I volumi sereni di Botero

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Oltre cinquant’anni di pittura dell’artista di Medellin in mostra a Roma

“Per me il piacere viene dall’esaltazione della vita, che esprime la sensualità delle forme. Per questa ragione il mio problema formale è creare sensualità attraverso le forme.”

di Anna Calonico

Promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della regione Lazio e dell’Ambasciata della Colombia in Italia, è organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostre Skira, e curata da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con l’artista, la mostra Botero, realizzata per festeggiare gli ottantacinque anni dell’artista colombiano, è visitabile fino al 27 agosto nel Complesso del Vittoriano – Ala Brasini, a Roma.

L’esposizione comprende, oltre ad alcune sculture come I ballerini, Donna sdraiata, Leda e il cigno, e il Cavallo di bronzo alto più di tre metri che accoglie i turisti fuori delle porte del Vittoriano, una cinquantina di quadri, provenienti da tutto il mondo, che ripercorrono la lunga carriera dell’artista.

I tratti caratteristici della pittura di Botero, i colori brillanti e la dilatazione delle forme, impregnano tutta la sua produzione, e anche le nature morte, come Natura morta con strumenti musicali, sono subito riconducibili alla sua mano perché presentano, appunto, una sorta di gigantismo che riesce a far sembrare le composizioni seducenti e surreali, ma senza arrivare ad essere considerate impossibili: solo, come dice l’autore stesso, “improbabili”. “Qualche volta nella mia pittura i temi sono deformati e questo può dare l’impressione che io fornisco un commentario della vita o che faccio della satira. Questo non è vero di solito. La deformazione dei miei quadri deriva da una inquietudine estetica, ha una ragione stilistica.” Sono parole del pittore, esposte in mostra proprio per far capire la sua curiosa scelta stilistica.

“Botero è il pittore che rappresenta solo uomini e donne grasse” potrebbe sintetizzare qualcuno. Mi permetto di dire che questa sciocca semplificazione non è più possibile pensarla dopo aver visto dal vivo i suoi quadri: l’abbondanza delle forme risulta tutt’altro che sgradevole: può essere sensuale, come in Donna seduta o Il bagno, può indurre anche tenerezza e romanticismo, come in Picnic, può suggerire pietà, come di fronte al Cristo crocifisso. Del resto, che cosa è il bello? Lascio la parola al pittore: “Il problema è determinare la fonte del piacere quando si guarda un dipinto. Per me il piacere viene dall’esaltazione della vita, che esprime la sensualità delle forme. Per questa ragione il mio problema formale è creare sensualità attraverso le forme.” Nell’abbondanza delle forme di Botero si trova anche abbondanza di sensualità: nella già citata Donna seduta, lo spazio dell’ampia tela (tutti i quadri in esposizione sono di grandi dimensioni) è occupato quasi interamente dalla figura di una donna nuda, per il resto si vedono soltanto lo sgabello imbottito su cui è seduta e una tela di un rosa intenso sullo sfondo. La donna si lascia osservare placidamente, anzi si mette in mostra: le gambe leggermente incrociate lasciano vedere i piedi ben curati con le unghie laccate, un braccio è mollemente abbandonato lungo il busto dalle pieghe morbide e l’altro, dietro la testa, trattiene i capelli castani, ben pettinati e fermati da un nastrino. A completare la sua vanità qualche gioiello, tra i quali spicca una lunga collana di perle che si insinua nell’incavo dei seni. La donna guarda lo spettatore, senza pudore, senza vergogna, senza malizia. Il suo è uno sguardo rilassato, sicuro e tranquillo. Un quadro che dimostra una certa carica erotica senza essere offensivo o volgare, e che, nella sua semplicità, attira immancabilmente l’attenzione.

Molte altre opere richiamano l’interesse: nella prima parte, soprattutto, dove sono collocate le versioni “alla Botero” di famosi quadri di grandi artisti: il dittico di Piero della Francesca appare “dilatato” ma entrambi i personaggi non perdono nulla della loro serietà e della loro compostezza. Così la Fornarina, con lo stesso sorriso appena accennato di Raffaello: ammicca e provoca lo spettatore, ma sembrando allo stesso tempo timida e impacciata, mentre con una sola mano solleva un velo a coprirsi un poco (ma non troppo). Come nella più celebre versione rinascimentale.

