La musica silenziosa di Sergio Altieri

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Gorizia dedica al pittore di Capriva del Friuli una imperdibile antologica

La comunanza di Altieri con “la meglio gioventù” artistica del Triveneto

La pittura come “musica silenziosa”

È sempre l’Uomo il centro dell’interesse di Altieri, che distilla in ogni suo agire poetico un umanesimo partecipe, vivo e palpitante

di Walter Chiereghin

 

… avvicinarsi di più alle cose che sono per trasformarle

in quella musica silenziosa che è la pittura

 

(Sergio Altieri, L’incauta semplificazione,

Campanotto, Pasian di Prato, 2000, p.42)

 

 

Appartato nella sua Capriva, Sergio Altieri gode ancora oggi di una centralità nel panorama artistico isontino e, anche più di questo, nella cultura in senso lato di quel territorio, di cui personalmente è ed è stato crocevia di relazioni importanti, di solide amicizie, certo, ma anche di proficui scambi intellettuali con personalità imprescindibili in ogni valutazione che s’intenda tratteggiare, anche in estrema sintesi, sul periodo che va dalla metà del secolo scorso al nostro presente. Giuseppe Zigaina, Francesco Macedonio, Nereo Battello, Joško Vetrih, Nello Trombini, Cesare Mocchiutti, Luciano Morandini, Fulvio Monai, Ostilio Gianandrea, Italico Chiarion, Cesare Devetag, Franco Dugo e numerosi altri sono stati e sono anche attualmente interlocutori di una vita dedicata certo all’arte, ma vissuta con consapevole impegno ed interesse per quanto avveniva nel mondo della cultura, del teatro, del cinema, delle lettere, del sociale, della dialettica e della lotta politica.

Organizzata dall’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale (ERPaC) – Musei Provinciali di Gorizia, rende ora omaggio all’artista una mostra antologica dal titolo “Il colore appassionato”, curata da Giancarlo Pauletto (già curatore dell’esposizione “Figure del mito”di Villa Manin dedicata all’Altieri nel 2008/2009). La mostra goriziana è stata inaugurata lo scorso 20 aprile a Palazzo Attems Petzenstein, dove sarà visitabile fino al prossimo 22 luglio, dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18. L’esposizione, della quale non è al momento ancora disponibile il catalogo, ma che vede due importanti contributi video proiettati al salone del primo piano, esibisce una settantina di opere di Altieri che coprono l’intero arco temporale della sua produzione, dagli esordi del 1949 a dipinti di questo 2018, nei quali il colore è ancora fresco sulla tela, per l’insaziata esigenza del pittore di offrire sempre nuove suggestioni al suo pubblico.

Nato nel 1930 a Capriva del Friuli, dove ancora oggi vive e lavora (“ho passato metà della mia vita a farmi conoscere, l’altra metà a nascondermi, anche se, per una serie di circostanze, non ci riesco” ha dichiarato in un’intervista a Margherita Reguitti nel 2015) , Altieri ebbe una predisposizione naturale per la pittura. Negli anni giovanili frequentò assieme a Ignazio Doliach lo studio di Gigi Castellani a Cormons, presso il quale entrò in comunicazione con altri artisti isontini e friulani attivi in ambito neorealista, movimento al quale aderì, frequentando inoltre le riunioni del Sindacato degli artisti a Udine in Vicolo Florio, nella sede messa a disposizione dalla locale Camera del Lavoro, dove incontrò tra molti altri Giuseppe Zigaina e Pier Paolo Pasolini. Iniziò a esporre ancora giovanissimo nel 1949 in mostre collettive e personali che si susseguono tuttora, mentre affiancava con energia all’attività artistica quella di organizzatore di cultura, tanto, come s’è detto, a Udine quanto soprattutto a Gradisca. “Alle mostre di Gradisca avevano partecipato anche artisti non iscritti al Sindacato, come Sartori, Tudor, Gianandrea, Tranquillo Marangoni, Tramontin. In seguito avevano aderito i triestini Perizzi, Righi, Devetta, Russian, Bastianutto, Coloni Daneo, la Zandegiacomo, Rosignano e Lia Levi; e gli artisti di ambiente veneziano Vedova, Santomaso, Birolli, Pizzinato, Guidi, Gaspari, Morandis, Magnolato, Zancanaro, Zotti, Barbaro, Longo, Sergi, Moro, Pontini, Saetti, Lucatello, Hollesch e Renzini… Alcuni pittori e collezionisti avevano prestato ai giovani allestitori, senza sapere cosa rischiavano, opere di importanti maestri dell’arte italiana(S.A., op. cit. p. 28). Il passo citato racconta bene, con la sua lunga elencazione di cognomi, il fervore del periodo e la fitta rete di scambi e relazioni che testimoniano della vitalità e della facilmente acquisita comunanza di Altieri con “la meglio gioventù” artistica del Triveneto.

