Piero Chiara, i viaggi e le scritture

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Un volume pubblicato da Aragno raccoglie i vari testi che lo scrittore ha dedicato nel corso della sua esistenza al tema del viaggio

di Alberto Brambilla

 

 

Ci sono degli editori, anche geniali e lungimiranti, che una volta pubblicati i loro libri, lasciano che vadano da soli per il mondo, anche se sono ancora fragili e non muovono neppure i primi passi. Non lo fanno, credo, per disinteresse, ma forse per eccessivo amore. È quanto accade, per esempio, con i libri del raffinato editore torinese Nino Aragno con i quali di solito non ho un facile approccio, nel senso che non riesco, paradossalmente, ad entrarne in possesso, come mi è accaduto anche di recente. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto in libreria, sono riuscito finalmente ad acquistare a Palazzo Verbania di Luino una copia di un libro di Chiara a cui tenevo particolarmente e che inseguivo da mesi. Si intitola In viaggio ed è a cura di Francesca Boldrini ed Egea Roncoroni e si avvale di una breve ma densa Introduzione di Federico Roncoroni. Il corposo volume fa parte della elegante “Biblioteca Aragno, ante litteram”, vigilata da Luigi Mascheroni, e raccoglie i vari testi che Chiara ha dedicato nel corso della sua esistenza al tema del viaggio. Con la consueta chiaroveggenza, negli ultimi anni della sua vita egli aveva infatti predisposto un indice di massima di questo volume, finalmente apparso nel 2019. Dunque il volume Aragno non esaurisce l’elenco – di certo assai più cospicuo – dei testi che si riferiscono al viaggio, spesso dispersi in diversi rivoli che solo un’auspicabile bibliografia completa dell’opera di Chiara potrà segnalare. Che quasi in limine mortis Chiara avesse provveduto ad organizzare in un’opera compiuta questi testi, la dice lunga sulla considerazione in cui essi erano tenuti dall’autore, il quale aveva ormai coscienza d’essere diventato un protagonista della letteratura del secondo Novecento, ma forse aspirava ad una fama meno effimera e non esclusivamente legata al versante narrativo (penso qui alle indagini erudite intraprese su D’Annunzio e su Casanova.

Il corpus odeporico in questione comprende molti testi, apparsi in diversi giornali lungo un arco cronologico che si distende dal 6 maggio 1948 al 16 settembre 1986; scritti che sono ora opportunamente suddivisi dai curatori in base alle regioni geografiche: Svizzera, Francia, Spagna (con il numero maggiore di scritti), Portogallo, Inghilterra, Germania, U.S.A, Cecoslovacchia, e naturalmente Italia. Pensando alla cortina di ferro che la Guerra fredda aveva imposto all’Europa dell’est, dividendo in due il vecchio continente, spicca subito l’unica corrispondenza (risalente al 1978) dalla Cecoslovacchia, il solo paese aderente al Patto di Varsavia qui rappresentato. Come chiarisce la preziosissima Nota ai testi, l’occasione fu originata dal vivo desiderio di Chiara di visitare i luoghi in cui Casanova passò gli ultimi anni di vita.

Sempre la nota finale ci avverte che si tratta di articoli usciti quasi sempre in diversi giornali nazionali, uno di solito italiano (come per l’appunto L’Italia) ed uno ticinese – così da per poter lavorare contemporaneamente su due versanti con relativi doppi compensi –, e fogli locali (come La Prealpina di Varese); non mancano settimanali di successo (come Epoca o L’Espresso) ma anche sedi peregrine come Almanacchi o Notiziari. Salvo rari casi, gli scritti sono nel giro di qualche mese ripresi e ripubblicati in altre sedi, magari con qualche ritocco o aggiunta ad hoc a seconda degli utenti; in seguito alcuni verranno raccolti in volume, come Chiara era del resto solito fare, mettendo in pratica la massima contadina del maiale, di cui non si butta mai nulla. Di questi pezzi si sono spesso conservati i dattiloscritti originali, opportunamente segnalati dalle curatrici. Da qui sembra si possa  dedurre che probabilmente non scriveva di getto sul luogo, ma prendeva degli appunti lavorando poi al ritorno per assemblare le note, aggiungendo magari dei precisi riferimenti a libri, quadri e film che la sola memoria non era stata allora in grado di trattenere.

