Memorie del 97° Reggimento Fanteria

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di Marina Silvestri

 

Esposto c’è anche un trombone che un bandista istriano suonava in una sagra a Crevatini, il 28 giugno del 1914, quando arrivò l’annuncio che l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie erano stati uccisi a Sarajevo, e le orchestre di tutto l’Impero interruppero il programma. Un momento rimasto per sempre nella memoria storica grazie al romanzo di Joseph Roth La Marcia di Radetsky.

Come il trombone, altri cimeli familiari sono in mostra al “Civico Museo di Guerra per la Pace Diego de Henriquez”, dal 21 aprile al 31 agosto, per ricostruire la vita quotidiana e gli avvenimenti che interessarono il 97° Reggimento Fanteria. L’esposizione, “Una storia lunga 140 anni” è realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale F. Zenobi. Il k.u.k. Infanterie Regiment Georg Freiherr von Waldstätten nr. 97 – ultimo nel Litorale dove la lingua italiana era riconosciuta accanto a quella slovena e croata – è divenuto, nel tempo, una sorta di simbolo e di contenitore delle memorie dei nonni, bisnonni e trisnonni che indossarono l’uniforme asburgica. Illustra l’iniziativa il curatore, lo storico Roberto Todero.

Cosa contraddistingue questa esposizione dalle precedenti?

La mostra di Palazzo Vivante a Trieste nel 2013 anticipava certi temi che qui vengono approfonditi; aveva fatto seguito a Bagnoli-Boljunec della Rosandra un allestimento che è durato per tutto il periodo del centenario, intitolato “Uno sguardo dal Litorale”, in cui abbiamo raccontato il punto di vista di chi viveva qui e aveva paura di quello che stava succedendo al fronte. In questa mostra invece, poiché ricorrono 140 anni da quando il reggimento fu costituito, il tema  è quello della leva in tempo di pace, l’anteguerra, la vita in caserma. Il 97° nasce nel 1883 a Pola – era importante difendere la base della Marina Militare non solo dal lato marittimo ma anche dal lato terrestre – e per lunghi anni rimane a Pola, anche se a Trieste c’era il comando del distretto complementare che si occupava di richiamare le reclute. Era composto da quattro battaglioni che potevano avere svariate sedi; all’epoca quando uno mandava una cartolina a casa ci metteva il suo indirizzo militare, ad esempio Trieste, Pola, ma anche Dignano, Sesana. Questo è storia di famiglia legata alla storia militare. Naturalmente poi si parla anche della vita al fronte e i diversi luoghi in cui il reggimento fu operativo: Galizia, Russia, Odessa.

Quali popolazioni venivano inquadrate in questo reggimento?

Le popolazioni del Litorale austriaco. La leva riguardava la città di Trieste, il Carso, il Friuli orientale, il Goriziano, l’Istria. 20, 25mila giovani hanno fatto il normale servizio di leva in tempo di pace per trent’anni e mezzo. Fino al 1904 la leva durava tre anni, poi due.

Erano molti gli ufficiali che provenivano dalle nostre zone?

Il tema è complicato perché i cognomi non sono indicativi se non in pochi casi della lingua parlata. Il numero degli ufficiali di lingua italiana nel 97° era sempre molto basso, in realtà era sempre una percentuale molto bassa all’interno di tutti i reggimenti. Nell’intero esercito dopo il 1867 è del 2 per cento, e gli ufficiali sono si è no l’uno per cento di tutto il corpo ufficiali.

Ci sono episodi significativi?

Uno eclatante, quando nel 1895 alla mensa ufficiali del 97° mangiò Francesco Giuseppe. L’episodio è riportato in un articolo pubblicato a Graz nel 1950 su una gazzetta, da Franz Karl Ginzkey, che era allora sottotenente nei ranghi del reggimento, e ricordando l’evento lo descrive con notevole verve. Il colonnello croato al comando, Raimund Gerba uomo molto tosto, scrisse una supplica all’Imperatore, presente a Pola ad assistere alle manovre militari congiunte della Kriegsmarine e del 97°. E l’imperatore, che si sedeva sempre alla mensa della Marina, accettò. Fu la prima e unica volta che desinò con un reggimento di Fanteria. Per i tempi un fatto epocale.

 

1.

Fante del 97° in uniforme

da libera uscita ordinaria