Leonardo a Gradisca 2/2

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di Alessandro Rocco

 

Dopo la complessa ma indispensabile premessa, pubblicata sul numero precedente del Ponte rosso, che è servita a delineare lo scacchiere in cui si muoverà Leonardo da Vinci, vediamo lo svolgersi degli eventi del conflitto tra Ludovico il Moro e Luigi XII di Francia.

Puntualissimi all’appuntamento, i Turchi rispondono alla sollecitazione del Duca e allo scadere della tregua ventennale con Venezia, tra la fine di settembre e i primi di ottobre del 1499, la cavalleria al comando di Iskanderbeg Michaloghli, un rinnegato bosniaco che già si era distinto nelle precedenti scorrerie, compie una sanguinosissima incursione in Friuli che causa più di 10.000 vittime tra morti e prigionieri nella popolazione civile e la distruzione di trecento villaggi. Il sistema difensivo veneziano incentrato sulla piazzaforte di Gradisca si dimostra totalmente inadeguato ad arrestare la cavalleria turca, che aggira semplicemente la fortezza senza impegnarsi in un assedio, mentre in Friuli Venezia non dispone di truppe di terra sufficienti ad impegnare gli invasori in campo aperto.

Lasciamo Venezia a leccarsi le ferite e vediamo cosa sta contemporaneamente succedendo a occidente.

Luigi XII rompe gli indugi e scende in Italia mentre Ludovico il Moro si trova ancora a Graz per discutere dell’alleanza con Massimiliano. Il 6 ottobre 1499 le truppe francesi entrano trionfalmente a Milano. Al Duca Ludovico non rimane che rientrare in tutta fretta in Lombardia per preparare la riscossa. Leonardo, rimasto privo del datore di lavoro dopo la perdita del suo mecenate, si ferma a Milano qualche tempo in attesa degli eventi. Assiste così, impotente, alla distruzione del gigantesco modello in creta del suo monumento equestre a Francesco Sforza da parte dei balestrieri francesi, che lo usano come bersaglio per le loro frecce.

Alla fine, nel dicembre 1499, assieme all’amico matematico Luca Pacioli, Leonardo ritiene più prudente lasciare la città per rifugiarsi alla corte di Isabella d’Este a Mantova. I due si fermano nella città per pochi giorni, e prima di lasciarla Leonardo disegna un cartone preparatorio per un futuro ritratto per Isabella, che non completerà mai.

Su suggerimento di Pacioli nei primi giorni di gennaio del 1500 i due si dirigono a Venezia, dove il matematico spera di dare alle stampe un suo trattato, il De divina proportione che Leonardo aveva contribuito a illustrare con i suoi disegni. Si sa per certo che Leonardo ha soggiornato a Venezia per circa quattro mesi, ma la documentazione è alquanto lacunosa perché non esistono prove documentali certe del suo soggiorno veneziano, per quanto vi siano accenni ed indizi indiretti ben documentati che confermino il dato.

Ancora più fitta è la nebbia sulla presenza di Leonardo a Gradisca: non ci sono, infatti, documenti che lo provino con certezza.

Anche qui ci sono, però, indizi consistenti, e Leonardo stesso nei scritti accenna alla sua presenza in Friuli:. Nel foglio 638 V del Codice Atlantico, noto come Memorandum Ligny, ci sono due abbozzi di lettere al Senato veneziano. Una riguarda le informazioni ricavate dagli abitanti in merito alle incursioni dei Turchi e alle caratteristiche idrografiche dell’Isonzo, in base alle quali egli giudica poco praticabile la possibilità di costruire fortificazioni lungo le sponde del fiume. Leonardo scrive: “Illustrissimi signori, avendo io esaminato la qualità del fiume l’Isonzio e dai paesani inteso come da qualunque parte di terraferma i Turchi provengano a le porte de la Italia, al fine conviene che capitino al detto fiume. Onde per questo ho giudicato che ancora che supra esso fiume ripari far non si possono che al fine non sieno ruinati o disfatti dalle sue inondazioni…che rappresenta un sicuro indizio di un’ispezione condotta sui luoghi di persona. Un appunto successivo fa intuire che Leonardo avrebbe proposto un sistema per il trasporto delle artiglierie: “Bombarde da Lion a Vinegia col modo ch’io detti a Gradisca in Frigoli e in Ovinhie” . (in Friuli e a Udine). Infine, nello stesso codice si trova un disegno che riporta il corso dell’Isonzo e del Vipacco accompagnato dall’appunto Il ponte di Gorizia et Vilpagoche solo chi ha personalmente conosciuto quei luoghi può aver concepito.

Il 13 marzo 1500 il Senato Veneziano delibera di inviare in Friuli una delegazione guidata dal comandante delle truppe Gian Paolo Manfron, per studiare il miglioramento delle difese in previsione di un nuovo attacco dei Turchi. Al seguito della delegazione vi è un ingegnere militare, un certo Barozzi, delle cui capacità Pietro Moro, il Patron dell’Arsenale, non è molto convinto. Il Senato delibera perciò di affiancarlo a un abile ingegnere militate da poco giunto a Venezia. Si tratta di Leonardo? Nessun documento lo prova, ma alla luce del memorandum di Ligny l’ipotesi è molto suggestiva.

