Il libro favoloso della memoria

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Leggere la poesia in dialetto di Basilio Luoni

di Anna De Simone

 

Qualche mese fa, nel maggio del 2016, è stato pubblicato l’ultimo libro di Basilio Luoni (Como 1941), un poeta che ci ha dato negli anni volumi di versi originalissimi, legati ai Misteri Sacri. Quattro libri, altrettante meraviglie. Sì, perché Luoni scrive da sempre poemetti splendidi, che però sono noti a rari amatori e al suo pubblico di fedelissimi in quel di Lèzzeno, un paesino misterioso situato sulla sponda orientale del Lago di Como. Qui Luoni, ha messo in scena commedie dei francesi e dei latini, tradotti da lui in dialetto per la sua vitalissima compagnia di “dilettanti” per la quale ha rivisitato persino l’Odissea.

Il primo dei quattro volumetti è El librô di figur (Il libro di figure), presentato al suo apparire da Dante Isella, che ne parlava in termini entusiastici, come del “libro favoloso della memoria, dove uomini e vicende reali convivono, nell’indistinzione tipica dell’infanzia … con i personaggi della storia sacra o della mitologia” (prefaz. a B. Luoni, El librô di figur, Dejaco editore, 2ª ediz., 2015, p. 9). Ci sono, nel libro, storie di luoghi, di uomini e di animali raccontate con parole messe insieme in modo da formare dei ricami di una delicatezza rara; ricordo ne La Creaziôô, la nascita di quell’immenso paese che è l’America: «Oh ’Merica! mônd senza ômbria! / che man gh’è vôrsuu, che lapis precis / per fatt el côntôrnô e lassà / el post de moeuves introeuppet / in d’ôna galletta de sôgn.» (Oh America! Mondo senz’ombra! / che mano c’è voluta, che matita precisa / per farti il contorno e lasciare / il posto per muoversi insicuri / in un bozzolo di sonno, p. 74). Ma voglio ricordare anche la storia minima di un riccio sullo sfondo del sambuco, tanto caro a Virgilio Giotti, il poeta prediletto di Luoni, e di una luna leopardiana: «Sciampitt / adasi in su la gera, spônta foeu / el riscioeu, gramussell / che dônda vers l’acqua. Lusiss / dessôra de tutt el bersò / fiôrii del sambuch che inciôchiss / tri quart de luna in d’ôn ciel / sbiavii del môntiv. (Zampine / silenziose sulla ghiaia, spunta / il riccio, gomitolo / che dondola verso l’acqua. Brilla / sopra tutta la pergola / fiorita del sambuco inebriante / una luna di tre quarti nel cielo / sbiadito dal vento di monte, pp. 72-73).

Un autentico gioiello è el Natal, pubblicato nel 1994 con la presentazione di Gianfranco Ravasi, secondo il quale Luoni si richiamerebbe alle sacre rappresentazioni medievali, che «si popolano di una folla di personaggi minori quasi come nelle tele fiamminghe o nei presepi napoletani o nei quadri di Chagall: è quell’umanità che sa ancora attendere l’epifania del divino anche nei crocicchi delle strade, che intuisce dietro i lembi cadenti della sua miseria un riflesso della grazia, che scopre sopra i tetti e i comignoli il cielo ove corrono gli angeli di Dio» (p. 6).

Anche La Pasqua (introd. di M. Vaccani, 2016) che rappresenta il necessario completamento del Natal, è un libro molto alto ma poco noto, come tutti gli altri, perché quest’autore non sembra curarsi più di tanto della loro diffusione. D’altronde, i suoi poemetti forse devono parte della loro suggestione proprio alla lontananza dai tradizionali circuiti di divulgazione.

