La cultura naviga a vista

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Chiedo scusa a quanti ci leggono da fuori Trieste, ma di tanto in tanto è opportuno fare il punto su come si affrontino in questa città le problematiche legate alla cultura, ammesso che a qualcuno, tra quanti ricoprono un ruolo istituzionale in materia, la cosa interessi davvero. Fare il punto, anche soltanto citando alcuni episodi della storia recente delle istituzioni culturali, a nove mesi dall’insediamento della nuova giunta comunale può fornire un’informazione, necessariamente sintetica, circa la capacità di progettazione degli eventi culturali che dovrebbero informare l’azione dell’assessorato comunale alla Cultura.

Quanto sembra mancare è proprio questa capacità di disegnare un percorso che individui una serie di obiettivi dell’azione pubblica in materia e si provi a percorrerlo, senza basarsi sull’estro del momento e senza subire gli allettamenti di chi, per ragioni di interesse personale, si fa promotore di iniziative alle quali alla parte pubblica non rimane che accodarsi pedissequamente e, naturalmente, a sborsare i quattrini richiesti. Qualcosa del genere è quanto sta avvenendo con la mostra di dipinti provenienti dalla collezione privata Cavallini Sgarbi, in procinto di approdare, con almeno un mese di ritardo, al Salone degli Incanti, dopo due precedenti esposizioni ad Osimo e a Cortina. Indicativa in proposito la candida ammissione dell’assessore competente: «Sgarbi è una garanzia culturale. Non è che devo chiamare qualcuno a vagliare quello che mi presenta Sgarbi». No, certo, assessore, anzi suggerisca alla Giunta di adottare il medesimo criterio nella scelta degli altri fornitori del Comune, fidando nella consulenza del titolare o dell’amministratore di un’impresa ogni volta che si renda necessario eseguire un lavoro da assegnare, ovviamente, all’impresa medesima.

Vi sono naturalmente altri meno rilevanti esempi di una gestione assonnata e miope dei beni culturali della città, a cominciare dall’attività dei Musei, in primo luogo del Revoltella.

L’ultimo episodio è la presentazione del catalogo di una mostra del pittore Federico Righi, avvenuta lo scorso 9 marzo (non avendo ricevuto alcun invito non siamo stati presenti). Iniziativa certo lodevole, se non fosse per il fatto che il catalogo finalmente pubblicato è relativo a una mostra avvenuta a cavallo tra il 2008 e il 2009. È consolidata tradizione del Revoltella quella di presentare i cataloghi qualche tempo dopo l’inaugurazione delle mostre, accorgimento nato forse per evitare di vendere troppe copie, ma confidiamo che nel caso di Righi, dopo otto anni dalla chiusura della rassegna si sia raggiunto un limite di sciatteria gestionale non facilmente valicabile.

Per inciso, sempre a proposito del Revoltella, è opportuno ricordare che ormai da sei mesi è stato allontanato dal museo uno storico dell’arte, professore a contratto nelle università di Trieste prima e di Udine attualmente, per trasferirlo alla Risiera di San Sabba, dove le sue competenze risultano ovviamente sottoutilizzate.

Nel frattempo, ovviamente, rimane statica la questione della Biblioteca Civica, da oltre otto anni sfrattata dalla sede di Piazza Hortis, col patrimonio librario smembrato in tre differenti sedi, per garantire agli utenti un servizio sempre più puntuale.

C’è poi l’esilarante vicenda dei contenitori culturali, con una sorta di gioco dell’oca che riprende ad ogni nuova proposta che preveda il reperimento di una sede. La scelta, di norma, cade alla fine sul Magazzino 26 del Porto Vecchio, dove l’attuale amministrazione intenderebbe accatastare tutto o quasi, salvo poi ripartire dal Salone degli Incanti, da Palazzo Carciotti o dal mercato ortofrutticolo. Altro giro, altra corsa, mentre tutto rimane, logicamente, immobile.

Un’unica proposta: facciamo finta che finora si sia scherzato e ripartiamo da capo, come nel gioco dell’oca, appunto.