La tradizionale via di accesso dei Turchi alla pianura è da est, lungo la valle del Vipacco. Rispetto ai Veneziani, arroccati in un sistema difensivo statico incentrato su una fortezza (Gradisca) e sue le fortificazioni satelliti, il vantaggio strategico dei Turchi è la mobilità e la rapidità di azione: con la loro cavalleria possono permettersi di aggirare le opere fortificate per dilagare in pianura e dedicarsi ai piccoli villaggi indifesi, contando sul fatto che Venezia non ha mai avuto una efficiente cavalleria di stanza a Gradisca, e che la mobilitazione di un grosso esercito richiede molto tempo, decisamente superiore alla decina di giorni che rappresenta la durata massima di queste incursioni. Il problema per Venezia resta quindi quello di impedire alla cavalleria turca di aprirsi a ventaglio, una volta superata la soglia di Gorizia. L’ultimo ostacolo naturale prima della pianura è rappresentato dal corso dell’Isonzo, e Leonardo si rende immediatamente conto della necessità di utilizzarlo come baluardo. Scarta subito l’ipotesi di piantare sulle sponde una selva di pali acuminati a protezione di un sistema di trincee. Lo stratagemma era già stato usato senza successo una ventina d’anni prima (nel 1477), ma i genieri turchi avevano abbattuto indisturbati tutti gli ostacoli in una sola notte, e la cavalleria era passata praticamente senza combattere, vista l’esiguità delle truppe veneziane schierate a difesa di un fronte così lungo. Anche ora, nel marzo del 1500, il problema della scarsità di soldati rendeva impossibile il controllo delle opere di difesa su un fronte altrettanto vasto e, in caso di sfondamento, il contenimento della massa degli invasori.

Leonardo allora concepisce una innovazione straordinaria: bloccare l’accesso alla pianura con un gigantesco muro d’acqua. Progetta così l’edificazione di una diga munita di chiuse mobili (serragli mobili) da chiudersi solo in caso di necessità, e da impiantare poco più a valle della confluenza del Vipacco nell’Isonzo. Nelle intenzioni di Leonardo si tratta di edificare un’opera e veramente gigantesca: il manufatto prevede al centro un tratto della lunghezza di circa duecento metri che si eleva per circa diciotto metri sul livello medio del fiume. Ai due lati la diga, prolungandosi per complessivi ed ulteriori ottocento metri, si appoggia ai rilevi che serrano la valle mantenendo una altezza media di circa dieci metri.

Lo sbarramento, dello sviluppo complessivo di un chilometro, avrebbe dato origine a un lago a forma di semiluna con la concavità rivolta ad est, il cui corno superiore avrebbe risalito l’Isonzo per circa cinque chilometri, mentre l’altro corno avrebbe risalito il Vipacco per altri quattro, fino all’altezza del villaggio di Merna. L’invaso avrebbe così formato una barriera liquida in grado di ostacolare l’avanzata dei turchi in modo ben più efficace di una trincea irta di pali acuminati, e senza la necessità di impegnare truppe a presidiarlo. In più l’acqua, infiltrandosi per lungo tratto nel terreno circostante lo avrebbe reso acquitrinoso e pesante, limitando ulteriormente la libertà di movimento della cavalleria. Il disegno complessivo prevedeva la costruzione di una seconda diga sul Vipacco più a monte di Merna. Approfittando della favorevole situazione orografica questa seconda diga sarebbe stata molto più piccola (circa quindici metri di altezza per ottanta di lunghezza), ma avrebbe dato origine a un altro lago lungo circa sei chilometri che sarebbe arrivato fino a Prvacina, In questo modo la porta d’accesso alla pianura friulana sarebbe stata enormemente ristretta e spostata più a nord a ridosso di Gorizia, mentre sarebbe stata praticamente preclusa a sud, stretta com’era tra i due laghi sul Vipacco e i rilievi montuosi delle pendici del Carso.

Il progetto era grandioso, ma è veramente esistito in questi termini? Fino ad ora nulla lo prova, però Leonardo, alla luce della sua lunga e comprovata esperienza in fatto di ingegneria idraulica, aveva la fantasia e le capacità tecniche necessarie per concepire un’opera di quel genere. Non dobbiamo dimenticare durante i suoi anni milanesi aveva progettato il canale navigabile collegato con il Po mediante un sistema di conche regolate da un sistema innovativo di chiuse (i serragli mobili) che permettevano di superare il dislivello esistente e raccordarlo con il sistema dei navigli all’interno della città. (La Chiusa della Conca Grande del Naviglio progettata da Leonardo è ancora esistente). Un’ulteriore conferma che Leonardo potrebbe realmente aver progettato il sistema di opere appena illustrato è dato dal foglio 822 del Codice Atlantico, datato 1508 e in cui si legge un suo appunto “…facciasi il serraglio mobile c’io ordinai in Frigholi…(cioè Friuli) corredato dal disegno di una lunga diga munita di chiuse mobili molto simili a quelle che aveva già progettato per la Conca Grande.

