Teju Cole: fotografie di uno scrittore

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Un inventario in parole e immagini intorno all’essere umano e alla società in cui viviamo

di Paolo Cartagine

 

Teju Cole, scrittore, fotografo e storico nato nel 1975 negli USA da genitori nigeriani, è considerato una delle voci più originali dell’attuale panorama culturale internazionale.

Trascorso un periodo in Nigeria, a 17 anni è tornato a New York dove tuttora vive: docente all’Università di Harvard e in quella di Zurigo, collabora con giornali quali The New York Times e The New Inquiry.

Oltre a numerosi saggi di impegno sociale, è autore di due romanzi autobiografici che hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Ogni giorno è per il ladro l’esordio nel 2007, seguito da Città aperta del 2012, pubblicati in Italia da Einaudi, si imperniano sui pensieri del protagonista oscillanti fra ciò che accade ed eventi passati che riemergono.

Di rilevanza internazionale due successivi volumi che combinano e analizzano i segni distintivi del mondo contemporaneo mediante il binomio fotografia e prosa: Punto d’ombra del 2016, qui commentato, in quanto emblematico apripista del rapporto di Cole con la fotografia (la definisce “estensione della memoria”), e L’estraneo e il noto raccolta di saggi del 2018, editi in Italia da Contrasto.

Punto d’ombra, è un “laboratorio” per colloquiare con l’Autore e con noi stessi. Un viaggio-esplorazione che fa riflettere il lettore-osservatore grazie al contenuto profondo, coerente, rigoroso e, allo stesso tempo semplice, generato dall’interazione e dalla sovrapposizione di effetti fra linguaggio scritto e fotografico.

Viaggio: una moltitudine di destinazioni in diverse parti del mondo, situazioni e temi disparati, aspetti marginali solitamente non degni di nota dispersi nel non-ricordo, noiosa banalità della vita di tutti i giorni cui nessuno presta attenzione perché ovvia e ripetitiva, ma che invece entra in noi e occupa gran parte del tempo che ci è dato da vivere.

Esplorazione: pensieri, considerazioni e ricordi generati nel lettore da associazioni testo-foto evidenti, occultate o velate, finalizzate al recupero del passato che si dissolve nell’armadio delle nostre storie personali e familiari fra autoinganni e capacità di discernimento critico, adesioni e riserbi, opposizioni e timori, coincidenze fra opposti. Una lettura lenta, occasione per applicare le Lezioni americane di Calvino, peraltro amate da Cole.

L’Autore sembra dirci: nella fretta che ci coinvolge sempre più nella lotta per l’esistenza, perché non cerchiamo di trattenere qualcosa senza fini utilitaristici? Perché dimenticarsi che siamo la somma delle nostre abitudini e di ciò che è stato? Pur nella consapevolezza che la nostra memoria è limitata e che non si può trattenere razionalmente tutto né fermare il tempo, perché allontanare incontri, avvenimenti, sensazioni, emozioni irrecuperabili occultati negli anfratti dell’inconscio?

Punto d’ombra è un insieme organico di microstorie essenziali collocate per scelta in modo non lineare, né logico-deduttivo o sequenziale, con lo scopo preciso di lasciar intravedere ipotesi di diramazioni, deviazioni, divergenze, svolte, ritorni e convergenze in cui diventa predominante la volontà del lettore di non accontentarsi della sola informazione materiale per spingersi in profondità. Non è trascurabile o secondario lo stile compositivo, ma Cole ci incoraggia a posizionarci su un altro registro, meno miope e più speculativo, in un salutare processo di ridiscussione, per imparare a vedere allontanandosi dalla passività.

Una narrazione che non lascia inerti, per almeno tre aspetti un’esperienza innovativa nel panorama letteratura-fotografia (una fotografia diretta, immediata, mai in posa).

Innanzitutto, emergono storie che possono diventare nostre – ciascun lettore, pagina dopo pagina, plasmerà le sue – nell’imperscrutabile mescolanza fra probabilità inconoscibili e destino individuale. Ricavabili dall’inesauribile gioco di specchi fra parole e immagini (talvolta misteriosamente connessi fra loro in modalità mai convenzionali) nel fruitore si instaura un muto dialogo interiore nell’incontro con il proprio vissuto, e si affaccia un bisogno di addentrarsi nello spazio libero dell’interpretazione personale. Von Hofmannsthal sosteneva che “l’uomo scopre nel mondo solo quello che ha dentro di sé, ma che ha bisogno del mondo per saperlo”.

In secondo luogo, grazie al montaggio a geografia variabile con itinerario non vincolato, il libro è apribile a piacere. Non esiste alcuna supremazia comunicativa: il testo scritto non è didascalia o spiegazione del contenuto delle foto, né le foto sono illustrazioni dei testi. È una forma sinergica e implicita di punti di contatto con cui il lettore costruisce una sua rete di relazioni (con riletture verso soluzioni alternative) nel triangolo parole, immagini e pensieri.

Terzo motivo per lèggere Punto d’ombra. Parole-immagini, che qui si contaminano reciprocamente, sono prodotte dalla mente di un’unica persona, Cole scrittore diventato fotografo. Un’impostazione rara, differente dagli indimenticabili incroci del composito bisecolare rapporto letteratura-fotografia (Poe, Kafka, Tabucchi, Perec, Sebald, Pamuk in una lista sterminata di scrittori altrettanto decisivi che, nelle loro opere, si sono riferiti a foto dichiaratamente altrui).

Ne discendono indispensabili domande. Va letto prima il testo scritto e poi si osserva la foto o viceversa? Le due opzioni portano ad identico risultato? C’è più informazione in un testo o in una foto? Dov’è il narratore? Cosa c’era oltre i bordi dell’inquadratura, imprescindibile selezione costruttiva fra necessario e sufficiente? L’immagine conserva tracce del fuoricampo alle spalle del fotografo? Perché fermare quello specifico istante e non un altro manifestatosi poco prima o ragionevolmente accaduto poco dopo? Solo quell’irripetibile frazione di tempo era rappresentativa della situazione? E tante altre ancora.

Blind spot (titolo della versione originale che allude alle apparenze che si interpongono fra realtà e percezione) risulta essere una forma aperta di demistificazione di incrostazioni e luoghi comuni radicati in talune aree della Fotografia, su cui Cole invita il fruitore a intervenire immergendosi nelle 213 coppie in doppia pagina (a sinistra le parole, a destra le immagini per materializzare, rispettivamente, l’astrazione dell’immaginazione mentale e l’incorporeità dei file-immagine).

Un racconto complesso che si regge sulla sistematica e paritaria giustapposizione parole-immagini densa di descrizioni dettagliate.

Punto d’ombra, un inventario intorno all’essere umano e alla società in cui viviamo, che Cole ha pescato dalla vita reale con sensibilità e inesauribile curiosità, una sommatoria di ellittici resoconti autoriali personali che si trasfondono nel lettore creando un autonomo percorso, parallelo e complementare, di ripensamenti progressivi grazie ai quali ciascuno di noi può valicare e allargare i propri confini fino ad avamposti che spesso ci proiettano indietro nel tempo. Un libro senza trama e senza finale.

 

 

 

 

Teju Cole

Punto d’ombra

Contrasto DUE, Roma 2016

  1. 231, euro 22,00