Il J’accuse! di Ugo Nespolo

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A proposito del nuovo libro dell’artista piemontese

di Alberto Brambilla 

 

A pagina 404 dell’edizione 1602 dell’’Iconologia, opera dell’erudito perugino Cesare Ripa, è riprodotta in una tavola la rappresentazione simbolica della Pittura, come si deduce dalla presenza di tele e pennelli e dall’atto stesso di dipingere qualcosa (che intuiamo e non vediamo). La maschera che pende dal collare della donna richiama il compito della pittura, quello di duplicare la realtà, pur consapevoli che ci si muove nell’ambiguità della finzione. Altri sono i particolari che attraggono l’attenzione, ciò che però colpisce maggiormente gli osservatori è la benda applicata alla bocca della donna: cosa significa? Lo scopo dell’autore è chiaro: la pittura non deve parlare, ma si esprime solo attraverso la tecnica che le è propria. È l’opera che parla, altro non serve. Se ciò era dato per scontato nei secoli passati, oggi è se mai vero il contrario: gli artisti sentono sempre più spesso di accompagnare il proprio lavoro con scritti teorici o con interventi di varia natura.

Esemplare è il caso dell’inafferrabile e indefinibile Ugo Nespolo, il quale si presenta ora con il volume Vizi d’arte. Il libro – che gioca nel titolo sulla deformazione dell’aria tratta dalla Tosca pucciniana – raccoglie una cinquantina di scritti apparsi, con sole due eccezioni, su Il Foglio tra l’ottobre 2017 e il novembre 2021. L’arco temporale ristretto conferma che si tratta di pezzi ‘militanti’, ossia armi di una guerra in corso contro nemici dichiarati e ben riconoscibili; e a ciò sembra alludere l’immagine scelta per la copertina, intitolata Molotov, risalente al 1968. In effetti gli articoli conservano questo spirito bellicoso, sia pure temperato (e avvelenato) dall’ironia e dallo spirito dada che come un fiume sotterraneo percorre il volume. A ciò concorrono anche le illustrazioni (ne ho contate una sessantina fra fotografie, disegni, collages ed altro ancora) che intessono come un’autobiografia visuale dell’artista, che si snoda parallela e a volte adiacente al testo. Il volume diviene così, nella sua meditata complessità polifunzionale, come un punto ideale di incontro fra esigenze ed impulsi di carattere opposto e tuttavia omogeneo. Tale contrasto dialettico produce continui cortocircuiti che rendono il libro in vari punti patafisicamente aggressivo ed irridente; in altri piuttosto melanconico e affettuosamente rivolto al passato.

Pur nella loro specificità, i testi, che spesso prendono le mosse da mostre importanti o da eventi culturali che stimolano l’attenzione di Nespolo, fine conoscitore della storia dell’arte, e non solo contemporanea, sembrano puntare ad un unico bersaglio oggi dato pacificamente per scontato, ossia all’equazione Arte = Mercato. La produzione artistica, ripete ossessivamente Nespolo, è diventata solo merce, e un quadro vale quanto costa. Il valore è attribuito non da un dibattito storico-critico, come sarebbe doveroso, ma dalle scelte sciagurate di un apparato ben rodato costituito di potenti gallerie sostenute da banche sedicenti specializzate, e di un efficacissimo sistema mediatico; che è guidato da curatori-stars; incantatori  che riescono a riempire i Musei di paccottiglia colorata e luccicante, da Londra a New York, da Parigi a Singapore. Non meno avvelenati sono gli strali lanciati contro gli appuntamenti, ahimè divenuti dei classici, quali Kassel Documenta o le biennali veneziane, nati dai colpi di genio di archicuratori alimentati da assessori in vena di visibilità, a braccetto coi presidenti di Fondazioni, nani e ballerine al seguito. È la globalizzazione, signori, ça va sans dire. In tale oggettiva constatazione risiede in effetti la denuncia della cancellazione sistematica di ogni valore estetico dell’opera, che invece dovrebbe essere essenziale e proprio dell’arte. Da ciò discende la morte precoce d’ogni possibile avanguardia e l’impossibilità, direi genetica, di una produzione alternativa a tale cabina di comando. Ogni possibile germe rivoluzionario ed alternativo è infatti emarginato sino a diventare un fantasma insignificante; o è subito fagocitato e digerito dal sistema divenendone a sua volta parte integrante ed attiva.

