MARKO KRAVOS, POETA MEDITERRANEO

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MARKO KRAVOS, POETA MEDITERRANEO

di Marija Mitrovic

Qualche giorno fa a me e ad altri amici Marko ha inviato una breve lettera intitolandola: “Sono passato alla miglior vita?” – Scriveva Marko: “tanta attenzione – da parte del giornale sloveno triestino, Primorski dnevnikdi giorno in giorno, troppo focalizzata su di me, così che mi chiedo se non sia già morto”. Questo già dice molto su Marko!

É più che meritata l’attenzione che a questo poeta triestino dedica il giornale, perché lui è sorprendentemente vivo e attivo: in meno di sei mesi sono state pubblicate tre antologie della sua poesia – due in traduzione e una sia in originale che in traduzione: una a Banja Luka intitolata So na jezik (Sale sulla lingua), una raccolta scelta dalle varie sillogi che comprende sia poesie liriche, sia quelle epiche. A Belgrado è uscita l’antologia U kamen, u vodu – un mio tentativo di tradurre l’antologia dello stesso titolo, uscita nel 2013 per festeggiare settantesimo compleanno dell’autore, dunque una scelta delle sue poesie più rappresentative. La terza, uscita nel mese scorso, la più bella: perché bilingue; perché stampata su una carta pregiata e soprattutto perché la traduzione di Darja Betocchi è un vero capolavoro di questa traduttrice che si è già più volte affermata con ottime traduzioni. Alla fine di questo nuovo libro (Zlato ustje/ L’oro in bocca) si può leggere una nota dell’autore – alla quale tornerei più avanti – come anche una bella postfazione di Darja; leggerei il frammento, dove lei cerca di descrivere le dimensioni linguistiche della poesia di Marko:

la lingua è molto più che uno strumento di ricerca formale, e anche molto più che uno strumento espressivo tout court, per quanto complesso, sfaccettato e magistralmente padroneggiato esso possa essere. È dimora dalle salde fondamenta; terra dal multiforme e variegato paesaggio; accogliente grembo; storia individuale e collettiva; prezioso retaggio – l’unico forse, destinato a lasciare una sua pur lieve traccia sulla scia sabbiosa del tempo. Ma anche gioco, scanzonato divertimento, sberleffo: impertinente boccaccia ai pedanti ragionieri dei sentimenti e della vita, alla vecchiaia, alla morte.” – p. 103

Uno che conosce abbastanza la poesia di Kravos si accorge che queste qualità linguistiche sono proprie alle sue poesie già da qualche tempo, ma mi pare che abbiano raggiunto il picco proprio nelle poesie recentissime che raccoglie quest’antologia.

Presentando Marko Kravos al pubblico serbo ho rilevato le sue caratteristiche mediterranee – la luce, i colori, le fragranze, una certa leggerezza e giocosità con le quali Kravos riesce a esprimere le proprie preoccupazioni e riflessioni profonde. Ho voluto porre l’accento su questo suo aspetto mediterraneo proprio perché tanto diverso dalla poesia slovena contemporanea, caratterizzata piuttosto dai colori e atmosfere cupe. Ci sono delle eccezioni, come per esempio la poesia di Tomaž Šalamun, ma è di tutt’altra stoffa, molto meno legata alla realtà, alla natura e all’esistenza quotidiana, basata piuttosto sul gioco e la giocosità pura; è molto più astratta di quella di Marko Kravos, che aggiunge un aspetto mancante alla poesia slovena, la arricchisce notevolmente. Sebbene tocchi spesso i temi locali e la geografia triestina io non leggo Kravos come rappresentante della letteratura della minoranza, ma semplicemente come un poeta che aggiunge alla poesia slovena un tassello nuovo e importante. Sono meno esperta e conosco meno la poesia italiana, ma sono convinta che con la sua voce specifica Kravos si allaccia anche all’esperienza italica.

La poesia di Kravos comunica molto bene con il lettore e lo gratifica con la gioia. Le immagini che v’incontriamo sono le immagini spesso impresse negli occhi genuini, qualche volta addirittura infantili, puliti ma capricciosi. Il poeta ci offre una vertiginosa pluralità di dettagli, espressa però con una estrema economia verbale, in una melodia e un ritmo affascinante. Forse addirittura si potrebbe dire che Marko sente un certo desiderio di “regressione” verso l’infanzia (non bisogna dimenticare che Kravos è anche un prolifico e molto stimato autore che scrive per i bambini). Il poeta concentra gli occhi sugli oggetti, sulle cose, sul mondo che lo circonda e vi scopre le meraviglie. La poesia di Kravos parte dalla natura dell’esistenza, dalla consistenza della realtà, dalla storia e dal momento attuale al livello locale e generale, dalla etica che tanto manca nei rapporti umani odierni. Ecco, anche sui rapporti tra gli individui scrive Marko: sull’amicizia, sui rapporti parentali… Sulla natura della esistenza e sulla consistenza della realtà. Davanti a noi è un poeta autentico: le scelte espressive sono tutt’uno con la sua particolare visione delle cose. Forse si potrebbe dire: nella poesia di Marko Kravos le immagini si sentono, non solo si vedono.

