I luoghi e i sensi di Enzo Santese

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di Walter Chiereghin

 

Il più recente volume di versi di Enzo Santese, I luoghi e i sensi, edito da Battello, si apre, leopardianamente, con un muto colloquio della voce poetante con la luna, un’intuizione creativa suggerita dal fenomeno della “luna rossa”, osservabile in Italia nell’eclissi lunare dello scorso luglio. Subito dopo tale incipit, il testo dell’autore triestino prosegue con una citazione – non saprei dire quanto consapevole e volontaria – del film forse più celebre di Stanley Kubrick: l’enigmatico monolite che in 2001 Odissea nello spazio compare, muto testimone o forse motore immobile di ogni svolta dell’evoluzione umana, mentre nel libro di Santese è collocato proprio in prossimità dell’apertura, una sorta di esergo, di guardiano della porta che introduce alla prima delle cinque sezioni nelle quali è organizzato il libro: Sinestesie e ossimori. Non intimidisca il riferimento al tecnicismo evocato dal riferimento alle due figure retoriche: la breve sezione (consta in tutto di undici componimenti), non è, naturalmente, un campionario di esercitazioni di retorica o di metrica, ma piuttosto costituisce una sorta di introduzione in versi ai testi che seguiranno, disegnando un ambito spaziale («[…] percorsi / d’erba cresciuta su viottoli antichi», oppure «dove il cielo resiste al buio della notte») e temporale («nell’ora più vicina al rosso crepuscolo»), in cui le parole allineate nei versi cercano un ordine problematico che consenta d’individuare un senso all’esperienza umana, sia personale che associata, com’è per gli ultimi componimenti di questa “introduzione in versi”.

La riflessione in chiave sociale sul nostro presente si allarga nel seguito della lettura, estendendosi alla sezione successiva, dove esplicitamente l’interesse dell’autore si coagula attorno ad alcuni drammi del nostro presente, che in parte sono, in parte si vuole che siano centrali nella nostra società, primo tra tutti il tema delle migrazioni e soprattutto dei migranti. Dei nuovi muri che si erigono, ove «Il confine irto di puntute spine / buca il senso di una storia / di oggi che stride in fragori acuti / col senso del remoto per paura / di compagnie d’uomini sospetti» o dove, attingendo a una memoria immaginaria «[…] nel guscio cavo / di una barca che accoglie acqua / fango pesci stracci e speranze / e arriva al porto d’Europa / più lontano dove le voci / non hanno microfoni per / orecchie remote e senza ascolto».

Costituiscono un ganglio essenziale della raccolta le riflessioni di Santese, contenute nella sezione “Vertigine del remoto”, su un’attualità che mette in crisi alcuni elementi che ritenevamo fino a ieri fondanti del contratto sociale che dà legittimazione a leggi e governi; lo sguardo sconsolato dell’autore considera sia le vittime che i testimoni muti e indifferenti di quanto si consuma davanti ai nostri occhi, com’è per il “ricco” che di fronte allo scandalo della miseria e dell’emarginazione non sa esprimere che questa critica: «è senza decoro la città – pensa – / contaminata da esseri che parlano / la lingua di una sofferenza / proposta all’occhio come scomodo / pungolo ad agire sul cuore / in atrofia perenne di scatti d’amore / per troppa felicità da donare» e, alla pagina successiva «piccole storie di uomini soli / spersi nel deserto dell’indifferenza».

Con “Passo lieve” ritorna il sereno tra le pagine della silloge, ritornano negli orizzonti del poeta mattine d’estate, un altro plenilunio, sorrisi di bimba, dediche a personalità amiche, mentre in “Mobili schemi”, dopo che il verso si fa più astratto con qualche concessione persino all’ermetismo, capita d’imbattersi in una piccola serie di paesaggi: Venezia, il Lido, l’Istria, Caporetto e poi in una raccolta serie di omaggi a Umberto Saba e Cristina Campo, nella quale s’intersecano la vocazione lirica e quella critica dell’autore triestino.

Capita così di accorgersi soltanto leggendo gli ultimi testi nella sezione conclusiva, “Divaganti tensioni” di quanto la poesia di Santese spazi in un ambito dilatato, a rappresentare col suo linguaggio raffinato e complesso, la condizione dell’uomo che ci è contemporaneo tra intenerite intimità e sofferte considerazioni circa un problematico presente collettivo.

 

Copertina:

Enzo Santese

I luoghi e i sensi

Battello stampatore, Trieste 2018

  1. 155, euro 18,00