Che fare di fronte a questo non pensiero unico? Come difendersi dalla dittatura mondiale del brutto elevato ad arte costosissima? Nespolo non si accontenta di ripetere l’urlo disperato e insieme compiaciuto di Ubu roi, pur essendone suddito devoto insieme al fratello, il Gran Maestro Enrico Baj. Ugualmente non oppone contro manifesti pseudo futuristi, né propone ricette. Piuttosto insiste con la costanza rumorosa di un martello pneumatico nella notificazione militante di tale situazione, e lo fa attraverso un’analisi sistematica e impietosa di casi modello, senza evitare di fare nomi e cognomi (a cominciare dal diabolico “pallido”Andy Warhol).

A tale fiera della vanità in salsa sciocca che si esibisce con successo sulle scene mondiali, Nespolo contrappone l’acuta riflessione di filosofi e intellettuali, che da decenni continuano a profetizzare la morte dell’Arte, spiegandone le ragioni. è appunto da tale analisi – che esige studio e pazienza – che forse l’arte può rinascere come l’araba fenice. Condizione necessaria per tale auspicabile resurrezione, è appunto la conoscenza dei meccanismi interni che sostengono la dittatura del nulla dorato in cui siamo immersi. In tale prospettiva lo sforzo dell’intellettuale Nespolo è davvero notevolissimo, perché mette in campo strumenti sofisticati frutto di lunghe meditazioni e riflessioni sui testi più disparati, che egli legge avidamente e sottolinea e annota per poi proporli nei suoi scritti giornalistici, spesso in forma di micro saggi che richiedono lettori competenti.

Ciò che personalmente ammiro è la capacità di mettere in relazione discipline diverse, coinvolgendo, oltre la tradizione letteraria, il mondo del cinema (di cui Nespolo è studioso e protagonista) e quello della musica classica, jazz o pop. Tale coraggioso lavoro di mediazione culturale risulta davvero indispensabile per i lettori volenterosi e intelligenti che non si accontentano della solita zuppa Campbell. Dei volumi compulsati e citati negli articoli stupisce, oltre che il numero, la varietà tematica e, per contro, la loro assenza nel ristretto cortile di casa nostra; in effetti l’intellettuale Nespolo, in grado di leggere in più lingue, si muove all’interno di un panorama mondiale di alto livello, senza complessi di inferiorità. In ciò si nota la vicinanza con l’onnivoro Arbasino, in grado di giungere sino a Chiasso e oltre; e soprattutto dell’amato Edoardo Sanguineti, geniale homo universalis, con il quale Ugo ha condiviso molte esperienze. Non so quanto abbiano influito sulla scrittura eruditissima di Nespolo questi due autori; vero è che i testi inseriti in Vizi d’arte volume si distinguono per la qualità stilistica di una prosa ora sinuosa (si rileggano alcuni incipit), ora irsuta, e tuttavia sempre ben costruita e controllata, distante dai ghirigori accademici o dall’autoreferenzialità di certi critici à la page.

Se più numerosi sono gli articoli critici, non mancano pezzi per così dire storici che ricostruiscono, con una cura quasi paranoica dei dettagli, il clima fervido delle avanguardie di inizio secolo, nati in opposizione all’arte ufficiale, che facevano di caffè e cabaret le loro atipiche accademie, tra fumo, alcol e spettacoli d’ogni genere. Erano i primi laboratori di quell’arte totale e salvifica che ambiva a conquistare il mondo, di cui Nespolo è tuttora perdutamente innamorato. Il suo sguardo si estende naturalmente anche al mondo italiano, spaziando da Marinetti all’amatissimo Depero sino alle esperienze dell’arte povera e delle avanguardie nate dopo il conflitto mondiale, quando era ancora forte l’esigenza di rompere gli schemi opponendosi a un mercato domestico allora ancora agli inizi. In queste pagine trabocca la profonda nostalgia per quei momenti di amicizia e condivisione; e di sperimentazione collettiva, senza distinzioni di sorta. Qui anche la prosa sembra sospinta dal vento dell’affetto, e lo studioso lascia il campo all’artista visto che Nespolo è stato infatti un protagonista in prima persona, attraversando mezzo secolo di storia artistica, mantenendo il suo stile inconfondibile e la sua incrollabile fede anarchica e patafisica.

 

Ugo Nespolo

Vizi d’arte

Skira, 2022

a cura di Sandro Parmiggiani

prefazione di Alberto Manguel

  1. 312. euro 29,00