LUNATICO – Le arti nel frenocomio

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di Luca Bellocchi

 

All’alba del nuovo secolo Trieste aspettava ancora il nome del vincitore del concorso bandito per la progettazione del nuovo Frenocomio, tanto che, nel 1902, Lodovico Braidotti ricevette l’incarico direttamente dall’architetto Eugenio Geiriniger.

Il progetto prevedeva, quali nuovi criteri utili, il rispetto dei canoni di modernità e del sistema “porte aperte” che già caratterizzava la psichiatria in Austria e Germania. Ecco quindi che si vedrà trionfare, sotto il profilo delle scelte architettoniche e urbanistiche, il modello a padiglioni. Il sistema della cittadella era, tra l’altro, caro anche allo stesso Otto Wagner che, nel contempo, stava progettando la chiesa di St. Leopold am Steinhof nel manicomio di Vienna, di cui era anche consulente per l’assetto urbanistico.

Il frenocomio triestino, inaugurato il 4 novembre 1908, presenta una dignità architettonica individuata da Braidotti nella ripresa dello stile neotoscano che qualifica tanto gli edifici dell’amministrazione quanto quelli dei pazienti paganti, mentre il villaggio del lavoro e la chiesa sono caratterizzati da tetti in legno spioventi che richiamano l’architettura delle pievi di montagna e quella romanica, che si distingue per la presenza del protiro-portico.

A tutto ciò corrisponde un significativo impegno riguardante la decorazione d’interni ed esterni.

Per la decorazione ad affresco si scelse un maestro della pittura triestina quale all’epoca era considerato Eugenio Scomparini. Sul frontone della chiesa egli realizzò, ad affresco, la figura del Buon Pastore reso in posa ieratica e intento a rassicurare il gregge dei fedeli; completò inoltre i tondi con le Virtù Teologali, la Madonna con il Bambino, il San Giovannino e le figure intere dei Quattro Evangelisti, tutte ridipinte da Carlo Sbisà nel 1933 causa seri problemi di conservazione.

Per quanto riguarda la decorazione d’interni ed esterni dei singoli padiglioni, il Comune di Trieste si rivolse invece al pittore triestino di origini pordenonesi Napoleone Cozzi, noto per la sua rapidità d’esecuzione (fig.1). Cozzi portò a compimento i lavori in tempi sorprendentemente brevi, ricorrendo al linguaggio che lo contraddistinse, collocato tra un generico revival scompariniano e personali tendenze secessioniste.

Cozzi si rese protagonista, tra gli altri, anche degli interventi a motivi geometrici sulle travature in abete all’interno della chiesa e delle otto figure di Muse realizzate nel Teatro dell’Ospedale (fig.2), edificio progettato seguendo il sistema Melan, già usato dall’architetto Giorgio Zaninovich per il Ponte dei Draghi a Lubiana.

Le otto figure (ad oggi ne sopravvivono sette) rappresentavano le Muse (fig.3), eccezion fatta per Urania, la Musa dell’Astronomia, che venne omessa: presentate come finte statue su basamenti, vennero collocate entro riquadri e dipinte su sfondo blu acceso.

Stilisticamente vennero rese secondo un linguaggio scompariniano, pittore di cui Cozzi era allievo, e sono accompagnate da festoni d’alloro.

Da notare ancora la presenza, su alcuni edifici, quali il padiglione per la Necroscopia e l’edifico della Direzione (per il quale Braidotti si ispirò in maniera evidente all’Ospedale degli Innocenti di Filippo Brunelleschi), di terracotte artistiche commissionate alla Ditta Cantagalli di Firenze, in un generico gusto di riproposizione dello stile rinascimentale fiorentino che segue i modelli di Andrea e Luca della Robbia e che permea tutto il complesso. La ditta toscana aveva già stretto rapporti con alcuni scultori locali completando la fusione in bronzo di monumenti funebri siti nel cimiteo cattolico di Sant’Anna a Trieste, su tutti quello realizzato da Gianni Marin in onore di Giovanni Berlam, capostipite della nota stirpe di architetti triestini.

In ultima istanza, a vegliare quale nume tutelare dell’intero complesso, l’erma bronzea di Giorgio Galatti, completata da Attilio Selva, poi autore del Monumento a Guglielmo Oberdan, che restituisce il volto fiero dell’imprenditore e filantropo di origini greche accompagnandolo ad inginocchiate figure seminude di ispirazione michelangiolesca.