La polvere dei sogni

| | |

di Stefano Crisafulli

 

«Le storie sono polvere», dice la voce narrante di Silvio Orlando in un ruolo per lui quanto mai inedito e incorporeo. Come quelle, allo stesso tempo illusionistiche e potenti, raccontate dal cinematografo sin dai suoi esordi. Come la polvere che vediamo volteggiare all’inizio e alla fine del film Dopo mezzanotte di Davide Ferrario. Uscito nel 2004 e ambientato a Torino, in modo particolare all’interno della Mole Antonelliana, nel Museo Nazionale del Cinema, il film di Ferrario sembra piccolo e lieve, ma, senza mai forzare i tempi, lascia parecchie suggestioni allo spettatore. Gioca, ad esempio, con la storia del cinema, utilizzando spezzoni di documentari e di comiche d’epoca (soprattutto di Buster Keaton) provenienti dagli archivi del Museo ideato da Maria Adriana Prolo, e mettendo in campo il classico escamotage del film nel film, visto che il protagonista, Martino (un Giorgio Pasotti perfettamente ‘busterkeatonizzato’), guardiano del Museo, è più impegnato a filmare la realtà con una vecchia cinepresa a manovella che a dare una vera svolta alla sua vita. E gioca anche con la matematica, grazie alla sequenza di numeri di Fibonacci che svetta in cima alla Mole sotto forma di opera d’arte luminosa firmata da Mario Merz nel 2000 dal titolo Il volo dei numeri: in fondo la sequenza stessa, determinata dal fatto che ogni numero è la somma dei due precedenti, diviene un modo per far emergere un ordine nell’universo caotico degli eventi, così come succede nel cinema (infatti spesso si dice: «È solo un film, non è come nella vita»). Ma in entrambi i casi tale ordine è illusorio.

Martino cerca di salvaguardarsi dal caos dei rapporti umani rifugiandosi proprio nel mondo circoscritto e sicuro delle immagini in movimento, ma sarà la realtà ad entrare prepotentemente nel suo esilio volontario. Una notte, infatti, Amanda (Francesca Inaudi), l’inserviente di un fast food di cui è segretamente innamorato, farà irruzione nella Mole per sfuggire alla polizia e ci resterà per qualche giorno, costringendo Martino a parlare con lei (sino ad allora preferiva stare in silenzio) e a prendere decisioni drastiche, sino a sfidare l’altro personaggio maschile del film, un ladro d’auto che si fa chiamare ‘l’Angelo’ (Fabio Troiano), anch’egli infatuato di Amanda. Dopo mezzanotte è un film dalla struttura circolare, il cui tragico e ironico-poetico epilogo, per ovvie ragioni, non verrà rivelato, ma che vuole essere sicuramente un doppio omaggio: alla città di Torino, che si svela non solo con la Mole Antonelliana e il suo Museo ma anche con la periferia della Falchera, e al cinema come macchina del desiderio che ha bisogno di un pubblico e di una sala. Non a caso la data di nascita del cinema è fatta risalire a quel 28 dicembre 1895 in cui i fratelli Lumière proiettarono il primo film della storia al Grand Cafè di Parigi. Senza il pubblico non ci sarebbe cinema e i succedanei solipsisti proposti dai nuovi colossi del web non fanno altro che confermare questo assunto. Ben vengano, dunque, i film come quello di Davide Ferrario, a ricordare le origini pionieristiche del cinema. E poi ci sono le storie intessute nei film, che, come abbiamo detto all’inizio, sono solo polvere. La polvere dei sogni.