Sognare la Politkovskaja

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Il romanzo è scritto in prima persona dalla stessa Anna, come fosse un suo libro di memorie, e alla fine di ogni capitolo c’è una specie di morale: Che cosa ho imparato

di Anna Calonico

 

Se cercate un bel libro da regalare a un’adolescente un po’ fuori dalle righe, una ragazzina più cresciuta delle sue coetanee, allora vi consiglio Il sogno di Anna, scritto da Lucia Tilde Ingrosso, giornalista milanese autrice della serie mistery dell’ispettore Rizzo, una serie che per ora conta cinque romanzi noir editi sempre da Feltrinelli.

Quello che si dice un buon libro: leggero, ma non troppo, perché non parla soltanto di quando la protagonista, Anna, una ragazzina di quindici anni alle prese con le traduzioni di greco e qualche difficoltà in matematica, incontra un figo misterioso che quasi le spacca la testa con una bottiglia.

Ma poi le chiede scusa, ed è così mortificato da invitarla a mangiare una pizza.

È fatta, Anna già non pensa ad altro che a lui… e al corso di giornalismo, ovvio, perché Anna ha un grande sogno: diventare giornalista. Così, trovato l’annuncio di un corso tenuto da un tale che lavorava per il Corriere, Anna si iscrive, e Markus, l’insegnante, quando consegna i compiti da portare avanti per tutte le lezioni, affida ad ogni partecipante una busta con dentro il nome di un giornalista famoso da studiare. Alla fine del corso, vincerà la tesina migliore, e ad Anna capita la sua omonima russa, Anna Politkovskaja. Non a caso, il libro è uscito proprio per il decimo anniversario della morte della giornalista, uccisa sul pianerottolo di casa mentre rientrava dal supermercato.

Per questo dico che si tratta di un libro adatto a ragazze con la testa sulle spalle: Anna, la ragazzina, viene letteralmente ossessionata dalla sua omonima, legge tutto quello che trova, piange davanti all’albero piantato in sua memoria nel Giardino dei Giusti (il romanzo è ambientato in una concretissima Milano: anche un turista casuale può riconoscere i luoghi della vicenda), si iscrive ad AnnaViva, l’associazione che tenta di portare avanti, in suo nome, il diritto di parola nel mondo; e si lega ancora di più a Ketan, il ragazzo della bottiglia, perché lui la ascolta mentre lei gli parla della Politkovskaja, e perché lui adora e ammira Gandhi come lei adora e ammira la giornalista.

Altro personaggio fondamentale è Bea, la sua migliore amica che invece sogna di fare la cantante e, udite udite, viene ammessa ad un talent show! Le carriere delle due compagne di classe corrono quindi in parallelo, e non vi svelo chi delle due avrà più successo.

Anna comunque studia con passione, si impegna, impara, soffre con l’altra Anna e con il popolo ceceno, Anna si innamora di Ketan, lo difende contro i suoi genitori e contro il vicinato (Quando pensavi di dire a me e a tuo padre che esci con un teppista ventenne di colore?), impara a capire le persone, a perdonarle; Anna cresce.

Il romanzo è scritto in prima persona dalla stessa Anna, come fosse un suo libro di memorie, e alla fine di ogni capitolo c’è una specie di morale, Che cosa ho imparato. Ogni volta, la protagonista scrive gli insegnamenti del corso del giornalismo, ma anche della vita, dell’amicizia, del lavorare in gruppo, dell’amore. E sono insegnamenti importanti e leggeri, quelli giusti per un’adolescente che studia ma anche fa esperienze adatte alla sua età, si arrabbia, gioisce, rimane delusa, gioisce di nuovo: Che cosa ho imparato. Niente. Ero troppo impegnata a vivere.

E brava Anna, che riesce a dare il giusto tocco di delicatezza ad un romanzo intenso di sentimenti e zeppo di sensibilità verso la sorte della giornalista e dei popoli oppressi.

