Il nuovo quadro politico

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Superata quasi brillantemente la sua prima prova, quella dell’elezione dei presidenti dei due rami del Parlamento, la nuova legislatura si apre su uno scenario politico del tutto nuovo. Agli angoli, come due pugili suonati, i due partiti che hanno costituito l’ossatura della cosiddetta seconda repubblica, quella in cui alternativamente assumevano l’incarico di guidare il governo, mentre ora percorrono un malinconico viale del tramonto, politico, s’intende, ma in un caso anche anagrafico, nell’altro realizzatosi come tale per scelta. La scelta è stata quella di non scegliere, lasciando così che liberamente si possano determinare convergenze tra coloro che – senza averla vinta – risultano comunque largamente premiati dall’ultima consultazione elettorale.

Anche se è troppo presto per valutare appieno la portata dei risultati elettorali soprattutto per quanto attiene alla formazione del Governo, bisogna dire che i due leader “quasi vincitori” hanno segnato, in queste prime schermaglie legate all’elezione dei presidenti delle due Camere, diversi punti a loro favore, non ultimo dei quali quello di aver dimostrato che il pragmatismo che ha informato le loro mosse è stato premiato dal raggiungimento dei risultati politici che ciascuno dei due si era dato. Tra tali risultati, quello che si è manifestato con maggiore evidenza è stato quello di aver confinato l’anziano impresentabile di Arcore al ruolo subalterno che nella sua stessa coalizione gli ha assegnato il “quasi vincitore”, che – senza quasi – è stato vincitore nella partita interna alla coalizione di destra, come ha dimostrato battendo i pugni sul tavolo per “mollare” il candidato – anch’egli pregiudicato – alla seconda carica dello Stato e consentendo così la saldatura tra i voti parlamentari delle due forze politiche “quasi vincenti”. Il giovane leader del partito di maggioranza relativa, dal canto suo, ha tenuto il punto rifiutandosi di incontrare l’anziano imbarazzante inquilino di Palazzo Grazioli, fino al punto di negarsi persino a una telefonata, mantenendosi così “vergin di servo encomio”, anche se poi ogni residua verginità si è volatilizzata, quando ha accettato di far votare i suoi senatori per una parlamentare particolarmente allineata con tutte le posizioni politiche dell’ex cavaliere e ora anche ex leader del centro destra.

Dall’altra parte, all’angolo opposto del ring politico, i cosiddetti “democratici” hanno deciso, in ottemperanza alla linea abbozzata in uno dei suoi più recenti messaggi di addio dall’altro ex, di stare a guardare, nell’attesa, come dice un aforisma cinese, di veder passare nel fiume il cadavere dei suoi avversari. Scelta azzardata, com’è ormai nell’inconfondibile stile di quel partito che, da quattro anni a questa parte, gli azzardi li ha persi tutti, regolarmente, uno dopo l’altro. Tra l’altro, se non tenta di rimettersi i gioco rapidamente e di assumere un ruolo politico in questo nuovo Parlamento, restandosene seduto sulla sponda di quel famoso fiume, rischia che il cadavere che vedrà passare sia proprio il suo, non quello degli avversari che avrebbe auspicato di vedere.

Ad ogni modo tutto si potrà dire del nuovo quadro politico che si è determinato dopo il 4 marzo, tranne che tutto sia rimasto uguale a prima: sono stati relegati nell’angolo, dalle scelte degli elettori, i due maggiori partiti che avevano tentato di costituire un sistema politico bipolare, salvo ostinarsi a non vedere che invece i poli attorno ai quali si aggregava il consenso erano almeno tre. Tale miopia ha condotto a lavorare sulle leggi elettorali, cambiandole ogni volta e continuando a produrre esiti mostruosi, che non contemperavano le esigenze di rappresentatività e di governabilità che dovrebbero ispirarle.

Azzardare previsioni all’indomani delle elezioni, soprattutto in un quadro così radicalmente modificato e così radicalmente precario negli assetti delle possibili maggioranze parlamentari è equivalente a giocare un numero al lotto, e la fiducia nei confronti della classe politica, tutta intera, è quella che è.

Speriamo solo di non dover rimpiangere nel prossimo futuro un passato che certo non ci ha riempito di soddisfazioni, né di entusiasmi.