Monuments Men tra storia e leggenda

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Nadia Danelon

Colpi di martello, inframezzati da rapide inquadrature dei pannelli del polittico di Gand, capolavoro di Jan e Hubert van Eyck: le tavole smantellate dalla loro cornice partono, verso un luogo sicuro. Devono giungere in Vaticano: tuttavia non ci riescono, perché dopo essere state provvisoriamente collocate in un museo francese, vengono trafugate dai Nazisti. Il film Monuments men, diretto da George Clooney e uscito nelle sale cinematografiche italiane a febbraio 2014 parte proprio da questa scena: un estremo tentativo di salvataggio di una preziosa opera pittorica conservata in Belgio, sventato dal sopraggiungere dell’esercito di Hitler, assetato di potere e dominio culturale.

I progetti del Führer sono infatti ambiziosi: vuole fare in modo che la città austriaca di Linz, a pochi chilometri dal suo luogo di nascita, diventi la sede del “Führermuseum”. Il progetto prevedeva la creazione di un complesso enorme, in cui vengano esposti i maggiori capolavori artistici noti a livello mondiale. I furti di opere d’arte si susseguono l’uno dopo l’altro: da un’altra località belga, Bruges, viene trafugata anche la celebre Madonna col Bambino di Michelangelo. Un anno dopo, la statua viene ritrovata nella miniera di Altaussee: il recupero, difficile e pericoloso, viene effettuato dagli uomini di una squadra organizzata dagli Alleati durante il secondo conflitto mondiale. Il gruppo di cui fanno parte, composto da 345 civili provenienti da tredici nazioni differenti, appartiene al programma denominato “Monuments, Fine Arts and Archives”. Della squadra fanno parte storici dell’arte, critici, artisti, architetti, direttori di musei e professori: personalità illustri del settore culturale, che con l’approvazione del presidente Roosevelt operano in Europa tra il 1943 e il 1951. Rientreranno in patria sei anni dopo la fine del conflitto: un tempo che tuttavia non viene sprecato, ma utilizzato per la promozione di alcune iniziative culturali nei luoghi devastati dalla guerra e per la restituzione dei capolavori sottratti dai nazisti ai legittimi proprietari. In tutto, vengono recuperati cinque milioni di oggetti: tra cui si contano dipinti, sculture e opere d’arte di vario tipo.

Capolavori di Leonardo, Donatello, Rembrandt, Vermeer e tanti altri vengono ritrovati in luoghi impensabili: miniere di sale, ma anche castelli poco accessibili. La missione dei cosiddetti “Monuments men” è basata su di un duplice scopo: fare in modo che qualcosa possa essere risparmiato dalla distruzione dovuta al conflitto, ma allo stesso tempo riuscire a tutelare il patrimonio culturale europeo dai bombardamenti degli Alleati stessi. Oltre all’abbattimento non motivato dell’abbazia di Montecassino, nell’agosto del 1943 le forze alleate rischiano di distruggere anche il Cenacolo di Leonardo.

Edsel, autore del romanzo che ha ispirato la pellicola cinematografica dedicata a questi eroi, ritiene che quel particolare episodio possa essere considerato come il proverbiale campanello d’allarme: risulta necessaria la creazione di una squadra, che finisce per basarsi sui medesimi ideali già ispiratori di una proposta presentata qualche anno prima da George Stout, che non viene presa in considerazione. Questo studioso, la cui fama risulta consolidata ancora prima del conflitto grazie alle nuove tecniche di conservazione da lui sperimentate nel contesto del Fogg Museum di Harvard, entra in seguito a far parte dei “Monuments men”: per un anno e mezzo gira in lungo e in largo l’intera Europa, contribuendo al salvataggio di numerose opere d’arte dal valore inestimabile. Il suo contributo all’impresa, nonostante la sua grande modestia e la poca volontà di affrontare l’argomento negli anni successivi al conflitto, deve essere considerato fondamentale: come riferisce Lincoln Kirstein nella sua biografia, “Stout è stato il più grande eroe di guerra di tutti i tempi. Ha effettivamente salvato tutta l’arte di cui tutti parlano”.

Nonostante la larga fama acquisita dall’impresa dopo la realizzazione del film campione d’incassi, che ha portato anche alla realizzazione di una mostra al Metropolitan Museum di New York, è curioso sottolineare come i “Monuments men” siano riemersi dagli anfratti della storia alla metà degli anni ’80: il giorno in cui lo studioso d’arte Nicholas legge casualmente un necrologio sul giornale, relativo al decesso di una donna francese responsabile del salvataggio di circa 60.000 opere d’arte trafugate dai nazisti. Da quella scoperta nasce il volume Il Ratto d’Europa (1995): viene per la prima volta “ripresentata” al pubblico la storia di questi uomini straordinari, a cui la cultura europea deve moltissimo.