Un’altra sezione invece presenta le nature morte: caratteristico notare come anche in dipinti così semplici si possa notare l’affetto del pittore per la sua terra: i colori vivaci, le tinte forti come il suo paese ricordano l’aria tenace della Colombia, e al posto delle solite mele troviamo fiori e frutta più esotici. A seguire, sono riportate le opere a carattere religioso: vedere una crocifissione ci ricorda immancabilmente il ciclo della Via Crucis, prodotto nel 2010 e comprendente una serie di oli e disegni sulla passione e morte di Cristo, mentre Il seminario rappresenta un gruppo di cinque pretini (e un gatto) dall’aspetto posato e sereno. Due soli guardano avanti, uno, sdraiato davanti agli altri, è intento a leggere, mentre i due ai lati non sembrano far caso al visitatore: uno prega, l’altro ha lo sguardo perso ad osservare qualcosa oltre il quadro. “La religione è parte della tradizione”, dice il pittore, e per questo motivo molti dei suoi dipinti presentano soggetti di questo tipo: la tradizione è importante per Botero, ama rappresentare il popolo, le sue abitudini, e lo dimostrano anche le due sezioni seguenti: una riguarda la vita privata della gente (La vedova) l’altra i rappresentanti delle istituzioni: Il presidente e la first lady, Il presidente e i suoi ministri (curioso, in quest’ultima opera, come le dimensioni dei vari personaggi indichino in qualche modo la loro importanza, com’era nella pittura medievale). Nel dipinto Le sorelle il pubblico rimane fermo ad osservare un senso di armonia stridente: il quadro non presenta personaggi particolarmente “belli” (la ragazza più piccola sembra addirittura strabica), il gruppetto di donne che appare sorpreso da un’improvvisa visita, e i gatti che sembrano spuntare ovunque (ai piedi delle signore, in braccio a una di esse e persino sui mobili dietro di loro) danno alla composizione quasi un senso di disordine, come se i soggetti fossero stati presi alla sprovvista, non ancora messi in posa. Eppure, dopo qualche istante chi osserva si ritrova come a casa sua: sembra di sentire il sussurro di una delle sorelle all’orecchio di un’altra, o il peso morbido del gatto con le zampe che pendono, o l’ingombro del lavoro a maglia rimasto in mano. Le figure ritratte sono comunque in perfetto ordine: capelli lisciati e annodati con cura, unghie smaltate, abiti con pizzi e grandi colli decorati. E la parete di un blu intenso, sullo sfondo, mette la parola fine alle sensazioni inizialmente contrastanti donando un senso di pace. Per non parlare di Picnic, dove un uomo e una donna sono serenamente sdraiati su una coperta rossa in mezzo ad un prato. Intorno a loro nulla, solo in lontananza un paese e le montagne, ma davanti agli occhi dello spettatore solo le due figure (anche il cestino del pranzo passa in secondo piano): lui appoggiato al suo gomito, lei mollemente abbandonata sulle gambe di lui, a braccia incrociate dietro la testa, con le gambe piegate a sollevare la gonna che lascia vedere, in maniera del tutto indifferente, le calze e le cosce. Difficile trovare un altro quadro che più di questo porti un senso di benessere rappresentando la vita quotidiana.

Infine, il circo: alcuni quadri posti al termine dell’esposizione rappresentano temi circensi, pagliacci, animali e acrobati. Anche in queste tele Botero accentua i volumi, e, così facendo, la fisicità dei corpi, ma, incredibile a dirsi, non ne perde il dinamismo delle opere: non ci si stupisce, infatti, di veder volteggiare una donna di grosse dimensioni, o di vedere un uomo altrettanto voluminoso in equilibrio su una corda o una palla. Le forme abbondanti servono anche per far capire l’importanza del colore, sempre intenso e con poche sfumature, e proprio il colore rende il complesso più credibile (improbabile ma non impossibile, appunto).