La casa in riva al mare

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di Walter Chiereghin

 

La casa è là, a dieci metri dal mare, fin dalla fine dell’Ottocento. Dal 1920 proprietà del nonno, Bepi, una grande casa costruita da suo padre, mentre i fratelli si erano sistemati in una casa nuova, nelle immediate vicinanze. La casa vecchia era rimasta un po’ il fulcro della numerosa famiglia e si andò ben presto popolando dei sei figli di Bepi, dopo che si era sposato con nonna Lucia. Intorno a quel nucleo di pietra e di affetti, un villaggio di qualche centinaio di abitanti, per lo più pescatori, sulla costa orientale dell’Istria, comune di Albona; davanti, sul Quarnaro, la costa di Cherso. Facile pensarlo come doveva effettivamente essere, prima che il turismo lo trasformasse in un accogliente centro balneare: un posto tranquillo, una piccola comunità dove si parlava un dialetto istro-veneto farcito di molti termini croati. Nel paese, il clan delle due famiglie, Faraguna e Scopas cresceva, non sussistendo prima della guerra problemi di crisi demografiche. Un microcosmo autonomo, anche troppo tranquillo all’ombra del regime fascista, una modesta economia legata al mare, alla pesca, al piccolo cabotaggio adriatico. La guerra, e l’immediato dopoguerra, con l’avvento della Jugoslavia di Tito, costituirono per il clan una sorta di lento Big Bang, una forza centrifuga che allontanò, a ondate successive, tutta intera la composita famiglia da Rabaz e dall’Istria, disperdendone i membri in una diaspora che perdura tuttora, negli eredi dei primi esuli. Il baricentro emotivo di tutta questa gente, ricorrente nella mitologia e nelle recriminazioni familiari, la casa sul mare, rimase ovviamente lì, occupata dai Kappa, una famiglia di croati che ancora la abita. Per gli altri, quelli che se n’erano andati (ma «nessuno se n’è andato: ci hanno mandati via!» precisavano i più anziani) la casa finì per diventare una sorta di elemento araldico, un blasone di famiglia e al contempo una spina che tormentava la memoria, fino a diventar un’unica parola la CasadeRabaz, un’angustia sempre latente e continuamente riaffiorante nel lessico familiare, solitamente affiorante in frasi sconsolate del tipo: «bisognassi che qualchedun se ocupi de la CasadeRabaz».

Ora se ne è occupato, con la pubblicazione di CasadeRabaz, Dino Faraguna, esule di seconda generazione, essendo nato a Trieste nel 1950, in parte autore e in parte curatore del volume, in quanto in esso, oltre al filo conduttore della sua narrazione, sono raccolte le voci di numerosi parenti che raccontano frammenti di una storia che il libro ricompone, conferendo unitarietà a una polifonia di testimonianze. Dispersi tra Trieste e Sirolo, sul Conero, dall’altra parte dell’Adriatico, Parigi, Christchurch o Auckland, in Nuova Zelanda, gli eredi di nonno Bepi e della CasadeRabaz sono attualmente ventitré, tenuti assieme in periodici incontri, spesso per partecipare a matrimoni o funerali, occasioni per narrarsi reciprocamente e per attingere a una copiosa riserva di memorie, simili a quelle di tanta parte di quanti, loro malgrado, furono protagonisti del doloroso esodo dalla Jugoslavia postbellica.

Faraguna racconta con vivezza e spesso con brio la storia di questa composita famiglia, narra del gemellaggio non istituzionale tra Trieste e Sirolo, dove la presenza dei nonni fece del paese marchigiano e della sua spiaggia il luogo di lunghe estate felici, quasi una nuova CasadeRabaz, che almeno parzialmente finì per ottundere nostalgie e rancori sempre più tollerabili col passare dei decenni per quell’ingiustizia patita dalla famiglia. Fino a consentire proprio a Dino Faraguna di impegnarsi in un’epopea giuridica, notarile e diplomatica che alla fine concluse la vicenda della casa con la vendita agli occupanti croati, ancora inquilini essendo la proprietà rimasta, formalmente, a Bepi e ai suoi eredi. Una vicenda, questa della compravendita, durata anni, ma agevolata almeno dal punto di vista psicologico dalla constatazione che, se era vero che la casa era di proprietà della famiglia italiana, era altrettanto vero che in essa aveva abitato per sessant’anni quella croata.

Un accordo suggellato da una semplice stretta di mano tra due uomini che alla fine riescono, nonostante tutto, a capirsi.

 

 

Dino Faraguna

CasadeRabaz

Prima e dopo l’esodo istriano

Mgs Press, Trieste 2020

  1. 118, euro 18,00