La pittrice e il poeta: due anni di “amour fou”

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Franca Luccardi e Pier Antonio Quarantotti Gambini

di Roberto Curci

 

“Saperti donna

e vederti bambina”

Pier Antonio Quarantotti Gambini

Racconto d’amore

 

Di lei, al Civico Museo Revoltella di Trieste (la sua città) è conservato un solo quadro, un intrigante olio su tela: Palazzo per la laguna, del 1954. Nel catalogo generale del Museo (1970) la breve scheda dedicatale da Sergio Molesi dice: “Autodidatta, ha esposto a mostre regionali e nazionali, venendo anche premiata. Da una maniera caratterizzata dalla presenza di elementi di natura trasfigurati fantasticamente, l’autrice è pervenuta ad un raffinato gusto astratto di lontana ascendenza art-nouveau, non esente da influenze surreali”.

Si chiamava Franca Luccardi, l’”autrice”, ed era nata il 28 ottobre del 1932. Di lei dovremmo qui parlare in quanto pittrice: del suo approccio all’arte, della sua formazione, delle sue opere superstiti. Invece optiamo per un’altra via: quella del fascino straordinario o, meglio, dell’infatuazione collettiva che questa giovane donna esercitò negli anni ’50 in un certo ambiente cultural-artistico triestino (“bellissima, bellissima” dicono ancor oggi tutti. Tutti i superstiti, s’intende).

Figlia di un alto dirigente del Lloyd Triestino, Franca – nata sotto il segno dello Scorpione, carattere ostinato e indipendente – lascia appena può la bella casa di via Murat 14 e va a vivere da sola (e a dipingere) in una soffitta di via Giulia; anche perché detesta la madre, repressiva, tanto quanto vuol bene al padre, del quale (pur nella sua ansia di solitudine e autonomia) cercherà presto dei surrogati, dei cloni: uomini più anziani di lei, solidi, protettivi. Ha un forte legame con Marcello Mascherini, al quale fa da modella per una serie di sculture dei primi anni ’50, oggi sparse in diversi musei. Ha una relazione con un importante dirigente industriale, un uomo pubblico, di vent’anni più vecchio di lei.

Poi, però, arriva il grande amore. Anno 1958: ventisei anni lei, quarantotto lui. “Lui” è Pier Antonio Quarantotti Gambini, che ha conosciuto Franca quando era una bimbetta di nove anni, e la ritrova giovane donna “lunare e abbagliante”, con “occhi di genziana” svarianti dall’azzurro al viola. In una frase dello scrittore c’è tutta la sua meraviglia dinanzi a questa agnizione: “Saperti donna / e vederti bambina”.

Deflagra insomma, inatteso, imprevedibile, quello che s’usa definire un “amour fou”: destinato a bruciare con repentina intensità ma a consumarsi in un assai breve arco di tempo, due anni suppergiù. Un amore travolgente, legato al mare di Trieste e al Carso, alle piccole osterie in cui i due innamorati si rifugiano e si rifocillano. Un trasporto sentimentale che li porta vicinissimi al matrimonio: al quale non si arriverà per una certa irresolutezza dello scrittore (“ingenuo e maldestro nella gestione delle passioni” l’avrebbe definito uno che lo conosceva bene, Tullio Kezich), per l’opposizione del padre di lei e – infine – per la necessità proprio del padre di trasferirsi per lavoro a Genova. è il 1960, e tra lo scrittore e la pittrice si consuma un distacco fisico che risulterà fatale.

Ma Pier Antonio non si rassegna, anzi si va risolvendo a chiedere comunque Franca in moglie. Sennonché, a Genova, lei conosce un brillante giovane, grafico e illustratore pubblicitario. Se ne invaghisce e nel ’61 finirà per sposarlo, andando a vivere a Milano. Qui Franca continuerà a dipingere, ma con sempre minor costanza. Vivrà fino ai settant’anni, mancando nel 2002. Due mesi dopo la seguirà il marito: morto di dolore, sosterrà qualcuno.

E lo scrittore de L’onda dell’incrociatore, de La rosa rossa, de La calda vita? Ripercorrerà in versi la sua passione, riscoprendosi poeta come agli esordi letterari, e affiderà i frammenti di quei due anni d’amore a un librino, Racconto d’amore, che Mondadori pubblicherà nel settembre del 1965: purtroppo a cinque mesi dalla scomparsa di Pier Antonio, stroncato da un infarto a soli 55 anni. Morto pure lui di dolore?

Assai singolare è questa testimonianza, scritta a cuore aperto, di un grande amore vissuto e patito. Assai singolare è anche il fatto che i versi siano preceduti da una prefazione di pugno dell’autore stesso, indirizzata a Umberto Saba, peraltro trapassato già otto anni prima. “Nessuno – scrive Quarantotti Gambini al poeta defunto – può sentire meglio di lei quanta poesia ci sia stata in questa vicenda d’amore, che mi colse all’età giusta, proprio perché quando la vissi – assieme a un’incantevole creatura giovane – non avevo né venti né trent’anni, ma molti, molti di più”.

Forse, più che un resoconto di due anni di ardente passione, le poesie di Racconto d’amore erano una sorta di messaggio in bottiglia, lanciato in mare nel tentativo di parlare ancora a colei che era stata l’interlocutrice di due anni non dimenticabili. Messaggio che tuttavia non fu raccolto. E che comunque giunse fuori tempo massimo.