Come di ricava dalle date, la maggior parte dei testi è stata prodotta negli anni cinquanta e sessanta, quando la fisionomia pubblica di Chiara era ancora quella di un intelligente lettore di provincia, con ambizioni di critico letterario e traduttore, piuttosto che di scrittore di romanzi di successo. Questa predisposizione, insieme ai vincoli derivati dalle differenti sedi di uscita (che comportano spazi obbligati, tipologia diversa dei lettori, ecc.) limitano a volte un po’ la penna di Chiara, soprattutto quando deve rendere conto di itinerari, per così dire, più tradizionali; anche se va detto a onor del vero che la Spagna di Franco negli anni cinquanta e sessanta era per molti italiani un paese sconosciuto, arroccata com’era nella sua solitudine geopolitica.

Chi conosce anche solo superficialmente la dinamica del giornalismo culturale del dopoguerra, sa che la possibilità d’essere rimunerati per inviare corrispondenze dall’estero, era una vera e propria manna perché consentiva agli autori – spesso non giornalisti di professione – di viaggiare liberamente nel vecchio continente, coprendo almeno in parte le spese sostenute per il viaggio e i lunghi soggiorni. Di questa specie di Grand Tour europeo, il giovane Chiara approfittò a piena mani, ma insieme utilizzò quelle esperienze per farsi un’idea concreta del mondo, come avrà modo di ribadire più volte nelle sue pagine narrative. Più tardi, dopo l’uscita dei primi fortunati libri narrativi, le cose ovviamente cambiarono, e Chiara utilizzò il viaggio per soddisfare le curiosità personali e per incontrare gli amici, scrittori ed artisti, in particolare Giuseppe Viviani (1898-1965) e Mario Tozzi (1895-1979).

Ciò detto, meritoria era comunque l’opera anche divulgativa di Chiara, negli anni in cui cominciava a muovere i primi passi il turismo di massa che necessitava di guide facili e sicure o di originali spunti. Quelle del giornalista-scrittore rimangono però ovviamente soprattutto delle cronache legate a visite del tutto personali, pensate per un pubblico piuttosto colto, anche se sono caratterizzate da uno stile piano e da una sintassi non particolarmente complessa. Non di rado Chiara introduce degli interlocutori per ravvivare la sua prosa o per rendere più verosimile la sua descrizione.

In effetti, come si comprende dalle numerose corrispondenze spagnole, appena gli è consentito Chiara cerca di uscire dagli itinerari più battuti, alla ricerca dell’esotico, ancora molto presente nella penisola iberica. E in fondo le digressioni o le descrizioni incisive dei luoghi e delle persone costituiscono le pagine più affascinanti del libro. Letti oggi questi articoli dimostrano un’insolita apertura mentale e una cultura inaspettata in un intellettuale sostanzialmente autodidatta. In effetti negli scritti di viaggio è sempre presente almeno una citazione (sciolta dalle curatrici nelle note finali) o almeno un riferimento alla letteratura, non solo italiana; o alcune digressioni sulla storia dell’arte di questo o quel paese, senza alcun limite cronologico, dall’antichità al Novecento. Per evitare qualsiasi fastidio sono invece del tutto assenti, se non ho visto male, dei riferimenti politici o delle pesanti critiche sociali riferite ai paesi visitati, ma anche questa è una caratteristica costante nelle pagine di Chiara.

 

 

Piero Chiara

In viaggio

a cura di Francesca Boldrini

ed Egea Roncoroni

Introduzione di Federico Roncoroni

Aragno, 2019

pp- 380, euro 25,00