Grazie all’amicizia con Cesco Macedonio, Altieri si occupò anche di teatro, disegnando scenografie e costumi anche prima che fosse fondato, nel 1952, il “Piccolo teatro città di Gorizia” (nella mostra di Palazzo Attems sono presenti alcuni bozzetti per Tre atti unici da Čechov).

Quanto alla sua attività espositiva appare opportuno citare almeno le partecipazioni a Roma all’ottava e alla nona Quadriennale d’arte, al padiglione Italia della 54a Biennale Internazionale di Venezia, a Milano preso il Centro d’Arte San Babila alle Biennali internazionali dei giovani di Gorizia e poi a Berlino, a Varsavia, a Bologna, a Udine. Fu cofondatore, assieme ad artisti italiani e iugoslavi, del Gruppo internazionale 2XGO con il quale, nel corso dei primi anni Settanta, parteciperà a molte rassegne a Gorizia, Nova Gorica, Udine, Venezia, Genova, Lubiana, Klagenfurt, Graz e successivamente in Australia, a Sydney, Canberra, Melbourne. Nel frattempo la sua pittura viene esposta anche a Londra, presso la Rotunda Gallery, in occasione del Bertrand Russel Centenary Art Exhibition (1972) e a Vienna, presso l’Istituto Italiano di Cultura, nel contesto di una mostra della pittura friulana (1976).

La mostra di Palazzo Attems Petzenstein presenta, nella inevitabile sintesi imposta dalla quantità di dipinti prodotti in quasi settant’anni di intensa attività artistica, una settantina di opere che ripercorrono tutti i periodi e le fasi creative dell’artista. Si parte così dagli esordi improntati a una liricità espressionistica dove (La biondina, oppure due versioni di Osteria, tutti di piccolo formato e datati tra il ’49 e il ’50) le figure umane sono appena sommariamente disegnate e inscritte entro vigorosi tratti neri che ne segnano i pesanti contorni: “Non sono uomini, quasi fantocci, pesantemente contornati in nero come i personaggi di Rouault, imprigionati nella loro chiusa tristezza.” (ibidem, p. 16).

Venne poi la stagione neorealista degli anni Cinquanta, che segnò un momento di straordinaria fioritura anche per l’arte di Artieri, divisa presto tra l’esplicito, militante schierarsi politicamente, com’è stato per esempio per le illustrazioni del ’55 per Il testament Coràn, una delle più intense poesie in friulano di Pasolini, o nell’Episodio della lotta di liberazione in Val Tramontina, sempre del ’55, e poi in altri dipinti di ispirazione narrativa, contemplazioni soprattutto di momenti corali d’incontro e di festa, quali Festa popolare in Friuli, del ’55, capolavoro nelle collezioni dei Musei provinciali di Gorizia, oppure Una canzone sulla collina (del ’57, collezione Macedonio). “Egli era giovane allora, e sicuramente ancora più ignorante e impreparato a riconoscere i segni di «una vistosa migrazione da destra a sinistra». Ma gli bastava sapere, per esempio, che Guttuso la sua migrazione l’aveva cominciata da molti anni ed in tempi difficili. Così Treccani, Pizzinato, Carlo Levi e gli altri che, con le loro tele esposte alla Biennale guastavano il buon umore delle autorità inauguranti” (ibidem, p. 10).

