Il libro di Prešeren

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Tradotte da Miran Košuta e pubblicate dall’Editoriale Stampa Triestina – Založništvo Tržaškega Tiska le liriche di France Prešeren

di Roberto Dedenaro

 

Avevo letto un’anteprima di questo libro in una serata di un anno fa, prima del lockdown, la sensazione che avevo ricevuto era quello di trovarmi davanti ad un lavoro straordinario, destinato a divenire un classico, un punto di riferimento sia per gli aspetti offerti dalla traduzione, sia per l’indubbia importanza di avere a disposizione l’opera, praticamente completa di France Prešeren, il fondatore della letteratura slovena moderna, il poeta dell’inno nazionale, l’autore sloveno più conosciuto internazionalmente. Il volume adesso è qui, un volume nel vero senso della parola, con una poderosa copertina rigida guarnita da una sovracoperta illustrata, quasi cinquecento pagine di caratteri grandi, leggibili e tre note di Košuta stesso, di Elvio Guagnini e di Boris Paternu, più le note al testo, una cronobiografia e l’elenco delle opere, testi e critica in italiano su Prešeren, e speriamo di non aver dimenticato nulla d’importante. Non è quindi, questo, uno di quei libri da leggere e buttare da parte, ma un testo da leggere e rileggere, uno strumento per chiunque voglia accostarsi a Prešeren, per chiunque voglia capire meglio, in senso lato, la cultura slovena, che non è solo una vicina di “casa”, ma qualcosa che si intreccia con altre radici a formare quel particolare milieu che amiamo chiamare la diversità di Trieste.

Sempre quando prendo in mano un libro di un autore, diciamo così della nostra zona, italiano o sloveno, mi pongo la domanda se il mio interesse sia dovuto ad un eccesso di amore per le cose locali o se , realmente, siamo di fronte ad un’opera che trascende ogni confine e riguarda la letteratura internazionale. Non vi è dubbio che nel caso di Prešeren, noi siamo in questo ambito, con un’avvertenza, che forse tutti i lettori del Ponte rosso hanno ben presente, ma che io mi sento in dovere di fare: siamo davanti ad un autore che in forme proprie ed originali partecipa a quel movimento davvero europeo e non solo, che chiamiamo romanticismo. Romanticismo che in Italia ebbe una nascita precisa, il 1816, come ricorda Guagnini nella sua preziosa postfazione, con l’articolo sull’utilità delle traduzioni di Madame de Staël.. In uno degli articoli che seguirono quello della de Staël, Giovanni Berchet presentò la traduzione di una lunga ballata del poeta sassone Bürger, Lenore, poi ripresa in sloveno da Prešeren stesso. Romanticismo che in Italia ebbe poi esiti diversi, tanto che alcuni ipotizzano la mancanza di un vero e proprio “romanticismo italiano”, qui, però, la discussione sarebbe enorme e si allontanerebbe dallo scopo principale di questo articolo. Ma, forse noi lettori ponterossiani siamo abituati a ragionare più in termini di modernismo otto-novecentesco che di romanticismo europeo, lo dico perché potremmo rimanere sorpresi sfogliando le traduzioni di Košuta, ma è lì che dobbiamo cominciare a capire la grandezza di Prešeren, quella di aver collegato una lingua minore, per numero di parlanti, ad una grande corrente culturale d’avanguardia, in quel momento, in Europa, fondando un lessico e una tradizione moderna.

