Ora dimmi di Camilleri

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La sfida contro il tempo dell’autore siciliano in una “lettera” alla pronipote Matilda, di quattro anni

di Anna Calonico

 

Andrea Camilleri non ha bisogno di presentazioni, e un anno della sua assenza non è sufficiente a farlo dimenticare, ma come ricordarlo con parole che non siano già state dette? Persino il nuovissimo Riccardino, appena uscito, ha già avuto fior fiore di recensioni, e tutti i Montalbano che lo hanno preceduto sono arcinoti a giornalisti e critici letterari, per non parlare del pubblico.

In molti hanno parlato e possono parlare di lui, ma, già novantenne, lo stesso Camilleri aveva spiegato che preferiva essere lui in persona a raccontare di sé, almeno alla pronipote Matilda, una bimba di appena quattro anni.

Ora dimmi di te è una sfida contro il tempo perché l’autore, rendendosi conto che non potrà mai dialogare seriamente con Matilda, le offre il suo testamento memorialistico, il racconto della sua vita che altro non è se non il racconto di buona parte del Novecento: «ho piena coscienza, per raggiunti limiti di età, che mi sarà negato il piacere di vederti maturare di giorno in giorno, di ascoltare i tuoi primi ragionamenti, di seguire la crescita del tuo cervello. Insomma, mi sarà impossibile parlare e dialogare con te. Allora queste mie righe vogliono essere una povera sostituzione di quel dialogo che mai avverrà tra di noi» (p.3).

Veniamo così a conoscere alcuni aneddoti intimi dello scrittore, alcuni ci lasciano perplessi, come scoprire che in gioventù aveva aderito con entusiasmo al fascismo, tanto da inviare, appena decenne, una lettera a Mussolini offrendosi di partire per l’Abissinia, altri ci sembrano strani pensando al personaggio rispettoso che abbiamo conosciuto, come quando racconta di aver tirato delle uova contro il crocifisso in classe, altri ancora sono divertenti e ci fanno sorridere perché non sono propriamente degli elogi al protagonista: «Mio padre quando torna a casa litiga con mia madre. Poi si chiude nello studio e legge copioni. La sera esce e torna il giorno dopo. Qualche volta sa fare andare la lavatrice» (p.23). Parole tratte da un tema scolastico della figlia Andreina: che figuraccia!

Ogni episodio narrato rappresenta un anello importante, parliamo di importanza sentimentale, nella lunga catena che è stata la vita di Camilleri: l’attentato mafioso a Porto Empedocle, la lezione di regia del grande Silvio D’Amico, la conoscenza di Rosetta con cui passerà il resto della vita, l’incontro con Elvira Sellerio. Ognuno di questi anelli, però, è anche una scusa per parlare di cosa è rilevante: la libertà e la giustizia ogni forma di coartazione della volontà altrui costituisce l’offesa più profonda che si posa fare all’uomo, la politica. Fare politica l’ho sempre sentito come un dovere, ma non ho mai voluto diventare un uomo politico, la cultura e l’arte in generale, siano letteratura o teatro o cinema mi considero più che uno scrittore un contastorie, cioè uno che esaurisce nel piacere della narrazione ogni sua possibilità di espressione, l’amore, l’amicizia e il rispetto L’“altro” sei tu che ti guardi allo specchio. L’“altro” sei tu, la menzogna e la verità: La verità è come un punto fermo. Oltre non si può andare. La verità è sempre una.

Parlando della vita privata, cosa peraltro già successa in altri suoi testi, Camilleri intende quindi anche parlare del suo secolo, spiegando a tutti i giovani che cosa è stato il suo tempo, nella speranza che alcune parole, come nazismo, razzismo, campi di sterminio e guerra nel futuro che rappresenta l’età matura di Matilda e dei suoi coetanei risultino ormai obsolete, e invitando quindi gli ascoltatori a fare tabula rasa del suo mondo e a ricominciare da zero: Noi oggi siamo dei morti che camminano. Morti nel senso che le nostre idee, le nostre convinzioni appartengono a un tempo che non ha futuro.

Matilda, insomma, è solo un pretesto per ripercorrere velocemente il Novecento e quanto c’è di buono nella vita: nelle pagine di questo romanzetto non ci sono amorevoli invocazioni alla nipote, rimpianti per ciò che è stato e parole di vergogna o di perdono. È un resoconto rapido, essenziale, quasi freddo, concreto. L’idea di Camilleri non era quella di scrivere parole sdolcinate e commoventi mettendosi a nudo e svelando i segreti di famiglia, ma quella di insegnare e di lasciare un incoraggiamento che, appunto, si può estendere a tutti i giovani. Ne è nata una testimonianza che è innanzitutto un augurio, entrambi fatti con il cuore di un nonno cieco. Cieco in due sensi: intanto perché ai tempi di questo lavoro era già privo della vista e quindi, immaginatevi che scena struggente, invece di scrivere queste pagine le ha dovute dettare, parola per parola. E poi perché non riesce a vedere il mondo di lì a dieci, venti anni, quando Matilda prenderà in mano quelle carte per scoprire chi era il nonno: altra immagine struggente, dato che tutti vorremmo poter ricevere una lettera dal passato, da chi ci era caro. È vero, il linguaggio di questo testo non presenta parole affettuose, ma quale immenso regalo costituisce per la piccola! Il titolo è una ripresa dell’ultima riga perché, dopo aver parlato di se stesso, il padre di Montalbano ricorda di aver cominciato per l’impossibilità di poter dialogare con la pronipote e lascia quindi a lei la parola: sarebbe curioso, tra qualche anno, leggere la risposta della bambina divenuta adulta e sapere se ha conservato l’ottimismo del suo antenato, se ha fatto tesoro dei suoi insegnamenti, compresi i tre finali sugli ideali da mantenere, sulla “cattiveria” del lupo e sullo strano concetto matematico che 2+2 non fa 4. Sarebbe bello sapere se da essere ignaro e innocente si è trasformata in eroe moderno: una volta esistevano degli eroi da prendere a modello, oggi non esistono più in quanto l’eroe dell’uomo d’oggi è diventato proprio l’uomo comune. Un uomo comune che sa come la sconfitta, lo scacco, possa nascondersi dietro l’angolo, ma che ha piena coscienza di questo e continua lo stesso ad andare avanti. O se invece tra vent’anni Matilda scriverà pagine di elogio per eroi in vecchio stile. Siamo tutti ciechi come Camilleri di fronte al futuro dei bimbi di oggi, e temo che questo ci renderebbe pressoché impossibilitati a scrivere un testo come Ora dimmi di te: cosa dire del nostro presente che possa avere un senso anche domani? Cosa consigliare a chi si troverà a vivere in un mondo a noi sconosciuto? Non sappiamo nemmeno se Matilda, o chi per lei, avrà la fortuna di incontrare la sua Rosetta, o se potrà gioire di un rapporto lavorativo duraturo e bello come quello con la signora Sellerio, non sappiamo nemmeno se deciderà di seguire le orme del nonno in fatto di scrittura: quando volevamo formalizzare una situazione, renderla in qualche modo distante da ogni sentimento, adoperavamo l’italiano, mentre per ogni mozione degli affetti, ogni ricerca di intimità del discorso, per rendere più penetranti le parole che dicevamo usavamo il nostro dialetto.

Per ora, tra due generazioni che non possono parlarsi c’è soltanto questo piccolo ponte.

 

 

 

Andrea Camilleri

Ora dimmi di te

Bompiani, Milano 2018

pp.112, €13,30