MASSONERIA E IRREDENTISMO

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Una monografia di Luca Manenti

di Roberto Spazzali

 

Il tema dell’irredentismo è parte della storia di Trieste. Gli studiosi hanno spesso discusso del movimento di rivendicazione dei territori italofoni inclusi nell’impero austriaco, nel tentativo di ricostruire un pezzo importante del nostro passato. Molto è stato detto sui protagonisti della stagione politica precedente la prima guerra mondiale, da Felice Venezian a Scipio Slataper. Alcuni aspetti del fenomeno sono rimasti però sconosciuti. Finora.

Il rapporto tra massoneria e irredentismo è stato spesso avvolto in un’aura di mistero e di demonizzazione. Faccenda nota per gli storici triestini chiamati talvolta a dipanare una matassa complessa e non sempre compiutamente documentata per l’evidente riservatezza dell’argomento, decisamente meno per quelli che si sono occupati della libera muratoria italiana, più concentrati a ricostruire le trame dell’Età dei lumi, del Risorgimento e poi dell’Italia liberale. Eppure i rapporti non sono affatto mancati, anzi c’è stata una continuità storica che ha legato le logge locali a quelle italiane e che hanno coinvolto non pochi protagonisti della vita politica ed economica triestina, a più diversi livelli, anche in ambienti considerati marginali rispetto un comune quadro di riferimento di analisi storiografica. Paradossalmente, anche gli studi più qualificati sulla storia della massoneria italiana hanno trattato marginalmente il rapporto con l’irredentismo. Il principale motivo risiede nel fatto che l’irredentismo, come fenomeno politico, ha perso attrattiva tra gli storici italiani, confinato alle aspettative degli ambienti italiani trentini e adriatici rimasti fuori dai confini del 1866. Invece quell’irredentismo, fondato da Imbriani l’indomani della vittoria politica della Sinistra storica guidata da Agostino Depretis, non solo rappresentava l’anelito patriottico della generazione garibaldina sconfitta ma un chiaro progetto di rigenerazione politica dell’Italia di allora. Un fenomeno, quindi, tutto italiano in cui la questione delle Terre irredente era solo l’aspetto più manifesto ma che riguardava invece una classe dirigente, trasformista e opportunista, da spazzare via. Praticamente una sottotraccia rivoluzionaria a cui la massoneria italiana guardò subito con grande attenzione anche per la comune appartenenza di quegli uomini che agitavano l’irrequieto movimento politico.

Luca Manenti con Massoneria e irredentismo. Geografia dell’associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, (Irsml Fvg, 2015) indaga sui rapporti tra irredentismo triestino e massoneria italiana. È un tema sul quale in tempi recenti si sono cimentati storici come Gian Biagio Furiozzi, Anna Millo e Tullia Catalan, ma che in passato, e proprio a Trieste, ha conosciuto censure e mistificazioni, come nel caso di Attilio Tamaro o di Mario Alberti, i quali, negli anni Venti, nel pieno ossequio delle leggi fasciste che portarono nel allo scioglimento delle logge massoniche, minimizzarono l’influenza muratoria nell’irredentismo triestino e perfino nella classe dirigente liberal-nazionale, allora in gran parte fatta di massoni. Tamaro giunse al punto più estremo di individuare proprio nei liberal-nazionali i precorritori del fascismo, tanto per la guida autoritaria imposta da Felice Venezian che per l’organizzazione squadristica della sua componente giovanile, impegnata nello scontro fisico con gli avversari politici e nazionali. Ma se da una parte si tendeva a negare una parte di quella e della propria storia, dall’altra, vent’anni più tardi, Gratton offriva un’immagine totalmente apologetica di un patriottismo italiano sempre in vedetta e fin da tempi non sospetti.

L’argomento è intrigante e solleva domande scottanti: quali furono i rapporti tra i patrioti italiani e le logge massoniche? Che tipo di relazioni stabilirono gli irredentisti del regno e dell’impero? Come e perché la massoneria italiana riuscì ad aiutare i fuorusciti giuliani nella penisola? Luca Manenti, dottore di ricerca in storia contemporanea all’Università di Trieste, risponde a queste e a numerose altre domande, tracciando un quadro minuzioso della realtà italiana e triestina a cavallo dei due secoli, osservata dal punto di vista politico e sociale. Al centro dell’attenzione è il Circolo Garibaldi di Trieste, associazione irredentista di stampo massonico a larga base popolare con sedi nella città di San Giusto e nei maggiori centri urbani d’Italia.

Luca Manenti si occupa di una fase cruciale, quella dei rapporti tra massoneria e irredentismo democratico in Italia, per mezzo dei diversi fuoriusciti giuliani e trentini capaci di tessere importanti relazioni con le logge, tanto da assicurare a sodalizi patriottici quali la Lega Nazionale i finanziamenti per la sua attività educativa che giungevano, tramite la Società Dante Alighieri, direttamente dal Grande Oriente d’Italia alcuni dei quali li che troveremo impegnati sul fronte dell’antifascismo laico e democratico della Resistenza.

Il Circolo era allacciato al Grande Oriente d’Italia, la più grande famiglia massonica della penisola, da sempre attestata su posizioni patriottiche, che fornì agli irredentisti supporto economico e logistico. Basandosi su una vasta gamma di documenti inediti e sulla bibliografia più aggiornata, l’autore esplora le articolazioni del sodalizio e la rete in cui erano inseriti gli aderenti, uomini di svariate origini sociali e opinioni politiche, accomunati dall’iscrizione alle logge e dalla volontà di combattere per il principio dell’italianità di Trieste. Il risultato è una mappatura completa dell’associazionismo patriottico italiano dalle Alpi alla Sicilia.

Il libro di Manenti giunge finalmente a colmare la lacuna di studi sulla fase ottocentesca dell’irredentismo e sulle sue connessioni con la massoneria, accompagnandoci in una questione affascinante e misteriosa, trattata con rigore scientifico e linguaggio chiaro.

 

Luca Manenti, Massoneria e irredentismo. , Geografia dell’associazionismo patriottico  in Italia tra Otto e Novecento, Irsml Fvg, Trieste 2015, pp. 280, Euro 20,00