I ritratti di Chersicla, finalmente!

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Allestita a Muggia la mostra fortemente voluta dal pittore scomparso nel 2013

di Walter Chiereghin

 

Ce n’è voluta, ma alla fine la caparbia volontà di Andrea, figlio di Bruno Chersicla, è riuscita a realizzare una delle ultime volontà del padre, scomparso nel maggio del 2013, consentendo così che a Muggia (quasi a Trieste, dunque) venisse finalmente allestita dal Comune una mostra fortemente voluta dall’artista triestino fino a pochi giorni prima della scomparsa. È così che, dal 29 luglio al 20 agosto il Museo Ugo Carà di Muggia ha ospitato la mostra “Ritratti triestini”, curata da Enea Chersicola, dopo che vani sono risultati alcuni tentativi presso il Comune di Trieste, che lo stesso Chersicla aveva individuato, qualche settimana prima di andarsene, come naturale destinatario non già di una mostra qualsiasi della sua opera, ma proprio delle opere ora esposte a Muggia, una serie di ritratti di suoi amici e conoscenti, ovvero di tutt’intera o quasi la comunità degli intellettuali triestini dell’epoca, che Chersicla s’era lasciato alle spalle abbandonando la città per trasferirsi a Milano nel 1966.

“Abbandonare” è però un termine largamente impreciso, perché l’artista ha mantenuto con la sua città natale uno strettissimo rapporto, che ha condotto anche ad esiti artistici di notevole rilevanza anche internazionale, com’è stato per i contributi offerti alla città in occasione della grande rassegna Trouver Trieste che nel 1985 presentò la città a Parigi, con iniziative espositive realizzate al Centre Pompidou, alla Conciergerie, all’allora neonata Villette e in altri siti ancora. Tre anni prima, in occasione del centenario di James Joyce, aveva dedicato allo scrittore irlandese un ritratto tridimensionale policromo in legno, replicato poi in numerose varianti, una delle quali, a grandezza naturale, è visibile al Museo Joyce di Trieste; altri ritratti a due o a tre dimensioni, utilizzanti tutti il medesimo stilema di articolazione modulare dell’immagine con la possibilità, per le sculture, di scomporre e ricomporre il manufatto grazie alle singole parti di cui l’opera si compone, collegate tra loro da perni attorno ai quali le singole parti possono ruotare.

A confermare in maniera eclatante il legame di Chersicla con la sua città, intervenne poi, nel 2000, il progetto, realizzato con il concorso di poco meno di 5.000 altre persone, per l’esecuzione del dipinto più grande del mondo (come fu poi certificato dal Guinnes dei primati 2001), un’abnorme raffigurazione del Ratto d’Europa che occupò gli oltre 10.000 metri quadrati di pavimentazione della Piazza Unità d’Italia, la maggiore di Trieste e la più grande d’Italia tra quante si aprono sul mare.

Non del tutto appagato per tali sue ripetute conferme del rapporto con Trieste, nel 2013 l’artista volle predisporre la mostra che solo quest’estate è stata finalmente proposta a Muggia e che finora non era stato possibile realizzare per l’indisponibilità del Comune di Trieste. Le ragioni di tale volontà di Chersicla risiedono nella volontà di rendere omaggio a un clima culturale attraverso le immagini dei protagonisti che lo animavano, grazie a una selezione da lui stesso compiuta delle opere da presentare al pubblico, in tutto ventiquattro opere su carta, cui nell’occasione si affiancano alcune sculture, i ritratti del poeta gradese Biagio Marin, e quelli degli artisi Dino Predonzani, Enzo Cogno e Riccardo Bastianutto, nonché, ad accogliere il visitatore, la grande scultura della Bora cui dedichiamo la copertina di questo numero.

I ritratti su carta, dei quali due raffigurano un gruppo – uno di due personaggi (Kollmann e Josè, i due disegnatori che per molti anni hanno illustrato le pagine della Cittadella, supplemento satirico del quotidiano Il Piccolo), l’altro a tre (il Trio Pro Musica, composto da Defini, Vendranelli e Dappretto) – ricostruiscono nel loro insieme un’autentica pagina di storia, la storia della cultura triestina negli anni Sessanta e Settante, naturalmente con propaggini che si addentrano fino ai giorni nostri o che, al contrario, affondano le proprie radici nei decenni precedenti. Si tratta di un nutrito gruppo di artisti ed intellettuali triestini, pittori, critici, editori, grafici e musicisti. Nel variopinto carosello proposto da Chersicla sfilano volti riconoscibili per la fisionomia o per elementi di quella che è stata la storia e la personalità di ciascun soggetto. A partire dal “padrone di casa”, lo scultore Ugo Carà, e poi Sambo, Grisancich, Penco, Anita Pittoni, Martelli, Cerne, Metallinò, Damiani, Crise, Guagnini, Tomizza, Giorgio Voghera, Milic, Montenero, Reggente, Brossi, Danelutti, Venier, Dardi, e infine gli amici musicisti: Saracino, Delfini, Vendramelli, Dappretto, Benasso. Mancano veramente pochi tra quanti hanno fatto a Trieste la storia delle arti, della poesia, del pensiero critico, dell’editoria a partire dalla seconda metà del secolo passato fino ai giorni nostri, anche a testimonianza della fitta rete di amicizie che ruotavano attorno all’autore di questa straordinaria galleria di ritratti, relazioni che è riuscito a mantenere e consolidare negli anni, anche successivamente alla sua partenza per Milano e per la sua fortunata carriera espositiva di respiro veramente internazionale.

“Ritratti della mente”, come intende qualificarli un pannello in apertura dell’esposizione, “ritratti profondi che cercano nel soggetto la sua identità e non si soffermano su un corpo separato dalla mente […] sarà possibile cogliere in un ritratto del corpo quindi la memoria dell’uomo e le sue progettualità”.