Immagini per una città

| | |

Pubblicato un libro con testi di Pietro Spirito e immagini di Massimo Crivellari

di Charles Klopp

 

 

Trieste. Una città e la sua anima è il terzo libro corredato di fotografie di Trieste che Pietro Spirito ha pubblicato negli ultimi sei anni. Il nuovo volume viene dopo La fabbrica del mare. Al lavoro nel golfo di Trieste (Trart) del 2013 e GraffiTs (Edizioni Simone Volpato Studio Bibliografico) del 2012, entrambi con fotografie in bianco e nero di Roberta Radini. Quasi venti anni prima, nel 1994, Spirito aveva pubblicato Trieste a stelle e strisce. Vita quotidiana ai tempi del governo militare alleato (Mgs), uno studio storico con illustrazioni che documentavano l’argomento indicato nel titolo del volume. Spirito, scrittore e giornalista per il Piccolo, in tempi più recenti ha pubblicato una vivace e personalissima guida alla città (questa volta senza foto), Trieste è un’altra (Mauro Pagliai, 2011). É autore anche di molti altri libri che sono in parte romanzi o studi storici, in parte reportage o confessioni autobiografiche e che in molti casi sono ambientati a Trieste o su (o qualche volta dentro) il suo golfo. I cinque libri elencati sopra non sono romanzi ma libri che, almeno in senso lato, possono essere considerati “guide alla città.” I cinque volumi, però, sono diversissimi fra di loro. Dopo il libro degli anni novanta sulla vita a Trieste durante l’occupazione angloamericana, La fabbrica del mare è una documentazione molto sobria della vita degli uomini e donne che lavorano su navi di vari tipi che si muovono sulle acque del golfo e forniscono sicurezza e prosperità alla città: rimorchiatori, pescatori e maricoltori di cozze, uomini e donne della Guardia costiera, e altri che lavorano a tutela del golfo e perciò della città.

GraffiTs, pubblicato l’anno prima, è un’opera di tutto diversa. Questo breve ed elegante opuscolo tratta uno strato della popolazione triestina differente da quella di La fabbrica del mare: quello occupato di “dissociati” (come dice una di loro) che vivono per le strade, emarginati e writer che producono i graffiti visibili in varie zone di Trieste, scritti catturati qui dall’attentissima lente fotografica di Roberta Radini. Brevi frasi o frammenti di frasi, questi graffiti servivano poi come spunti per gli scritti fantasiosi e spesso provocatori che Spirito ha creato per accompagnare le foto della sua collaboratrice. Insieme ad esse suggeriscono delle storie che, quando estrapolate dalla fantasia creativa di Spirito si rivelano misteriose e disturbanti, spesso piene di dolore.

Trieste è un’altra, invece, non è un’indagine sulle esistenze di due popolazioni che vivono l’una accanto all’altra ma probabilmente non si sono mai parlati. Descrive una sola giornata nella vita di un individuo che si potrebbe considerare un turista indigeno: l’autore stesso che con la sua Kawasaki attraversa rombando zone talvolta inedite della sua città per poi fermarsi e riflettere su località urbane e extraurbane che molti dei suoi lettori vedono ogni giorno ma le cui storie e bellezze ignorano. I dieci capitoli (alcuni già apparsi in forma ridotta nel Piccolo) che Spirito propone nella sua “non guida” descrivono posti ed eventi che fanno parte di storie e leggende imprevedibili e favolose ma sempre basate sui fatti. I posti descritti includono i magazzini di Porto Vecchio una volta depositi commerciali circondati di ottimismo commerciale e più tardi tragici recapiti di memorie dell’esodo istriano; la stazione ferroviaria abbandonata (ma pur sempre occupata da una guardiana testarda e simpatica) di Rozzol-Montebello; la “Casa degli Sposi” di Via Fabio Severo con le sue memorie di caste passioni sotto la tutela di una benevolenza forse paternalistica ma pur sempre genuina; la gru “Ursus” e la sua caparbietà agli occhi di Spirito quasi umana; l’ex Hotel Balkan la cui storia vergognosa è ben nota ormai a tutta la città; il campo profughi di Padriciano; e, fuori della città, delle fortificazioni abbandonate sul Carso una volta baluardi contro i nemici di una guerra fredda ormai spenta anch’essa. Il viaggio che lo scrittore compie attraverso la sua città con le sue memorie di crudeltà, sacrifici, e piccoli eroismi trova il suo ultimo approdo al Cimitero di Sant’Anna dove lo scrittore rimane chiuso dentro dopo l’ora di chiusura e dove evoca in fantasia alcuni triestini famosi compresi Giani Stuparich (“nume-faro di Trieste”) e Anita Pittoni (“donna forte e fragile, volitiva, passionale, determinata, a volte implacabile”). Poi il percorso rocambolesco e allo stesso tempo meditativo finisce davanti alla tomba del padre dello scrittore. A questo punto, lui, a notte fatta, si domanda se si è riuscito a ricomporre lo specchio rotto della sua comprensione della sua città o se le schegge delle sue riflessioni rimarranno sempre frammentarie, la sua visione sempre da completarsi, magari in un altro libro.

