Il tempo fermo di Roberto Coccolo

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di Silva Bon

 

Potrebbe essere quello obbligato dalla pandemia, Il tempo fermo firmato dal poeta Roberto Coccolo per i tipi di Hammerle Editori in Trieste con la prefazione di Enzo Santese. Potrebbe essere “il tempo fermato” dal ricordo e dall’ispirazione poetica, meglio dalla scrittura poetica, come suggerisce il discorso sotteso a tutta l’opera.

La silloge raccoglie poco più di una ottantina di componimenti e costituisce la quarta prova della produzione ricca e feconda dell’Autore negli ultimi quattro anni: Ritagli di cielo (2016, prefazione di Fulvio Senardi), I giorni ritrovati (2018, prefazione di Silva Bon), Breve infinito (2019, prefazione di Silva Bon).

Questa volta Roberto Coccolo affronta temi diversificati che affiorano, comunque ben precisi, nel flusso non interrotto da sezioni conchiuse: come nello sgranarsi di un rosario si rincorrono i testi in versi liberi, dove però ricche sono le citazioni letterarie colte, e ancora le metafore, le allitterazioni, le onomatopee, i discorsi metapoietici.

Rispetto alle precedenti raccolte, qui mi sembra che si possa parlare di un   passato dolce/amaro che diviene nutrimento dell’animo; di un passato coltivato dalla memoria, che fa riaffiorare sensazioni, emozioni, immagini, visioni; di un passato, rivissuto e assaporato lentamente come un frutto dal sapore ricco e reimpastato, una madeleine di proustiana memoria.

In primo luogo è l’infanzia a ispirare il poeta, eterno fanciullo, cui forse la “nascita” adulta è interdetta, cui l’ingresso nell’autonomia del mondo è quasi sempre doloroso, e lui sembra perdersi nell’abisso del grembo materno, in un disperato richiamo alla madre, alla mitica età dell’oro dell’infanzia perfetta e calda di amore: Madre. Ero felice/ nel grembo/ ti battevo dentro/ il mondo fuori/ poi la luce/ della vita il morso/ dolce/ amaro. Una nostalgia infinita per la unicità e la pienezza della prima infanzia, inscritta in figure familiari di primo riferimento: oltre alla madre, il padre, la nonna, gli zii, i cugini, sfogliati come in “un album di famiglia”, come scrive Enzo Santese.

E poi la dissidenza nella vita: si sviluppa un io dissidente che negli anni tormentati della tarda adolescenza, nei primi turbamenti d’amore si scontra con dolorosi rifiuti detti in parole lucide e coraggiose: Anni inebriati, Fuochi sul mare, Angela, Il mattino, Il cortile, I cavalli delle giostre, Il sussidiario, Casa abbandonata. Soprattutto Il pozzo. Dal pozzo risalgono/ frammenti e fragori/ di memorie improvvise/ Riaffiora il passato/ come un ospite atteso/ che devo di nuovo/ imparare a conoscere/ E allora mi fingo/ stupori ed incontri/ che serbano ancora/ qualcosa dell’antico sentire/ Un gesto, una voce/ un prezioso amuleto/ che allontana l’oblio/ di una stagione fuggita/ All’ombra di un olmo/ le storie riprendono forma/ un canto s’allarga/ e inonda di luce la sera.

Infine il tema caro della città natale, Trieste … Come un grande corpo/ che si ama e si teme, dove un mondo di arlecchini; una fantasmagoria di sale di cinema, di teatri; un susseguirsi di strade, di palazzi, di rioni, portano all’incontro con Il sud del mondo, con i Bambini d’Africa, con i Migranti nella pioggia.

Sottesa a tutta l’antologia, la riflessione su Il tempo fermo. … ci vuole tempo/ per ingannare il tempo conduce a I riti dell’attesa, a Nostalgia, a miti ineffabili sulla ricerca dello spazio-tempo. E in copertina “Chiaro di luna” di Edvard Munch rimanda alla lettura del testo centrale Luna piena. …/ Nel lago del tempo/ giaci in silenzio/ aspetti le nostre/ deboli promesse.

 

Roberto Coccolo

Il tempo fermo

Prefazione di Enzo Santese

Hammerle, Trieste 2020

  1. 96, euro 12,00