Laggiù nel paese dei tropici

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Annamaria Ducaton è un’artista triestina nota soprattutto per la sua produzione figurativa, giocata con maestria su temi che coniugano l’eleganza del fraseggio cromatico e compositivo con un’immaginifica adesione a temi surreali, dipinti che hanno consolidato la sua notorietà anche a livello internazionale. La pittura, che pure è il suo campo d’azione più rilevante, non esaurisce tuttavia la sua fluente vena creativa che, nel tempo, si è anche esercitata su registri diversi, dalle arti applicate alla grafica pubblicitaria, alla ceramica, all’arredamento di interni, ma anche alla scrittura, di ispirazione poetica, saggistica e narrativa. A tale ultimo ambito va ad iscriversi il suo più recente libro, Tropico, forza e poesia, che tuttavia non esaurisce nel solo fatto letterario la sua funzione espressiva, perché ai dieci racconti che lo compongono si accompagnano altrettante opere figurative, realizzate a pastello – tecnica questa utilizzata per la prima volta dall’artista – che fanno del volume un autentico libro d’arte.

Le immagini così prodotte, in ideale aderenza alle tematiche, ma soprattutto al clima che si respira leggendo i racconti che compongono la raccolta, presentano, fin dalla copertina, un lussureggiante addensarsi di forme curvilinee che, alternando tinte squillanti a valori cromatici più sobri e composti, sembrano tutti citazioni da altre opere pittoriche della Ducaton, che nel caso delle illustrazioni che impreziosiscono il volume narrano con variopinta eloquenza tutto il calore e il fascino del paesaggio naturale, della luce e della cultura sudamericana e caraibica. Sono variazioni sul tema dell’orchidea, ma anche la rappresentazione succosa di frutti, enigmatica di uccelli, tutto un microcosmo tropicale che riaffiora con prepotente struggimento nella memoria dell’autrice che ha vissuto con intensità i soggiorni in quelle terre, non con atteggiamento da turista occasionale e distratto, ma con partecipazione attiva alla vita che si svolgeva attorno a lei, vissuta con profonda empatia che tra l’altro l’ha indotta ad operare in loco, eseguendo un murale di 20 metri quadrati nella cattedrale di Soledad, cittadina sulle rive dell’Orinoco nello Stato Anzoategüj in Venezuela.

Sono il frutto, sia i racconti che i dipinti che li illustrano nel volume del quale stiamo parlando, dei reiterati e prolungati soggiorni in Venezuela e in altre località caraibiche, delle esperienze vissute, ma anche delle fantasie che essi hanno suscitato e delle memorie che ad essi sono legate.

Il libro costituisce il rifacimento del precedente All’ombra del mango (Edizioni della Laguna, Monfalcone 1994) ed è impreziosito ulteriormente dalla riproposizione di una prefazione di Giorgio Voghera e da una conversazione con Annamaria Ducaton curata con garbo ed efficacia da Marina Silvestri.

L’agonia straziante di un pellicano sulla spiaggia, il suono di tamburi che evocano l’Africa in una località caraibica, un girotondo d’iguane attorno all’attonita visitatrice, l’incontro con un mago gigantesco, la caccia nella savana tra giaguari, sabbie mobili e galli cedroni, l’incontro con un medium in un evento spiritico notturno e pubblico, l’escursione in un piccolo aereo sull’isola Margarita «a due passi dal paradiso», lo stupore per una singolare processione di “morrocoy”, grandi tartarughe di terra ammaliate dalla musica di Mahler, l’avventura di un viaggio in macchina verso il confini tra Venezuela e Brasile, nei villaggi degli indios, il raccapriccio per un combattimento cruento di galli. Di tutto ciò narra la Ducaton, di un modo dall’altra parte del mondo che le è rimasto nell’anima e le ha offerto l’occasione, una volta di più, di narrarsi con le parole, con i colori e con i segni, con l’appassionata rievocazione della poesia che sa vedere in quanto le accade.