Una rosa rosso sangue

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Pruvulazzu (Polvere) Poesie di Renato Pennisi

di Anna De Simone

 

Nella sua Nota al nuovo libro di versi in siciliano di Renato Pennisi, Pruvulazzu (Polvere), Giovanni Tesio scrive che esiste “una forte fraternità tra la poesia di Pennisi e la poesia di Salvo Basso”, l’una e l’altra sottotono, in sordina. Condivido questa tesi: Pennisi, come già il poeta di Scordìa, non va alla ricerca delle “parole perdute” nelle sue poesie misurate e apparentemente semplici, della semplicità, a volte tremenda, del quotidiano. Come accade nella lirica di apertura, Casi e casuzzi (Case e casette), dove la devastazione appare totale: case e casette sono state abbattute e sono diventate polvere. Al loro posto sono sorti torrioni volti verso il cielo. Ma dove sono i balconi? dov’è lo spazio destinato alle lenzuola da asciugare? Non c’è più nemmeno “una finestra dimenticata aperta / da dove esca una nota di canzone” (“na fenestra scurdata aperta / d’unni nesci na nota di canzuna”). Ed è dolorosa l’inutile attesa di Catania, quando negli anni Ottanta “Santino parlava parlava /e Dario stava appoggiato zitto”. Santino era Santino Bonaccorsi e Dario era Dario Bellezza. Tutti e due scomparsi. Molto siciliano è poi il Gersuminu, il fiore che profuma la notte e la casa; la testa dell’io narrante è “piena di gente” che parla e parla e dice tante cose “e legge parole su parole” che “raccontano / né più né meno la vita sua”. E la vita nostra, quando da dietro un cancello qualcuno, mille anni fa, ci ha offerto una “sponza” di gelsomini. Tutto è cambiato, la città è “sutta ’n jitu / di pruvulazzu” (sotto una coltre / di polvere) e il tempo che il poeta indossa “per la prima volta / è una casacca fuori misura” (Pruvulazzu). Variamente interpretabile mi sembra Sdirrupu (Precipizio), dove una creatura lieve e timorosa (una gabbianella?), canta “nel cielo vuoto”, nel “precipizio azzurro” in cui tutto ha avuto inizio. Che cosa? La vita? Una felicità precaria rivelatasi poi impossibile? La felicità promessa ai tuoi vent’anni quando “fuori è marzo” e “il quartiere parla una lingua muta”?

Meno coinvolgenti, forse perché meno sentite, mi sembrano le poesie incentrate su una teoria di personaggi piuttosto squallidi, come il protagonista di A cinquant’anni o come Lu Dutturi Russu (Il Dottore Russo); appartengono tutti al Bar Cuore Rossazzurro. Molto amara e indovinata è Li sempri (I sempre), giocata sul filo dell’ironia: “Tutti i sempre, tutte le poesie / per sempre / tutti gli amori, tutte le opere, tutta l’arte / tutta la musica per sempre…”. E l’amore… era “la to facci jianca” (la tua faccia bianca), ed era “la granita di gelsi”, ed erano “le mani bianche che mi stringevano”; “allora ero un fuoco d’artificio / a testa alta tra la gente / io che oggi mi spavento / e non sono sicuro più di niente”. Si percepisce, nel bianco della pagina, il dolore dell’io, vivo e caldo come una ferita aperta, per come sono andate le cose, per come è andata la vita. Oggi è rimasto solo un rimpianto senza fine, l’insicurezza di chi ha paura di se stesso, degli altri, di quello che potrà accadere. E dei suoi pensieri, “ca non si ponnu diri”: che non si possono dire. E allora dobbiamo tenerceli “dentro il cervello /”comu si non ci fussiru / comu si non ci fussiru statu mai / tra mia e mia stissu” (come se non ci fossero / come se non ci fossero mai stati / tra me e me stesso, Pinseri). Bellissima nel suo crescendo di sofferenza mi è parsa la poesia intitolata Lu vasu (Il vaso). Qualche margherita in un vaso, “e una rosa sola, alta / rosso sangue” /“nun c’è la manu ca la pusau / nta la luci ca si sperdi / nta lu scuru ca s’affaccia / nta lu silenziu / ca l’agghiutti”(non c’è la mano che la sistemò / nella luce che si smorza / nello scuro che avanza / nel silenzio / che la divora). Nell’ultima sezione, intitolata “Uscita”, l’angoscia cresce, l’inchiostro è finito, e gli amici del Bar Cori Rossazzurru non ci sono più. Dove sono finiti il banconista e la cassiera? “Polvere pure loro / in questa sera d’agosto / come chi ha scritto questa poesia / come chi la sta leggendo”. Perché “lo scuro vince sempre / il cielo scuro si mangia lo scuro / lo scuro perde sempre…”( Lu celu scuru: Il cielo scuro).

 

 

Renato Pennisi

Pruvulazzu (Polvere)

con una nota di Giovanni Tesio

Interlinea, Novara 2016

  1. 96, € 14,00