Il robot perturbante 9

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I robot umanoidi

di Giuseppe O. Longo

 

Nel giugno 2008 il Centro Giapponese per la Scienza e la Tecnologia ha presentato il bambino robot CB2, un umanoide alto un metro e trenta per 33 chili di peso (Fig. 1) (si veda https://www.youtube.com/watch?v=rYLm8iMY5io .

Dotato di oltre duecento sensori ottici, acustici e tattili e di una cinquantina di articolazioni di precisione mosse da muscoli all’aria compressa, CB2 reagisce agli stimoli ambientali imitando il comportamento di un bambino di 18 mesi. Il suo viso manifesta una grande varietà di espressioni, fino a un’astuta e grottesca imitazione dell’occhiolino. A quell’epoca, per molti, CB2 era la macchina più inquietante mai costruita. Un video impressionante mostra questo grosso e sgraziato burattino che, rivestito di una morta epidermide grigiastra, metà pelle, metà tuta, fa gli occhi dolci a un ricercatore, suo “padre putativo”, oppure si contorce sul pavimento invocando l’aiuto dei grandi per rialzarsi.

Non c’è dubbio che CB2 metta bene alla prova la teoria di Mori, che può essere verificata anche sugli umanoidi della Hanson Robotics di Dallas, Texas, in particolare sul robot che ha le sembianze di Einstein da vecchio, l’icona più significativa e abusata della scienza del Novecento (Fig. 2). La somiglianza è impressionante: il personaggio si riconosce come lo si riconoscerebbe in una caricatura, ma là avrebbe un che di distorto ed esagerato, quindi di rassicurante, qui ha un che di lisciato, ammiccante e ambiguo. Il robot Einstein non è e non vuol essere una caricatura, vuol essere proprio Einstein: di qui la sensazione di perturbante. Si veda anche il robot Philip K. Dick, della stessa Hanson Robotics (Fig. 3), impressionante per la sua somiglianza con l’originale umano.

A quanto pare i ricercatori del Sol Levante non percepiscono appieno il contenuto potenzialmente destabilizzante sotto il profilo psicologico di questi robot umanoidi. Destabilizzante, o meglio perturbante. Di fronte a questi artefatti, noi Europei ci sentiamo a disagio: nella nostra tradizione, la storia degli automi antropomorfi è gravida di superstizione, di magia, di occultismo, tocca la religione, l’etica, la metafisica, l’essenza dell’uomo. Ridesta echi di lontani castighi legati al mito di Prometeo: superare certi limiti è una colpa che merita la punizione.

La progressiva confusione tra naturale e artificiale riguarda tanto l’aspetto esteriore dei robot quanto le loro caratteristiche intellettuali (e domani forse anche emotive) e mette in crisi la radicata convinzione che l’uomo rappresenti qualcosa di speciale, inimitabile e assoluto. Questi scrupoli e questi timori sono legati alla nostra tradizione culturale e religiosa. In un contesto diverso per storia e sensibilità (penso al Giappone e, anche, agli Stati Uniti, sempre più disincantati e avulsi dalla tradizione europea), l’atteggiamento di fronte alla tecnica in generale e in particolare alla robotica umanoide è molto più disinvolto e spregiudicato.

Se al tempo dell’articolo di Masahiro Mori non si costruivano ancora robot umanoidi, nel frattempo la situazione è molto cambiata, specie in Giappone: nonostante l’ammonimento di Mori, che invitava a non fabbricare robot antropomorfi troppo simili agli umani, dopo CB2 molti altri ne sono stati costruiti. Alcune gineidi, come HRP-4C (Fig. 5), sono dotate di una spiccata sensualità. A questo proposito può essere interessante indagare il rapporto tra tecnologia, erotismo e perturbante. Nel romanzo Crash (1973) lo scrittore inglese James G. Ballard (1930-2009) esplora la possibilità, al limite della psicopatologia, di un rapporto tra sessualità e tecnologia, in particolare tra la sessualità e la devastazione dei corpi causata dagli incidenti automobilistici. Nel saggio Il sex appeal dell’inorganico, Mario Perniola sostiene che oggi la sessualità organica è sostituita da una sessualità inorganica, neutra e artificiale, che non si cura della bellezza e dell’età, ed esplora il ruolo dell’eros in un’epoca, la nostra, condizionata dalla tecnologia. Entrambi gli autori si possono considerare esploratori del perturbante tecnologico-sessuale.

(9. continua)