La top ten 2018
Alan Viezzoli | cinema | Gennaio 2019 | Il Ponte rosso N° 41
Una classifica (plausibile e del tutto provvisoria)
di Alan Viezzoli
Il classico gioco di gennaio per chi si occupa di Cinema è guardare indietro all’anno appena terminato e stilare una classifica dei migliori film usciti in sala. Questa è la mia, con la speranza di fornire qualche consiglio per le visioni casalinghe dei prossimi mesi:
- L’isola dei cani di Wes Anderson: in una città del Giappone un’influenza canina costringe il sindaco a relegare tutti i cani su un’isola di spazzatura. Un bambino andrà su quell’isola a cercare il suo cane. Wes Anderson torna all’animazione con un film straordinario non solo visivamente ma anche dal punto di vista linguistico e dal punto di vista simbolico. Il film, infatti, è una grande metafora per parlare degli Stati Uniti di oggi – e questo per il regista rappresenta una radicale svolta. Con L’isola dei cani Wes Anderson dimostra come sia ancora in grado di dire qualcosa e si tenga ben distante dallo spauracchio di diventare la parodia di sé stesso.
- L’uomo che uccise Don Chisciotte di Terry Gilliam: un regista di pubblicità si trova a rivivere, nel ruolo di Sancio Pancia, le avventure di Don Chisciotte quando rivede l’attore che interpretava proprio quel personaggio in un suo film giovanile. Film atteso per più di vent’anni e vittima di innumerevoli vicissitudini. Terry Gilliam inserisce nel film tutte le sue disgrazie produttive per confezionare un prodotto estremamente personale in cui parlare del Cinema attraverso sé stesso e di sé stesso attraverso il Cinema.
- La ballata di Buster Scruggs di Joel e Ethan Coen: film a episodi costituito da sei storie a tema western, che spaziano nei generi dal musical, alla commedia. Ogni singola storia ha un finale tragico e anche il film nel suo andamento segue la stessa linea, per sottolineare il progressivo smarrimento della spensieratezza iniziale che lascia spazio alla lucida consapevolezza della perdita di quel “sogno americano” da sempre favoleggiato e forse mai esistito.
- Cold War di Paweł Pawlikowski: un musicologo si innamora di una sua allieva. Tra i due nascerà un amore che proseguirà lungo dodici anni. Girato interamente in bianco e nero, il film è un godimento per gli occhi: ogni singola inquadratura andrebbe studiata come se fosse una fotografia. Ogni scena è assolutamente necessaria nel contesto, il tutto per raccontare la situazione europea dopo la Seconda Guerra Mondiale, in piena Guerra Fredda. Infatti non è difficile leggere nella difficile unione dei due protagonisti il bisogno di unità di un’Europa che forse mai come allora era divisa.
5 Coco di Lee Unkrich: Miguel vuole diventare un chitarrista nonostante la sua famiglia detesti la musica. La notte del “Dia de Muertos” Miguel finisce per sbaglio nel mondo dei morti e ha tempo fino all’alba per tornare a casa prima di trasformarsi in uno scheletro. Uscito il 28 dicembre 2017 ma a tutti gli effetti film del 2018, Coco tratta in modo stupendo – e adatto anche ai bambini – uno dei temi più difficili che ci siano, ovvero quello della morte.
- Il ragazzo più felice del mondo di Gipi: il fumettista Gipi scopre che da vent’anni in Italia c’è una persona che scrive agli autori di fumetti sostenendo di essere un bambino di 14 anni e chiedendo un piccolo disegno. Intenzionato a scoprire l’identità di questa persona, Gipi chiama una troupe documentaristica e comincia a girare. Il film che ne risulta però è un meta-documentario, un gioco di scatole cinesi in cui non si capisce dove finisce la realtà e inizia la finzione. Gipi gioca con lo spettatore mettendosi in gioco e non risparmiando caustiche frecciatine a Cinema e fumetti. Un film maturo in cui Gipi ha saputo far proprio il mezzo usandolo in modo originale per veicolare un messaggio profondo.
- Mektoub My Love: Canto uno di Abdellatif Kechiche: il giovane Amin passa le giornate con i familiari e gli amici che frequentano la piccola località balneare in cui sta passando le vacanze. Kechiche ci attira nella sua storia e ci fa essere lì, sullo schermo, con quei ragazzi: ce li rende amici, ce li fa vivere. Succede tanto nel film ma, al contempo, non succede niente. Succede la vita, ed è esattamente quella che noi vediamo. La vita, regolata dal destino (in arabo “mektoub”) di alcuni ventenni, che scorre e che si consuma su grande schermo.
- Ella & John di Paolo Virzì: Ella e John sono sposati da cinquant’anni e hanno gravi problemi di salute. All’insaputa dei figli decidono di prendere il camper di famiglia e di partire per un lungo viaggio. “Road-movie” di stampo classico in cui il film è composto dal viaggio e dagli incontri che i due protagonisti fanno sul loro percorso. Virzì è bravo a dosare questi momenti e dare una piacevole naturalezza e uniformità al tutto, con molta poesia e senza retorica.
- 1945 di Ferenc Török: agosto 1945, in un paesino ungherese arrivano due ebrei con due pesanti casse. Gli abitanti del villaggio temono che i due siano là per reclamare quello che è stato tolto loro dopo le deportazioni naziste. Praticamente un thriller in cui la sola presenza dei due ebrei nel paese sconvolge l’intera comunità. Un film magnifico, girato in bianco e nero, che mette il dito sul fatto che anche i cittadini “normali” hanno avuto una parte attiva in quella tragedia dell’umanità che è stata l’Olocausto. Non c’è retorica, non ci sono processi, non ci sono nazisti. È un film piccolo ma intenso.
- La terra dell’abbastanza di Damiano e Fabio D’Innocenzo: due ragazzi della periferia romana senza volere investono un informatore della Polizia braccato da un clan locale. Il padre di uno dei ragazzi, decide di sfruttare l’occasione ottenendo la possibilità di entrare nel clan. Opera prima folgorante con una serie di idee non banali che risultano estremamente interessanti. I movimenti di macchina di certe scene e la scrittura solida e mai banale sono ben studiati. Dal punto di vista attoriale, i due ragazzi sono eccezionali e Max Tortora recita in modo convincente il ruolo più drammatico della sua carriera.