Il mercante di Valerio

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Il testo di Shakespeare, con la regia di Paolo Valerio, inaugura la stagione di prosa 2022-23 del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia

di Paolo Quazzolo

 

Apertura di stagione nel nome di Shakespeare per il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. La scelta, con cui prende avvio al Rossetti un cartellone davvero ricco e, come sempre, diversificato nelle proposte, è caduta su uno dei testi più rappresentati e, al tempo stesso, più discussi di Shakespeare, Il mercante di Venezia. Commedia che appartiene alla prima fase della carriera artistica del bardo – venne composta probabilmente tra il 1596 e il 1597 – il Mercante ha sempre sollevato polemiche a proposito della figura dell’ebreo Shylock, personaggio presentato dall’autore in modo fortemente negativo e attorno al quale sembrano muoversi un gruppo di persone buone e vittime del perfido comportamento del protagonista. In verità la lettura dell’antisemitismo dimostrato in questa occasione da Shakespeare è stata fortemente condizionata, negli ultimi decenni, dalle drammatiche vicende dell’olocausto che, obiettivamente, rendono a noi difficile interpretare la vicenda del Mercante senza pensare a quanto di orribile è successo durante il nazismo. Eppure, per una profonda comprensione di questa commedia è opportuno sforzarci di andare oltre, di prestare attenzione a ciò che effettivamente Shakespeare ha raccontato all’interno della commedia, tenendo presente un contesto storico – quello di fine Cinquecento – in cui, effettivamente, si stava vivendo, in Inghilterra, un’ondata di intolleranza religiosa. A ben vedere, due sono le cose del testo di Shakespeare che spesso non vengono osservate con sufficiente attenzione: da un lato la contrapposizione tra Antonio e Shylock non è di carattere religioso, ma avviene sul piano strettamente personale, causata da reciproci sgarbi e dai comportamenti scorretti di entrambi. In secondo luogo l’autore ci fa capire immediatamente che ci troviamo di fronte a un gruppo di personaggi tutti fortemente negativi: nessuno in questa commedia recita la parte del buono o della vittima: tutti – chi più, chi meno – rivela comportamenti scorretti, interessati, guidati da interessi economici o affettivi, pronto a mettere in atto colpi bassi anche nei confronti dei propri amici. Insomma, un quadro di una società – quella borghese veneziana, che sin dal titolo viene annunciata quale protagonista – che sembra poggiare la propria morale e la propria visione della vita su valori del tutto negativi.

La messinscena proposta al Rossetti è frutto di una coproduzione cui hanno preso parte, oltre allo Stabile regionale, il Centro Teatrale Bresciano e il Teatro de Gli Incamminati, La regia dello spettacolo, curata dal direttore dello Stabile, Paolo Valerio, muove da una battuta pronunciata da Shylock nel primo atto, quando propone ad Antonio di firmare, a garanzia del prestito richiestogli, la famosa clausola della libbra di carne “for sport”, “per divertimento”. Quindi il tutto sembrerebbe divenire una sorta di gioco, di scherzo: «Tutta questa storia della libbra di carne – scrive Valerio nelle note di regia – è solo il divertimento di un ricco ebreo che vuole farsi beffa di un mercante tanto arrogante quanto malinconico». Ma, effettivamente, dietro questo apparentemente innocente scherzo, c’è una crudele storia di vendetta, di interessi economici, di tradimenti, solitudini ed emarginazioni, che inseriscono questa storia in un quadro del tutto drammatico. La celebre scena centrale della commedia, quella del processo, che antepone Antonio a Shylock, presenta, in questo spettacolo, il primo come una sorta di martire cristiano, a petto nudo e a braccia aperte quasi fosse crocifisso; mentre il secondo ci appare quale implacabile e sanguinario persecutore, che reclama insistentemente quanto dovuto. Ma è altrettanto vero che, non appena avuta salva la vita, Antonio si trasforma a sua volta in un brutale aguzzino dell’ebreo, chiedendo per lui la conversione al cristianesimo. Conversione che – nell’interpretazione di Valerio – ne causerà addirittura la morte.

Testo per grandi mattatori, il Mercante dello Stabile è dominato dalla forte presenza scenica di Franco Branciaroli che, senza dubbio, domina sul numeroso cast, proponendo uno Shylock dalla cadenza romanesca (sottolineandone così la sua estraneità al mondo veneziano) e dominato da un carattere infido, guidato da un personale concetto di giustizia. Al suo fianco Piergiorgio Fasolo e Stefano Scandaletti nei ruoli rispettivamente di Antonio e Bassanio, di cui la regia sottolinea apertamente l’ambiguo rapporto omoerotico. Valentina Violo è Porzia, l’amata di Bassanio, pronta a fingersi abile avvocato, pur di aiutare l’amico del proprio uomo. Gli altri attori della compagnia stabile sono tutti impegnati a sostenere i numerosi ruoli previsti dal copione shakespeariano, spesso rivestendo anche doppi ruoli.

Molto suggestiva la scena di Marta Crisolini Malatesta, che muove dal concetto del palcoscenico elisabettiano, disadorno e lineare, così come i ricchi costumi di Stefano Nicolao.

Alla prima c’era il pubblico delle grandi occasioni, che ha gremito la sala e che ha salutato festosamente il debutto stagionale dello Stabile.

 

ill:Franco Branciaroli