Il leone e la città

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Come maturarono le scelte delle Generali in ordine alla sede della propria direzione

di Gianfranco Carbone

 

Ezio Martone ha raccolto nel libro Il lungo viaggio del Leone di Trieste dei contributi molto interessanti che aiutano a comprendere meglio il rapporto fra la Compagnia di Assicurazioni e la città.

C’è una parte storica curata da Anna Millo che esamina gli anni che vanno dalla fondazione delle Generali al secondo dopo guerra con la perdita dei mercati assicurativi dei paesi dell’Europa orientale, da Aurelio Slataper che ricorda le fase di ricostruzione negli anni successivi alla seconda guerra mondiale e da Aldo Minucci che richiama l’evoluzione del modello gestionale e una “postfazione” di Tatjana Rojc che traccia il profilo di alcuni dei protagonisti, meno noti, della crescita della Società: Umberto Della Casa e Umberto Rocco che, precorrendo i tempi, ne realizzarono il sistema informatico.

La parte più allusiva e intrigante è, però, la ricostruzione (del tutto attendibile) di Aurelio Slataper, per lunghi anni a capo del servizio immobiliare di Generali, sul perché non venne realizzata la nuova sede della Compagnia in Porto Vecchio a Trieste.

Il mainstream (pensiero dominante) locale attribuisce la responsabilità della mancata realizzazione della nuova sede alla classe politica di Trieste della fine degli anni ‘80 che, per i suoi ritardi, le sue ambiguità o peggio, avrebbe quasi costretto le Assicurazioni Generali ad investire a Mogliano Veneto non avendo ottenuto il “disco verde” per realizzarla in porto vecchio.

Piccola divagazione prima di arrivare al punto: ricordo ancora Livio Pesante e i suoi incontri della domenica mattina al caffè Tommaseo dove si ritrovava con Lucio Ghersi, Gioacchino Tringale, Claudio Boniciolli e ai quali partecipavo, saltuariamente, anch’io, giovane socialista. (oltreché Edoardo D’Amore che secondo me era più interessato a monitorare le dinamiche interne del PSI che ad ascoltare le riflessioni di carattere politico). Una volta, durante una discussione, venne fuori il tema dei luoghi comuni di Trieste e Pesante ricordò che durante la Seconda guerra mondiale tutta la città si convinse che non sarebbe stata bombardata perché «la moglie di Fiorello La Guardia, sindaco di New York, era triestina». Questa diceria era un sussurro nel 1941, si rafforzò nel 1942, divenne una certezza nel 1943 e nei primi mesi del 1944. Tutte le città portuali d’Europa venivano bombardate e Trieste no. Quindi doveva essere vero che la moglie di un sindaco americano era intervenuta per salvare la città. La convinzione svanì il 10 giugno 1944 quando, nell’incredulità generale, decine di bombardieri alleati oscurarono il cielo in una splendida giornata di sole lasciando una scia di centinaia e centinaia di vittime e feriti e macerie non solo nelle zone portuali e industriali ma in tutta la città.

Cosa racconta Aurelio Slataper per smentire il pensiero dominante. Cito: «la nascita di Polis è pertanto successiva alle decisioni di Generali di realizzare l’insediamento di Mogliano Veneto e il richiamo delle date è più che sufficiente a smentire recenti ricostruzioni tendenti ad accreditare la versione che Generali avrebbero trasferito alcune delle attività a Mogliano Veneto perché non le sarebbe stato consentito di ampliarsi in Porto Vecchio» (chi avesse voglia di leggere il libro può trovare atti e documenti). Dopo aver ricordato lo scontro fra Generali e Fiat Impresit (avvenuto a Torino alla fine di una riunione e dopo che Fiat Impresit buttò sul tavolo una bozza di contratto) Slataper scrive «Polis non è decollata per il semplice fatto che si voleva riversare gli oneri della riconversione del Porto Vecchio su Generali cosa che nessun avveduto amministratore del Gruppo avrebbe mai potuto consentire».

Da quanto scrive l’investimento in Porto Vecchio non era più strategico e l’orizzonte si stava già spostando sul centro direzionale di Napoli e su quello che sarebbe diventato Citylife a Milano. (e questa valutazione mi riporta a Minucci e alle sue riflessioni sulla formazione dei gruppi dirigenti: da un cursus tutto interno alla Società e quindi legati alla città a manager interessati agli utili di bilancio in una dimensione globale).

Ulteriori corollari (che sono desumibili dal libro): ad “infastidire” Generali ha, probabilmente contribuito la Società Tripcovich che, ad un certo punto, pretese di essere lei a realizzare la propria sede fronte mare relegando la Compagnia di Assicurazioni in seconda fila. Con quali risorse è un mistero perché la Tripcovich, un paio d’anni dopo, venne dichiarata fallita. E poi se proprio si vuole continuare a considerare responsabile la classe politica locale perché prendersela solo con coloro che governavano la città alla fine degli anni ’80? Nel maggio del 1992 era stata approvata la variante al Piano Regolatore che avrebbe consentito di realizzare la nuova sede delle Generali in Porto Vecchio. Probabilmente qualcuno, negli anni successivi, se l’era dimenticata nei cassetti.

 

Ezio Martone (a cura di)

Il lungo viaggio

del Leone di Trieste

ed- privata, Trieste, 2021

  1. 210, euro 28,00