Il nuovo libro che Pietro Spirito e Massimo Crivellari hanno dedicato a Trieste pare indirizzato ad un pubblico più grande e meno specializzato di quello degli altri libri qui esaminati. Un volume che misura 23×23 centimetri con 247 pagine rilegate in un bellissimo giallo fiammante, Trieste. Una città e la sua anima contiene più di centocinquanta fotografie a colori, tutte di Crivellari con l’eccezione di una (quella del gufo reale alla p. 124) di Luca Tolar. Alcune di queste splendide foto occupano una pagina intera o anche due pagine e in tal modo danno una nota di opulenza visiva al volume. Le foto sono unite a sessantacinque testi scritti di Spirito. E mentre non è chiaro se sono i testi a illustrare le foto o viceversa, è evidente che si tratta qui di una simbiosi reciproca fra parole e immagini particolarmente felice e stimolante.

I soggetti di queste foto e di questi testi sono in molti casi i monumenti di Trieste che tutti conoscono: Miramare, Piazza Unità d’Italia, Barcola, San Giusto, il Canal Grande, e tanti altri ancora. Ma, come in Trieste è un’altra, anche altre località meno note ai turisti e magari ai triestini stessi sono prese in considerazione. Queste includono il Gasometro di Via Svevo ex Via Broletto, un mirabile esempio della scienza e ingegneria locali non senza certi valori estetici; il complesso di case popolari di Rozzol Melara ormai giudicate da tutti più affini alle costruzioni sperimentali di Le Courbusier che non al famigerato Fort Apache bronxese; e le tante botteghe dei rigattieri (non “antiquari,” insiste Spirito) del centro città. Altre sezioni del libro trattano non tanto edifici o monumenti ma attività come la movida giovanile di Via Torino e dintorni; lo sport a Trieste; e (ci mancherebbe altro), la bora che in delle belle foto vediamo tormentare non solo il mare che s’infuria accanto alle Rive ma anche inermi e pazienti cittadini curvi sotto le sue sferzate.

Le foto di questo libro trattano per forza le esteriorità delle cose, siano esse monumenti o individui che fanno footing o canottaggio o che si mettono in posa per la macchina fotografica come fa un gesticolante Ugo Pierri in una delle pagine conclusive del libro. I testi di Pietro Spirito, però – sempre bellissimi, eleganti e mai superficiali – riescono a penetrare l’aspetto esterno di ciò che descrivono e riescono così a scoprire dei significati non immediatamente percepibili o immaginati. Questi paragrafi ci portano al cuore dei misteri di questa città così originale, complessa, e amata (anche odiosamata) dai suoi abitanti e anche da quelli che vivono altrove.

Il libro costa poco considerando la sua portata artistica e intellettuale. I triestini, o almeno io così li immagino, lo leggeranno soddisfatti e talvolta sorpresi di fronte a ciò che il suo autore chiama “la caleidoscopica magia” di una città “sfuggente e franante”. I turisti che lo compreranno, credo, rimarranno sorpresi pure loro ma anche meravigliati davanti a immagini e testi frutti di una curiosità collaborativa rispettosa ma anche libera, spregiudicata, e talvolta birichina.

   

Copertina;

 

Pietro Spirito

foto di Massimo Crivellari

Trieste. Una città e la sua anima

LEG, Gorizia 2017

  1. 247, euro 30.00