NASCERE DIGITALI 1
Giuseppe O. Longo | luglio-agosto 2015 | Ponterosso N° 3 | tecnologie
Giuseppe O. Longo
Il surriscaldamento comunicativo
Negli ultimi anni gli scambi comunicativi mediati dai dispositivi tecnologici hanno subito un incremento impressionante, tanto che alcuni paventano un intasamento dei sistemi di trasmissione. Le cause principali di questo vero e proprio surriscaldamento comunicativo sono: l’aumento dell’efficienza tecnica, la diminuzione radicale dei costi e l’indebolimento dei filtri che in passato limitavano la diffusione dell’informazione. Tra questi filtri vanno annoverati: la chiesa, la scuola, la famiglia, e in genere le istituzioni politiche e sociali che esercitavano il monopolio dell’informazione, la sorveglianza e la censura. In ultima analisi questi filtri erano sorretti dal costo della comunicazione, dal diffuso analfabetismo e dalla lentezza degli scambi comunicativi.
Lo sviluppo della tecnologia ha reso la comunicazione sempre più rapida ed economica e ha contribuito alla nascita di quella che si chiama società dell’informazione. Tra le tappe più significative di questa evoluzione ricordiamo:
1) la convergenza di telecomunicazioni e computer;
2) la digitalizzazione delle sorgenti d’informazione e dei canali di trasmissione;
3) lo sviluppo di servizi multimediali e interattivi;
4) la concentrazione di un numero crescente di funzioni in minuscoli dispositivi tascabili.
Siamo entrati nell’era digitale, caratterizzata tra l’altro dalla formazione di una generazione di giovani che, plasmatisi sulle nuove tecnologie o addirittura nati con le nuove tecnologie, le usano con grande disinvoltura e insieme con sovrana indifferenza per i loro meccanismi profondi, attenti solo al loro utilizzo opportunistico. Questa generazione digitale interagisce con le strutture tradizionali, in particolare con la scuola, in modi nuovi, che prefigurano altri e più incisivi cambiamenti, destinati a investire tutti gli aspetti dell’individuo e della società.
Tramite l’ibridazione con la tecnologia cambia la natura umana, tramite la genomica l’uomo cessa di riprodursi e comincia a prodursi. Cambia il modo di fare i figli, di allevarli e di educarli. Cambia il modo di comunicare, di apprendere e di insegnare, cambiano la nozione di tempo, la percezione dello spazio, il concetto di realtà. Tutti questi cambiamenti moltiplicano le scelte, esaltano la creatività e insieme estendono l’omologazione, ci sopraffanno con l’eccesso di dati e di possibilità, provocano lacerazioni e disadattamenti. Il lessico e la sintassi subiscono distorsioni e meticciamenti profondi. E la rappresentazione mediatica di tutti questi cambiamenti genera un “doppio” spettacolare del mondo che a volte è percepito più reale del mondo reale e accelera le mutazioni. In questa potente dinamica trasformativa le velocità di cambiamento non sono uniformi: certe componenti mutano più rapidamente di altre e questa disuniformità genera tensioni, disagi, conflitti e sofferenze. La transizione è così rapida che non ci permette la messa a fuoco e continuiamo a vedere il futuro con gli occhi, i parametri e i valori di un passato che fatichiamo a superare e in cui permangono robuste tracce di categorie aristoteliche. Ciò provoca un disorientamento e una sensazione di inadeguatezza che possono sfociare in angoscia o, all’opposto, in precipitose fughe in avanti.
I giudizi sull’avvento dell’era digitale sono diversissimi: vanno da un’esaltazione senza riserve a un cupo catastrofismo, con tutti i gradi intermedi. La comunicazione è un fenomeno complesso, pertanto può (e deve) essere descritto a livelli e da punti di vista diversi, nessuno dei quali può fornirne un resoconto completo. Ne segue che le valutazioni positive come quelle negative possono essere giustificate da osservatori diversi con argomenti fondati.
Giudizi tanto contrastanti indicano che siamo di fronte a una rivoluzione vasta e coinvolgente, le cui radici affondano nell’interazione tra tecnologia e società e le cui ripercussioni riguardano la cultura, la scuola, la politica, i rapporti sociali, l’organizzazione aziendale e istituzionale, la lingua, l’epistemologia e la scienza. Nelle prossime puntate cercherò di esaminare alcune di queste conseguenze, senza curarmi troppo dei particolari tecnici e dell’alluvione di gadget, ma cercando di scrutare le radici e le conseguenze culturali degli accadimenti. In ogni caso, che si giudichi la rivoluzione mediatica in senso positivo o negativo, non si deve dimenticare che sotto la variegata superficie dei fenomeni comunicativi si annida un potente sistema economico che mira ad accumulare denaro e potere mediante sagaci politiche di mercato e astute strategie pubblicitarie. (1 – continua)