Parini drammaturgo

| | |

di Fulvio Senardi

 

Se cerchiamo di recuperare sbiaditi ricordi liceali, quanto ci viene in mente a proposito di Giuseppe Parini è l’immagine di un poeta tranquillo che versifica all’ombra del potere, ancorché capace di lanciare strali acutissimi, ma senza rabbia giacobina, alla volta della nobiltà oziosa del suo tempo. Chi poi ha frequentato la Facoltà di Lettere può sicuramente aggiungere a una traccia così esile informazioni più sostanziose. Resta il fatto che solo dalla pubblicazione dell’Edizione Nazionale, che si è da poco arricchita di un volume dedicato al teatro, ci fa edotti dell’ampiezza dell’impegno e della latitudine degli interessi del poeta lombardo.

Qualche tempo fa un volume dell’Edizione Nazionale, ripubblicando le pagine della Gazzetta di Milano, ha richiamato l’attenzione sulla breve (1769) ma interessante parentesi del Parini “gazzettiere”. Ora siamo al teatro, un genere dove Parini si mette alla prova con L’Ascanio in Alba, dal palese intento encomiastico nei confronti di Maria Teresa, rappresentata nella pièce nella figura di Venere, e lasciando a noi, posteri curiosi, due opere incompiute (a testimonianza non certo di una crisi creativa quanto della labilità di una vocazione): L’Amorosa inconstanza, in cui affronta il tema della volubilità amorosa del sesso femminile (di lì a qualche decennio su questo stesso motivo Mozart e Da Ponte avrebbero prodotto un capolavoro che ancora tiene la scena, Così fan tutte), e L’Iside salvata, tragicommedia dalla finalità anch’essa celebrativa, che racconta del pericolo corso dalla regina Iside per opera del malvagio Trifone, in una prospettiva, spiega Andrea Rondini, articolata sulla contrapposizione tra «il Potere utopisticamente giusto» e l’inclinazione dell’uomo a uscire dai binari di una vita retta da ragione e natura, per seguire i più cupi fantasmi del desiderio. Una minaccia che, in chiave politica, può essere vinta solo da quel Sovrano capace di «conquistarsi la fedeltà dei sudditi non attraverso la minaccia e la repressione ma attraverso il rispetto», garantendo così un pacifico e armonioso ordine sociale. Maria Teresa appunto, la «vera Madre dei Popoli», come la definì il Vescovo di Parma in un’Orazione funebre che ebbe gli onori della pubblicazione. Non diversamente si era espresso il Coro che chiude in gloria L’Ascanio in Alba (1771), con evidenti rimandi all’Inno a Venere del De rerum natura: «Alma Dea tutto il Mondo governa / che felice la terra sarà. / La tua stirpe propagasi eterna / che felici saranno l’età».

È facile immaginare che gli studiosi di maggior competenza pariniana saluteranno questa ripubblicazione come un evento fausto, che ricollega tra l’altro Ripano Eupilino a quel genere, il melodramma, che l’Europa tutta (ma è un’idea che ancora resiste in molti ambienti d’élite, in special modo di cultura anglosassone) riconosceva come un frutto del genio italiano. Certo, bisogna ammettere che in questa attività “sperimentale” si compenetrano con minore omogeneità e completezza che nel Mattino e nel Mezzogiorno (nella redazione degli anni Sessanta) le potenzialità di un intellettuale versatile e dall’ampio spettro ideologico-culturale, ovvero il classicismo e il sensismo, gli spiriti arcadici e i motivi illuministici, l’inclinazione encomiastica e l’unghiata ironico-satirica. Dentro il solco di un genere profondamente marcato, subito alle spalle del Parini drammaturgo, dal magistero di Metastasio (mette in luce Rondini quanto egli avesse gustato la rappresentazione della Didone abbandonata al Teatro ducale nel 1769) resta prevalente anche per l’autore brianzolo, proprio come in Arcadia, il rapporto con il Canzoniere, nel riconoscimento del valore di Petrarca come «autore fondamentale» della «scienza degli affetti» (p. 18). Resta il fatto che questo versante, pur indiscutibilmente minore, della sua operosità consente di cogliere qualche altra sfumatura dell’“umanesimo” pariniano, così incline all’ottimistica fiducia nella società (nella torsione pedagogica di certi suoi riti più apparentemente frivoli, il teatro appunto), nelle gerarchie che la reggono, e – qui siamo al punto cruciale – nella perfettibilità dell’uomo, se rettamente guidato.

 

Copertina:

 

Giuseppe Parini

Teatro

a cura di Andrea Rondini,

Manuela Martellini e

Antonio Di Silvestro,

con un saggio di Claudio D’Antoni

e l’introduzione di Andrea Rondini

Fabrizio Serra Editore, Pisa Roma 2018

  1. 218, euro 58.00 (brossura o e-book)

euro 98,00 (rilegato)