Ho aperto, confesso un momento patetico, e sfogliato il volume con un filo d’emozione: l’operazione condotta da Miran Košuta è stata quella di presentare, al lettore italiano, praticamente, esagero, una copia anastatica dell’unico libro che Prešeren pubblicò durante la sua tormentata vita, circa duecento liriche. Manca solo la suddetta Lenore a darci la completezza. Oltre a ciò e forse soprattutto, il criterio traduttivo adottato da Košuta è stato quello di restituire metrica, accenti, musicalità, rime insomma tutto dell’originale, un lavoro da far tremare i polsi, che mi fatto esclamare un ooh ammirato e mi ha dato l’impressione di aver in mano il libro di Prešeren, davvero, anche perché lui ti guarda dalla sovracoperta con gli occhi volti da un lato e uno sguardo mite e triste nella riproduzione del suo ritratto più conosciuto. Possiamo chiederci se sia davvero un tentativo riuscito quello di Košuta e, naturalmente ci sono delle liriche che sembrano funzionare meglio, dove mantenere l’endecasillabo o trovare delle rime in italiano raggiunge un risultato ottimale e altre che forse lo sono meno, ma, ripeto la sensazione è quella di leggere Prešeren, che sembra una banalità a dirsi così ma non lo è; ricordo la mia delusione di studente adolescente o poco più quando scopersi che Baudelaire aveva scritto dei sonetti in rima e non delle poesie che precorrevano quelle della beat generation. E qui si potrebbe aprire un altro capitolo su cosa sia la traduzione, soprattutto quella di poesia, su come i criteri di approccio siano molti e le discussione interminabili. Il lavoro di Miran Košuta, non da oggi, indica una direzione precisa, che la lirica sia soprattutto un fatto fonico e in questo suo approccio le sue competenze musicali, gli danno sicuramente un supporto; in altre parole possiamo anche non condividere le sue scelte ma non la capacità tecnica di ottenere ciò che si era proposto. Piuttosto per aggiungere una nota di colore, qualche perplessità suscita la grafica del volume che se da un lato offre dei caratteri molto grandi e di grande leggibilità, dall’altro non convince in alcune scelte cromatiche come quella di separare le sezioni con delle pagine interamente nere e in qualche altra particolarità dell’edizione.

Come si è detto, in questo volume il lettore italiano troverà la traduzione dell’unico libro che France Prešeren pubblicò in vita, Poesie del dottor Frace Prešeren, pubblicato a Ljubljana nel 1846, tre anni prima della morte avvenuta nel febbraio del 1849 a Kranj, con poche varianti tutte giustificate nell’apparato, imponente, di note conclusive.

France Prešeren era nato a Vrba, nella Slovenia nord occidentale, da una famiglia contadina, nel 1800, e si era formato a Vienna, compiendo studi di legge e aveva vissuto una vita che, vista con gli occhi contemporanei, sembra rientrare perfettamente nei canoni romantici, con amori infelici, Julia Primitz su tutti, che sembra distogliere lo sguardo da lui anche nella riproduzione di un suo ritratto sulla controcopertina, mancati riconoscimenti lavorativi ed artistici e l’immancabile censura austriaca. Erano gli anni in cui lo Spielberg divenne tristemente famoso come soggiorno di tanti letterati; non fu questo il caso di Prešeren, ma le sue posizioni non mancarono di dar fastidio. Come afferma Boris Paternu nella sua postfazione, rifacendosi agli studi di A.J.P. Taylor nelle poesie di Prešeren, l’atto poetico e quello nazionale sono ambedue presenti con la stessa forza, e «alcuni popoli austriaci, assurti nel 1848 alla ribalta storica, furono fondati da poeti, notabili intellettuali di estrazione popolare contadina, […] una sorta di variante spirituale austriaca dei giacobini, ma più concettuale e letteraria che realmente politica».

Forse, se uno volesse una sintesi, di ciò, e avesse il tempo per leggere una sola lirica, più del famoso Brindisi, divenuto l’Inno della Repubblica Slovena, è il Battesimo alla Savica che restituisce con forza la temperie d’un epoca, e le capacità dell’autore su un tema complesso dai molteplici riferimenti culturali: un poemetto di più di cinquecento versi, in terzine dantesche e ottave, in parte dialogico, che racconta la lotta per resistere degli ultimi pagani in Carniola, tema a cui si intreccia quello amoroso, tra Črotomir e Bogomila. Basato su fonti storiche e ricchezza metrica non comune, il poemetto, di fatto, conferisce una dignità storica, come in molte altre opere della generazione romantica europea, alle aspirazioni di autonomia e libertà al popolo sloveno, e, nel tema amoroso infelice, altro topos letterario, ancora una volta indica nelle costrizioni sociali dettate dalle circostanze storiche l’impedimento all’autenticità dei sentimenti a cui aspirava, appunto, la nuova Europa.

So di aver restituito solo molto parzialmente la complessità e la profondità di questo volume che ha nei suoi testi e nei suoi apparati una ricchezza non comune, ma per il resto ci sono, appunto, le librerie dove soddisfare ciò che rimane, ed è molto, soprattutto in questo caso.

 

France Preseren

Poesie

a cura e traduzione

dallo sloveno di

Miran Košuta

EST-ZTT, Trieste 2020

  1. 496, euro 29,00