Gli ingredienti fondamentali per far sì che il libro sia apprezzato da un pubblico giovane ci sono tutti: la protagonista è una normale quindicenne, la storia è aderente alla realtà (solo con un pizzico di fortuna in più, rispetto alla norma), l’amica del cuore è un po’ troppo egocentrica e parla sempre di se stessa, il ragazzo dei sogni non è così perfetto da non avere nemmeno un’ombra, e il sogno da realizzare costa soldi e fatica. Ma l’identificazione con Anna da parte di una ragazzina qualsiasi è abbastanza facile: non è particolarmente ricca, non vive storie al limite del possibile. Padre semidisoccupato, in passato autore di una fortunata serie a fumetti, ora caduto nel dimenticatoio editoriale, madre in carriera e quasi inesistente se non la sera, per dare ordini; qualche seccatura a scuola, dato che predilige le lettere ai numeri, una migliore amica con cui è cresciuta fin dall’asilo ma che è piuttosto differente da lei, il desiderio di trovare un ragazzo, un sogno nel cassetto.

Inoltre, si parla dell’amore, ingrediente fondamentale e insostituibile in una storia adolescenziale, e Ketan è misterioso ma dolce, premuroso, presente, comprensivo… Il tema dell’amicizia, poi, non è fine a se stesso: verso il termine della storia, Anna si troverà a compiere una scelta difficilissima tra Bea e il suo sogno. Dovrà scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato, dovrà capire fino a dove devono spingersi l’amore per la verità e il senso della notizia. Oltre che il dovere, perché la parola data a Markus e al suo primo datore di lavoro contano molto, contano quanto l’amicizia con Bea, e identificarsi con la Politkovskaja potrebbe non essere sempre la soluzione migliore. Anna è una ragazza sensibile ed intelligente, e molte pagine sono dedicate ai suoi sentimenti mentre legge gli articoli sulla Cecenia e mentre comprende, pian piano, con il cuore che si stringe e un groppo in gola, la situazione di molte persone nel mondo. Si rende conto di essere felice, che i suoi normali problemi quotidiani, in fondo, non sono nulla rispetto a chi vive nel pericolo e non ha nemmeno la parvenza di un’esistenza normale, tanto da non potersi nemmeno lavare i denti.

Inoltre, viene spesso messa in luce la giovane età della protagonista: non dimentichiamo che avere solo quindici anni in un mondo adulto equivale ad un grosso problema. Come si fa ad essere presi sul serio a quindici anni? Come si può farsi ascoltare in una realtà più grande? Come si vince contro gli adulti? Forse con la serietà e l’impegno, forse documentandosi, forse passando da un contatto all’altro, con piccoli passi, ingoiando amaro, accettando critiche e giudizi superficiali ma non perdendo l’occasione per dimostrare il proprio valore.

Penso a quante ragazze avranno letto questo libro, e mi chiedo quante di loro saranno andate su Wikipedia (almeno) a cercare due parole, Anna Politkovskaja. Mi chiedo quante di loro saranno poi andate in biblioteca, o in libreria, a cercare uno dei suoi libri (ottima la bibliografia a fine romanzo!), o quante avranno digitato il nome su YouTube per sentire i suoi discorsi. Credo che la risposta non sia “zero”, perché la narrazione coinvolge, è semplice e appassionante allo stesso tempo, in qualche modo è energizzante: leggere questa storia mette addosso l’entusiasmo giusto per rimboccarsi le maniche e impegnarsi a realizzare i propri sogni. E credo sia anche un ottimo espediente per attirare l’attenzione su un personaggio ancora troppo poco conosciuto ma meritevole di stima e di studio.

Una lettura per ragazzi, certo, ma, come spesso succede, il mondo giovanile ha molto da insegnare anche agli adulti, e se qualche mamma decidesse di comprare Il sogno di Anna per fare un regalo alla figlia, credo che dovrebbe, non di nascosto, leggerlo anche lei: potrebbe imparare che i quindicenni non sono sempre da sgridare, potrebbe ricordare che a quell’età si ha una sensibilità enorme, aperta al mondo e confusa da tante realtà differenti, potrebbe persino scoprire che col tempo è stata smarrita la chiave di quel cassetto che in gioventù sembrava fatto d’oro. Grandi e meno grandi comprenderanno che impegno e costanza sono ingredienti fondamentali nella riuscita dei sogni e della felicità, e forse scopriranno anche un paio di cosette in più sul dramma di un popolo schiacciato.