Luoni rielabora la storia sacra attraverso le fonti e ci offre interpretazioni drammaticamente attuali delle vicende legate al Cristo, alla sua cattura, alla sua morte e alla sua resurrezione. Nelle Scena quarta della prima parte, ad esempio, ricostruisce in chiave contemporanea il personaggio di Giuda: ce lo fa vedere nel momento in cui torna a casa e consegna alla moglie una borsa contenente trenta denari d’argento, il prezzo del tradimento: «Dopô, la bôrsa, scôndela… E cipiss côn nissuu; / L’è tardi, g’ho de andà. // Ruvet, per scena? // Per mì prepara minga. / L’ha daa ôrden de scenà tucc insema […] Speciôm minga, a dôrmì. / La sarà lônga, se tirarà matina. / Ma dopô per ôn poo la foo fenida / a possi e tiri el fiaa. […] È gnamò succeduu / negôtt, ma l’è cômè / s’el fuss fenii tuscoos ( Dopo, la borsa, nascondila… E zitta con tutti. / È tardi, devo andare. // Torni per cena? // Per me non preparare. / Lui ha dato ordine che si ceni tutti insieme […] Tu non aspettarmi a dormire. / Sarà lunga, si tirerà l’alba. / Ma dopo per un po’ sarà finita […] Non è ancora successo / niente, ma è come / se tutto fosse finito, parte I, scena IV, pp. 44-45). Anche solo da quest’ultimo esempio si può capire con quanta finezza il nostro poeta trasfiguri i fatti raccontati nei Vangeli, mantenendosi fedele ai testi, ma facendone risaltare ogni volta l’attualità. Sulla strada di Emmaus, ai discepoli che gli dicono che “l’è andaa tuscoos in tocch”, è andato tutto in pezzi, Gesù risponde così: «Coeur, cervell de bagaj. / Dôvevôv regôrdass ch’el mônd l’è ôn pônt. / In su ôn pônt se pò minga pensà / de tirà su ôna cà, ôna cittaa. / Che fôndament a gh’è? Sôta gh’è aria, acqua, / nô gh’è terra nè cepp» (Cuore e mente di ragazzini. / Avreste dovuto ricordarvi che il mondo è un ponte. / Su un ponte non si può pensare / di erigere una casa, una città. /Che fondamenta puoi scavare? Sotto trovi aria, acqua, / non c’è terra né roccia, da La Pasqua, parte III, scena quarta, pp. 194-196).

Nel 2011 è stato pubblicato un libro d’arte in italiano, Amor vitae Amor mortis, composto in collaborazione da Luoni e da Giuseppe Bocelli, autore delle bellissime incisioni. I due artisti, pur nella diversità hanno saputo trovare elementi comuni. Di Luoni si possono leggere quattro liriche sulle stagioni e un poemetto, L’orto del cugino. Fanno da sfondo le quattro stagioni, “uno sfondo ora solare ora, più spesso, cupo, in cui campeggiano paesaggi, amici, compagni, ricordi, illusioni, in una vicenda ciclica e statica allo stesso tempo”, scrive, nella sua puntuale presentazione, Federico Roncoroni. La vita delle piante, dei fiori, degli animali è accompagnata dalla pietas virgiliana del poeta, che raffigura la ciclicità delle stagioni con la consueta finezza interpretativa: «Ai primi di febbraio… tutto è pronto / per l’orto nuovo, vedi. Il giardiniere / secondo le buone regole ha rastrellato / il prato, potato il susino, / le ortensie, l’alloro, il rosmarino / intristito, la siepe / di crisantemi. Rami secchi e sterpi / fanno catasta nel mezzo del campo: / vi bruceremo l’inverno alla vigilia / di San Giuseppe cenere piovendo / tiepida tutt’intorno. / Il fumo profumato e il crepitio / nel folto degli ellebori attardati / confonderanno la prima / freddolosa lucertola».

 

Piccola biografia

 

Basilio Luoni è nato a Como il 30 maggio 1941. Ha studiato Lettere all’Università Statale di Milano, dove ha avuto come professore di letteratura italiana il famoso critico Mario Fubini. Vive a Lezzeno, sul Lago di Como, dove, fin dagli anni Sessanta del Novecento, dirige una Compagnia teatrale di «dilettanti». Per i suoi attori ha tradotto in dialetto commedie di Molière, Beaumarchais, Puškin, Čechov, Aristofane e Plauto. Sempre per i suoi “dilettanti” ha scritto i “misteri”: El Natal e La Pasqua e una rivisitazione dell’Odissea. Il poeta che predilige è Virgilio Giotti. Ha curato con Andrea Rossetti il carteggio Umberto Saba – Sergio Ferrero e Gli angeli di Coctau. Lettere 1946-1950 (Rosellina Archinto). Suoi grandi estimatori sono stati Dante Isella, che ha pubblicato alcuni suoi testi tratti dal Librô di figur nell’«Almanacco dello Specchio» (1993),Federico Roncoroni e Gianfranco Ravasi.