Quella neorealista è stata una grande fruttuosa stagione per la pittura, a livello sia nazionale che nel territorio friulano e giuliano, stagione che tuttavia declinò all’inizio degli anni Sessanta. Raccogliendo le suggestioni che provenivano da più parti, conducendo anche Altieri sul sentiero dell’informale, se pur non contrassegnato da una sua compiuta adesione alla corrente. Il tentare nuove tecniche espressive implicò senz’altro un progressivo temporaneo abbandono dell’ispirazione narrativa a vantaggio di quella lirica, e del disegno a favore di un’esaltazione del ruolo del colore, esplicitamente richiamato nell’intitolazione della mostra, “Il colore appassionato”, che trova modo, nella libertà espressiva ritrovata, di articolarsi in sue squillanti e dinamiche estensioni tonali di rosa, di blu, di violetto. E di verdi, soprattutto, esplicito riferimento a una contemplazione paesaggistica di colline e campi, che trova modo di distendersi in una pluralità di declinazioni del medesimo soggetto (Casa in collina, o Sulla collina, oppure Nel parco di una villa veneta, una serie di dipinti col medesimo titolo, che rappresentano una personale interpretazione dell’area verde del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia o di uno scorcio del giardino di famiglia).

Questa particolarità dei soggetti ritornanti è una caratteristica del lavoro di Altieri, e l’antologica goriziana ne esibisce alcuni, dove quasi sempre non si tratta di ripetizioni, ma invece di rivisitazioni del tema, che viene rielaborato per approfondimento. È il caso di alcuni dipinti che attraversano talvolta in un percorso semi-sotterraneo di tipo carsico lunghi periodi nella produzione del Maestro di Capriva, com’è ad esempio il caso della Lotta di Centauri e Lapiti. Il soggetto è ricorrente nella storia dell’arte – a partire dal fregio sul tempio di Zeus a Olimpia – ispirato da una leggenda ripresa da Ovidio nelle Metamorfosi, di cui a Palazzo Attems è presente una versione che riecheggia proprio il bassorilievo di Olimpia con figure quasi astratte in quanto corrose dal tempo, opera del 1966, ma anche una recentissima tempera su tela finita praticamente alla vigilia dell’inaugurazione della mostra e collocata nell’atrio del palazzo.

Sono diversi i lavori che rimbalzano più volte nell’evoluzione della creazione artistica di Altieri: con particolare periodicità, ad esempio, sono presentati gli amanti di Come una musica distante, un tema più volte ripreso e lasciato, in trasparente assonanza con l’identificazione, che abbiamo riportata in esergo, della pittura come “musica silenziosa”. Vale la pena di ricordare, come illustrato tra l’altro dal bel documentario Sergio Altieri: la strada dei pittori, diretto da Luigi Vitali che viene proiettato al salone del primo piano, che l’artista lavora nel suo studio di Capriva ascoltando, con competente interesse, la musica che seleziona da una sua non esigua raccolta di CD; anche questo dettaglio, all’apparenza del tutto secondario, testimonia della cultura che è sottesa al suo lavoro d’artista, nel quale sono ricorrenti riferimenti storici e letterari (si pensi anche soltanto alle Confessioni di Nievo, così ricorrentemente presente nei suoi ritratti di Carlino Altoviti e della Pisana e nelle architetture immaginarie del Castello di Fratta o di quelle più realistiche del Castello di Colloredo).

Difficilmente settant’anni di pittura possono essere compresi nello spazio pure generoso di un articolo, ma mi sia consentito di aggiungere almeno due parole sul grande impatto emotivo del visitatore davanti all’opera di la pittura come “musica silenziosa”, dagli esordi al neorealismo, dall’astrazione all’elegia delle sue colline, dalle icone delle bambine e persino nell’evocazione delle sue architetture, alle sue vedute veneziane dove sempre appare un gondoliere, una figura umana che, sia pure ridotta nelle dimensioni, sempre conquista il centro della scena. Perché è sempre l’Uomo il centro dell’interesse di Altieri, che distilla in ogni suo agire poetico un umanesimo partecipe, vivo e palpitante.

Una pittura colta e raffinata, anche, che non esita a franare nella commozione com’è nel caso del Puer Johannes, una Pietà sommessa e straziante per un’iscrizione funeraria riportata sulla tela che effigia il bambino immaginato nell’intenerito stupore dell’età: HIC REQUIESCIT PUER IOHANN QUI VIXIT ANN. IIII MEN II. DEPOSITUS DIE XIII KAL. AUG IN PA.