Maria Teresa, Landesmutter per l’Europa

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Una valutazione del suo operato a trecento anni dalla nascita

di Graziella Atzori

Il 18 maggio 2017, a Trieste, Fulvio Salimbeni, docente di Storia Contemporanea e delle Comunicazioni di massa nell’ateneo di Udine, ha tenuto una conferenza dedicata a Maria Teresa d’Austria, nell’ambito delle celebrazioni del trecentesimo genetliaco della sovrana. Ne è emerso un ritratto obiettivo, suffragato dai dati storici, in cui Maria Teresa risalta come statista di altissimo livello.

Non guerrafondaia (sotto questo aspetto molto lontana da Caterina di Russia), dato che le guerre da lei sostenute furono tutte a carattere difensivo e in quarant’anni di d’impero occupano un periodo di tempo limitato. Riguardo alla espulsione degli ebrei da Praga, nel 1745, attuato con regio decreto, in se stesso atto deprecabilissimo, non va considerato avulso dalla politica internazionale di allora, tanto gravida di futuro da riversare conseguenze fin nell’attuale situazione storico-politica. Se Maria Teresa non fosse diventata regina di Ungheria, quella porta d’Europa sarebbe stata il varco aperto alle mire espansioniste dell’impero turco, da sempre desideroso di conquiste su quel versante dello scacchiere politico occidentale. Allora gli ebrei, specie i banchieri, si opponevano al Sacro Romano Impero; la mossa teresiana non fu motivata da intenti persecutori verso una religione e un’etnia, ma da tutt’altre esigenze. Vorremmo tutti che lo Storia non fosse macchiata di sangue e costellata di immani sciagure.

A Trieste la sovrana, che non fu mai imperatrice sulla carta sebbene lo fosse di fatto, protesse in ogni modo la pluralità etnica e favorì la comunità ebraica: nel 1771 concesse le Patenti Sovrane agli ebrei, nelle quali venivano sancite libertà poi ampliate da suo figlio Giuseppe II. Quest’ultimo, con l’Editto di tolleranza del 1782, sulla scia della madre ammise la comunità ebraica alle più alte cariche della Borsa e ne favorì l’accesso alle professioni liberali.

Nella conferenza è stata sottolineata la preponderanza e la valorizzazione della cultura italiana alla corte di Vienna, dove l’italiano era parlato; Salimbeni ha rimarcato come la nostra fosse la lingua europea dell’intellighentia: non sono casuali a Vienna personaggi come Salieri, o l’importanza di Da Ponte privilegiato da Mozart, come a Milano non fu fortuita la presenza di un Beccaria e dei fratelli Verri, e pure del capodistriano Gian Rinaldo Carli, funzionario asburgico ma pure italiano. Di Beccaria non possiamo dimenticare il suo trattato Dei delitti e delle pene, pubblicato nel 1764 con piena libertà di divulgazione, nel quale viene sollevato un fondamentale principio giuridico sulla non liceità della tortura e della pena di morte, temi ancora caldi e tuttora irrisolti in gran parte del mondo e degli stati. A metà del Settecento il Granducato di Toscana fu il primo ad abolire la pena di morte in Europa.

Di rilevante importanza la riforma teresiana sulla divisione incruenta dei poteri giuridico, finanziario e amministrativo: vennero poste allora le basi degli stati moderni, senza lo spargimento di sangue e la mattanza della Rivoluzione francese, di cui viene occultata la crudeltà; della Rivoluzione francese esaltiamo i principi di libertà, uguaglianza e fraternità, dimenticando a volte che furono pagati ad altissimo prezzo in termini di vite umane.

Nell’impero vennero aboliti molti privilegi nobiliari e alleggerite le tasse ai contadini. Pur fervente cattolica, la sovrana limitò i privilegi ecclesiastici. Nacque il catasto, con il quale è possibile stabilire le giuste tassazioni in base alla proprietà immobiliare di ciascuno.

Indubbio merito di Maria Teresa fu quello di valorizzare le particolarità nazionali dei popoli. L’italiano era un collante europeo, i fermenti culturali di allora in Italia possono essere considerati prodromi del Risorgimento, non certo in senso politico ma come autocoscienza piena del sentimento di un popolo, tanto caro agli spiriti risorgimentali e fondamentale, poi, nel secolo successivo. Con il suo genio la grande statista ebbe la capacità di conciliare centralismo e particolarità nazionali in tanti ambiti della vita sociale e culturale. È questa l’Europa che oggi auspichiamo, un’entità sovranazionale in cui attuare l’unità nella diversità, domus europae, casa di ogni cittadino, con uguali diritti e opportunità, nello spirito delle tradizioni e dei grandi valori, quelli che il Sacro Romano Impero ha rappresentato per secoli, nostra eredità da ampliare, certamente migliorare, correggere, non da dimenticare. Chi non ha passato non ha futuro.

Nella conferenza Salimbeni ha enumerato riforme essenziali nell’ambito che comunemente chiamiamo civilization: dobbiamo alla sovrana, non illuminista ma illuminata, la prima grande riforma scolastica, con l’introduzione dell’istruzione di base obbligatoria per maschi e femmine senza discriminazione di genere, poi esportata nel resto d’Europa. Sua la riforma sanitaria, la campagna pro vaccino contro il vaiolo, sostenuta vaccinando innanzi tutto se stessa; suo l’obbligo rivolto ai medici e sancito per legge, di lavarsi le mani prima di assistere le partorienti nel travaglio. Anche questo semplice gesto contribuì a salvare migliaia di giovani donne che morivano di parto, causa infezione. Importantissima l’attenzione di Maria Teresa verso gli orfani ed i sofferenti. A Trieste progettò un ospedale per tutti, talmente capiente per quei tempi, da servire ad una popolazione tripla di quella della città settecentesca. Lungimiranza quindi su ogni fronte! Per tante ragioni Maria Teresa merita ancora l’appellativo che le venne attribuito: Landesmutter, Madre dei popoli e oggi antesignana del sogno europeo.

Dida:

Martin van Meytens

Maria Teresa d’Absburgo-Lorena

Olio su tela, 1759

Accademia delle Belle Arti

Vienna

 

Tomba di Maria Teresa

e del marito Francesco I di Lorena

Cripta dei Capuccini

Vienna

 

Martin van Meytens

La famiglia imperiale di

Francesco I e Maria Teresa

Olio su tela, 1754

Palazzo di Schönbrunn, Vienna