio, elementi riscontrabili sia nelle fotografie nelle quali immortala il milieu intellettuale della Parigi degli anni Trenta che negli autoritratti e nelle nature morte. Nella seconda sezione, trovano spazio le opere realizzate durante la fase parigina e quella newyorchese, periodi molto prolifici, influenzati dal romanticismo e dal surrealismo, durante i quali realizza immagini iconiche quali Mainbocher Corset, Paris, 1939, Lisa with Harp, 1939 e Hand, Hands, New York, 1941. L’uso del colore nella fotografia di moda è il soggetto che apre la sezione nella quale vengono ospitate le più celebri copertine di Vogue. A fare da trait d’union troviamo le sorprendenti immagini d’interni realizzate a partire dagli anni Quaranta e divenute presto una delle occupazioni principali del fotografo, anche grazie all’interesse di Diana Vreeland (direttrice di  Vogue  dal 1962), che commissiona ad Horst una serie di servizi su case e giardini degli artisti e delle celebrità. Tra tanti realizzati dall’autore, un focus viene dedicato all’Italia, con l’appartamento romano dell’artista Cy Twombly, adornato di sue opere e sculture classiche, e con il fascino senza tempo della tenuta di Villar Perosa, all’interno della quale posa un’elegantissima Marella Agnelli.
A completare la mostra, che si muove sempre a cavallo tra le opere più note dell’autore e una serie di sorprendenti inediti, le immagini tratte dalla rinomata serie Round the clock, New York, 1987, ultima sintesi di radicalità, talento e visione di una delle figure di spicco della fotografia del XX secolo.

Horst ha saputo, più di ogni altro, dare una voce autorevole e artistica al curioso, stravagante e frivolo mondo della moda. Affinché la moda acquisisse la sua “voce” egli comprese che era necessario andare oltre la banale apparenza fino a ritrovare e riportare alla luce le ragioni che dettano, ieri come oggi, l’influenza di questo universo sulla cultura, sui processi di trasformazione e innovazione della società. Per lui, cioè, non si trattava dunque di scattare per reclamizzare abiti e la creazione degli stilisti, ma di ritrarre i canoni stessi della bellezza, il suo potere, tra il pudico e l’erotico; e con grande sensibilità visiva e gusto raffinato mettere in risalto questo duplice volto. Sono sue parole: «La moda è un’espressione dei tempi. L’eleganza è un’altra cosa». Prendiamo quello che forse è il suo più celebre scatto,

Mainbocher Corset, 1939: apparentemente il fotografo coglie la modella in un attimo di desabillé, con una notevole carica erotica; ma le conferisce anche l’eleganza e la plasticità di una statua di Prassitele. Nei primi anni ’40 il corsetto non era considerato particolarmente alla moda: Horst e la sua fotografia riportarono alla ribalta il capo d’intimo in maniera travolgente. Tipico esempio di quello che si intende quando si parla di “potenza di uno scatto”. Una curiosità: nel video della canzone Vogue di Madonna c’è una sensuale esplicita “citazione” proprio di questa foto.

Va infine detto che la “cifra” espressiva del suo stile fotografico consisterà in particolare nel sapiente e originale uso della luce, bianca e forte, al fine di ottenere, senza l’ausilio di altri mezzi o sofisticazioni, immagini più nitide ed effetti particolarmente sorprendenti e affascinanti. «Non credo – sono ancora sue parole – che la fotografia abbia anche remotamente a che fare con il cervello. Ha a che fare con l’apparire agli occhi».

 

Horst P. Horst

Mainbocher corset

Paris, 1939 © Horst Estate – Cobndé Nast

Courtesy Paci contemporary gallery