Il fatto di restringere la porta di accesso alla pianura e di spostarla più a ridosso di Gorizia, presupponeva che Venezia si garantisse l’alleanza dei Goriziani. E a Gorizia il dominus della situazione era il Capitano di Città Virgil Von Graben. Come accennato prima, l’Imperatore Massimiliano d’Asburgo non aspettava altro che il decesso ormai prossimo del Conte Leonardo, e aveva già contattato Von Graben per garantirsi un facile ingresso nella Contea di Gorizia promettendogli posti di rilevo nell’amministrazione imperiale. L’astuto von Graben cominciò allora a praticare la politica dei due forni, e si mise contemporaneamente a trattare con il Senato veneziano, che avanzò l’iniziale proposta di un compenso di 30.000 ducati d’oro e l’iscrizione nel Libro dei Patrizi Veneziani. In pratica, l’ambiguo figuro giocava a fare l’indeciso allo scopo alzare il prezzo per il miglior offerente, e possiamo solo immaginare quanto Leonardo possa aver caldeggiato presso le autorità della Repubblica la conclusione di un positivo accordo con il Capitano di Gorizia. Infatti, nel disegno strategico di Leonardo, la città rappresentava una pedina insostituibile per il blocco dell’accesso alla pianura: qui c’era l’unico ponte sull’Isonzo, reso invalicabile grazie al Torrione edificato proprio da Von Graben e terminato da pochissimi anni, nel 1496, da cui si dominava il corso inferiore del fiume a valle della città. In più, il guado dell’Isonzo in prossimità di Gorizia era molto disagevole a causa della profondità e della rapidità delle acque, e si trovava sotto il tiro della artiglierie del Torrione e del Castello. Qualora la cavalleria Turca, anche con forti perdite, fosse comunque risuscita a guadare il fiume, avrebbe avuto come unico accesso alla pianura friulana la stretta fascia di terra pianeggiante chiusa da un lato dal lago dell’Isonzo e dall’alto dalle alture di Farra e del Col Fortin, già fortificate dai Veneziani, alla fine della quale c’era la fortezza di Gradisca con i suoi cannoni.

Inoltre, avere von Graben dalla loro parte avrebbe portato ai Veneziani un duplice vantaggio: nell’immediato in funzione anti turca, per evitare l’ennesima scorreria nella Patria; e in un futuro più o meno prossimo in funzione anti Asburgica, per contrastare le mire dell’Imperatore Massimiliano sulle terre di una Contea che la Repubblica considerava appartenere alla propria esclusiva sfera di influenza..

Com’è facilmente intuibile si trattava di una complessa strategia molto articolata e soprattutto molto costosa. Venezia esitò metterla in pratica sia a causa delle enormi difficoltà tecniche e dei lunghi tempi di attuazione, sia a causa dei costi esorbitanti, che le casse della Repubblica non sarebbero mai state in grado di sostenere.

In ogni caso, a decidere per Venezia fu la Storia, i cui eventi presero tutt’altra direzione.

I 13 di aprile del 1500, infatti, Ludovico il Moro fu definitivamente sconfitto nella battaglia di Novara, perse Ducato e libertà e si avviò verso la prigionia in Francia chiuso in un gabbione di ferro.

L’uscita di scena dello Sforza convinse i suoi alleati Turchi, ampiamente soddisfatti del recente bottino, che una nuova azione contro Venezia non fosse più così urgente. La tensione al confine orientale si sgonfiò, e nulla più fu dato di sapere dei particolari attuativi del progetto di Leonardo, che nel frattempo aveva già lasciato Gradisca per trasferirsi a Firenze.

Negli stessi giorni (il 12 aprile del 1500) l’altro protagonista dello scacchiere orientale, il conte Leonardo di Gorizia, morì nel suo castello di Bruck in Tirolo.

Von Graben, dopo l’ultimo colloquio con il conte morente cui rinnovò giuramento di fedeltà, prese definitivo partito a favore degli Asburgo, che occuparono Gorizia e la Contea senza colpo ferire nella primavera del 1500.

L’antica fedeltà postuma al conte, e quella recentissima agli Asburgo, furono molto ben premiate perché Von Graben terminò la sua carriera con il più remunerativo incarico di Governatore della città di Lienz, dove mori nel 1507.

La Repubblica di San Marco si ritrovò così a confinare con l’ingombrante vicino asburgico, e dopo un’effimera occupazione di Gorizia nel 1508, i Veneziani dovettero restituire la Contea a Massimiliano I dopo la sconfitta di Agnadello nel 1509, per poi perdere definitivamente anche Gradisca a favore degli Austriaci un secolo dopo, durante la guerra gradiscana del 1615-1617.

Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

 

Dida fig. 3:

 

Possibile localizzazione dei due laghi artificiali

progettati da Leonardo in funzione anti turca