I polli di Trilussa

| |

Trieste è la città italiana dove si vive meglio, secondo una ricerca del Sole 24 ore. Lo abbiamo appreso dai mezzi d’informazione e pure dalla viva voce del sindaco, neo(ri)eletto, che non ha mancato di attribuirsi buona parte del merito di tale esaltante risultato, pur concedendo che anche i triestini avessero concorso a determinarlo, ma polemizzando con quanti nella campagna elettorale avevano – a suo avviso ingiustamente – criticato la sua amministrazione. Siccome siamo stati in più occasioni molto critici nei confronti di tale esperienza amministrativa, sia le dichiarazioni del primo cittadino che, soprattutto, il risultato scintillante della valutazione del quotidiano di Confindustria ci hanno richiesto di fare un esame di coscienza. Valutando se non sia il caso di fare ammenda, in particolare colpiti dal primo posto assoluto di Trieste, tanto più che uno degli ambiti in cui maggiormente pare brillare la città sarebbe quello della cultura. Avevamo dunque una visione preconcetta e del tutto infondata?

Riflettendoci, dopo essere andati a vedere come si è condotta la selezione del Sole, ci pare di no. Perché bisogna dire prima di tutto che l’analisi del quotidiano non riguarda la città, ma la provincia di cui essa è capoluogo. Considerato che stiamo parlando della più esigua provincia d’Italia, con 6 soli comuni (Torino ne ha 312), Trieste gode una condizione di vantaggio su tutte le altre province, posto che per esempio il numero dei teatri o dei musei, concentrati ovviamente nei centri maggiori, la colloca in una posizione di privilegio non considerata dalla classifica. Difatti, ad esempio, sembriamo paradossalmente precedere sia Roma che Firenze per «densità e rilevanza del patrimonio museale». E otteniamo il terzo posto – prevedibilmente per la medesima ragione di estensione territoriale – per il rapporto degli spettacoli in relazione al numero degli abitanti. La mancata valutazione dell’estensione della provincia nella statistica considerata ha peraltro anche dei risvolti negativi per Trieste, che per dirne una si colloca agli ultimi posti (97° su 107) nella classifica relativa a “Giustizia e sicurezza”.

Sempre rimanendo nell’ambito della cultura qualche perplessità permane, per esempio, per quanto riguarda la scolarità degli abitanti, che ci vede al secondo posto per numero di diplomati e al terzo per quello dei laureati, ritenendo che ciò vada a merito delle famiglie che assecondano la disposizione dei figli allo studio assai più che a quello dell’amministrazione comunale. Oppure per l’elevato livello della lettura, da ascriversi alla buona volontà degli abitanti, che trovano piuttosto un antagonista in un’amministrazione che mantiene da oltre tredici anni in condizioni di precarietà l’accesso al patrimonio librario della principale biblioteca gestita dal Comune, con la mancata ristrutturazione di Palazzo Biserini.

Un primato assoluto in termini di spesa dei Comuni a favore della cultura sembrerebbe invece indicare un’attenzione particolare nei confronti del settore. Peccato che la statistica non indichi nulla riguardo alla formazione di quel capitolo di spesa, che se da un lato può apparire un merito (Il Piccolo lo ha indicato come una «medaglia d’oro»), forse da un altro può anche celare una grave dispersione di risorse. Se i soldi, pubblici, fossero erogati per supportare iniziative, eventi, mostre e pubblicazioni di scarsa o nulla valenza culturale sarebbe del tutto improprio incolonnarli in quel capitolo di spesa e la rilevazione statistica su tali importi condurrebbe a conclusioni completamente prive di fondamento.

Più che indurci a fare ammenda, allora, queste riflessioni ci hanno fatto tornare alla memoria alcuni versi del sonetto di Trilussa La statistica: «Me spiego: da li conti che se fanno / seconno le statistiche d’adesso / risulta che te tocca un pollo all’anno: / e, se non entra ne’le spese tue, / t’entra ne la statistica lo stesso / perché c’è un altro che ne magna due».