Un’altra cosa che mi preme sottolineare riguarda non tanto (non solo) il poeta Kravos, ma la figura umana, l’intellettuale Kravos: Da sempre, da quando lo conosco era pronto ed è pronto tuttora a partecipare, a prendere parte attiva nelle varie associazioni, assumersi anche la responsabilità. Molto attivo nella associazione degli scrittori sloveni, nel Pen-club sloveno, più presente a Ljubljana che uno che vive forse a Maribor, Celje, o altre città slovene. Anche da questo punto di vista (organizzativo), Kravos fa parte della letteratura slovena (senza l’aggettivo!), Mentre la prima generazione degli scrittori sloveni di Trieste non era facilmente accettata dalla letteratura slovena, Marko Kravos si è distinto subito con la serenità d’animo, con la propria apertura verso l’altro, con le proprie parole argute e spiritose ed è diventato subito riconosciuto anche nella corrente principale della poesia slovena. Non è che tutta la sua attenzione volga alle difficolta, ai problemi della vita politica ed esistenziale. Lui nota le difficoltà, ma non è questo in primo piano delle sue osservazioni. Kravos non si presenta come persona esacerbata, amareggiata; lui cerca di comprendere se stesso e gli altri e il mondo che lo circonda.

Ho già scritto e ripeto la constatazione: a Marko Kravos piace presentarsi in dialogo, i suoi libri hanno spesso più voci che comunicano tra di loro: nel ultimo suo libro bilingue, l’autore dialoga con la traduttrice (anche apertamente, alla fine del libro), qualche volta in qualche altra sua antologia, lui dialoga con qualche pittore: Klavdij Palčič e Franco Vecchiet hanno più volte arricchito sua poesia con delle immagini. I compositori più illustri sloveni, come Lojze Lebič o Pavel Merkù, hanno messo in musica le sue poesie. Siccome lui stesso traduce dal serbo/croato, macedone, italiano, spagnolo, a lui piace avere vari traduttori, anche nello stesso libro – sono in tanti (siamo in tanti) che ci siamo impegnati a tradurre sue poesie; nella antologia pubblicata a Banja Luka sono in quattro; Il richiamo del cuculo, Udine 1994 in italiano c’erano sette traduttori. Io ho l’impressione che nostro poeta si sente bene proprio quando è circondato da più voci; come se la sua voce poetica si potenziasse, si raddoppiasse quando viene “appoggiata” con un altra arte (figurativa, musicale, traduttiva…). Perché è fatto così Marko Kravos: si sente molto meglio quando sua voce si unisce con altre voci, con altre persone. È circondato da amici, gli piace avere degli amici, essere amico, condividere le proprie gioie; gli piace leggere le proprie poesie e prose così come se fossero scritte proprio per noi che lo stiamo ascoltando.

Nočem biti v eni dimenziji, sploščen od luči,

V meni so vsi trije spoli,

Moški, ženski in otroški!

Čas se drsti, raztisočerja se od ljkubezni.

Veselim se gibke majhnosti, svoje ljubke malenkosti.

In ne verjamem naduti zvestobi, ker ni večnosti.

In ne verjamem v boga, ki se nikdar ne smeji.

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Mai più uomo a una sola dimensione,

schiacciato dalla luce: in me ci sono

due generi più uno terzo:

il maschile, il femminile e l’infantile!

Con sè il tempo si accoppia e prolifica.

La mia agile esiguità mi entusiasma

e questo delizioso esser da poco.

Non credo più in fedeltà presuntuose

(non esiste l’eterno) e rinnego il dio

cui manchi il dono leggero del riso.

Questa necessità di vivere con gli altri e con tutto il mondo in tutte le sue dimensioni con un sorriso sulle labbra e negli occhi, rende questo poeta sempre giovane e attuale. Ogni verso, ogni frase conferma come il poeta gode in ogni parola, vede la lingua come un dono immenso di dio, perchè poi lui stesso possa dissipare questa ricchezza enorme.

Tutto ciò lo potevo scrivere solo perchè conosco la poesia di Marko da più di quarant’anni. Leggendo questa sua ultima silloge scopro però un Marko leggermente diverso. Forse la spiegazione migliore ce la offre lui stesso nella Nota d’autore alla fine del libro:

Con l’accumilarsi degli anni e con diversi libri alle spalle, le parole si raccolgono ancora di più su se stesse, pregne di esperienze, emozioni, di risonanze di altri temi, di colpi di becco della coscienza e dell’ansietà per le scadenze in arrivo. – p. 99

Uno non può non notare estrema densità di queste 46 poesie, scritte tutte in soli 6 versi. Prima il poeta si concedeva anche le poesie lunghe, i poemetti con degli elementi „epici“, con dei racconti… Adesso invece è tutto molto, ma molto condensato. Per capire le raggioni di questa strettezza formale, ci aiuta l’autore: invece di colpi di sole, del diluvio delle fragranze e delle risate – „colpi di becco della coscienza e dell’ansietà per le scadenze in arrivo“.

880kravosavanti al lettore è un nuovo Marko Kravos – meno solare, più profondo e più compresso, condensato… Perchè „Le cose pesanti si dicono in breve“ – „vse težke stvari izrečeš na kratko“ – è il poeta stesso ad offrirci la chiave di lettura di questa nuova silloge.