Problematico avvio delle stagioni teatrali

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Dopo un relativo silenzio, coraggiosamente si rialzano i sipari triestini

di Paolo Quazzolo

 

Dopo la lunga pausa forzata che, lo scorso febbraio, ha costretto tutti i teatri a interrompere le stagioni di prosa, e dopo un periodo estivo in cui timidamente si è cercato di riprendere l’attività, le realtà triestine del mondo dello spettacolo stanno ora ripartendo con il varo delle nuove stagioni di prosa. E lo hanno fatto in modo diverso: il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, con lo slogan di dantesca memoria “E quindi uscimmo a riveder le stelle” ha proposto una programmazione che, al momento, si estende sino alla fine di gennaio 2021, in attesa di poter proporre, in accordo con l’andamento dell’epidemia, una serie di spettacoli più impegnativi dal punto di vista organizzativo.

La Contrada – Teatro Stabile di Trieste, ha azzardato di più, proponendo un cartellone che sin d’ora si sviluppa sull’intera stagione teatrale, da ottobre ad aprile, con una serie di appuntamenti che prevedono lavori di genere diverso, dai grandi classici fino al teatro contemporaneo e allo spettacolo musicale. E la stessa strategia è stata seguita dal Teatro Stabile Sloveno, con una programmazione molto varia, che ha annunciato le proprie attività sino agli inizi di maggio 2021, quando sarà programmato Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello.

In tutti i casi, l’accesso a teatro può avvenire unicamente nel rispetto delle regole del cosiddetto “distanziamento sociale”, con capienza delle sale più che dimezzata e con la disposizione degli spettatori a scacchiera. Soluzione, quest’ultima, che ha fatto ironicamente dire a qualcuno che potrebbe essere adottata in modo permanente, garantendo così a tutti un’ottima visibilità del palcoscenico. Naturalmente si tratta di una battuta, ma in questo periodo un po’ di ironia non può che giovare. Il mondo dello spettacolo, infatti, è uno dei settori che ha più sofferto durante la pandemia: il blocco totale di tutte le attività ha voluto dire, per attori e operatori teatrali, il fermo di qualsiasi possibilità di lavoro, con danni economici ingenti. È quindi motivo di plauso e orgoglio per tutti il fatto che i nostri teatri, con grande forza di volontà e spirito di iniziativa, abbiano voluto sfidare il covid e riprendere le attività sulla scena, programmando a lungo raggio. Quasi un modo per esorcizzare la pandemia e invitare tutti a guardare al futuro con maggiore speranza.

E un vero e proprio invito all’ottimismo è quello formulato dalla Contrada che per prima ha alzato il sipario con Ottantena. Stand Up Comedy Show per Signora e mascherina. Rinunciando forzatamente alla consolidata tradizione di aprire con uno spettacolo in vernacolo triestino in cui vengono dispiegate grandi forze in scena e dietro le quinte, La Contrada ha proposto un gradevolissimo atto unico scritto e diretto da Davide Calabrese, un One-Man Show – o, meglio, un One-Woman Show – con protagonista assoluta la Signora indiscussa del teatro triestino, Ariella Reggio. Al suo fianco, a contrappuntare monologhi e battute, Anselmo Luisi, polistrumentista, attore e Body Percussionist.

La formula di Ottantena è quella dello Stand-Up Comedy Show, ossia un genere solitamente praticato da attori uomini, in cui una serie di monologhi spiritosi e divertenti servono a raccontare e a far riflettere sulle cose che capitano nella vita di ogni giorno. Capovolgendo la formula dal maschile al femminile, Davide Calabrese ha creato per Ariella Reggio uno spettacolo ironico, in cui la grande attrice racconta la sua quarantena e la sua esperienza con il covid. Lungo la serata si intrecciano pirotecnici interventi musicali del bravo Anselmo Luisi, con telefonate dell’ormai mitica Iole Bedegnac, pagine shakespeariane, aneddoti sulla propria carriera, che Ariella Reggio porge con la sua inarrestabile comunicativa. Un modo per ripercorrere ironicamente i giorni della quarantena, ma anche per celebrare il suo amore per il teatro – “calco le scene da sessant’anni”, esclama da un certo punto l’attrice – e infine per riflettere, un po’ amaramente, sulla situazione di questi mesi: “non è questo il mondo che avremmo voluto lasciare a voi giovani”, dichiara verso la fine della serata la Reggio, alludendo alle difficoltà e alle numerose privazioni cui molti hanno dovuto sottostare. Ma non manca l’ironia finale, con cui esorcizzare la pandemia e invitare tutti a guardare con fiducia al futuro: “El virus no durerà tanto: el xe cinese”.

Di carattere diverso lo spettacolo proposto in apertura di stagione dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, La pazza di Chaillot, un testo scritto negli anni Quaranta del secolo scorso da Jean Giradoux e riadattato per le scene odierne da Letizia Russo. Una scommessa vinta per lo Stabile regionale che, avendo programmato molti mesi or sono questo spettacolo, ha voluto tener fede all’impegno assunto, portando felicemente in porto un lavoro piuttosto complesso e soprattutto interpretato da un gruppo numeroso di attori. Messo in scena dal direttore dello Stabile Franco Però, il testo narra la storia di una donna che cerca, con tutte le proprie forze, di opporsi a un mondo di cinici affaristi i quali, preoccupati unicamente di accatastare sempre maggiori ricchezze, non si preoccupano dei danni irreversibili che provocano sull’ambiente e sulla società. Animata da un grande senso di giustizia, la protagonista sembra riuscire a sconfiggere i “cattivi”, ma l’amaro finale proposto dal regista, dimostra che ogni sforzo è vano e che, in questa nostra martoriata società, il male sembra purtroppo avere quasi sempre la meglio.

Lo spettacolo, che alterna momenti di grande vivacità a scene maggiormente statiche, si avvale di una compagnia affiatata in cui spiccano le interpretazioni di Manuela Mandracchia, la pazza di Chaillot, di Francesco Migliaccio, Mauro Malinverno e Riccardo Maranzana nei ruoli dei viscidi speculatori, il cenciaiolo Giovanni Crippa, la delicata Gabrielle di Ester Galazzi e, sopra tutti, l’irresistibile Maria Grazia Plos, che con la sua esuberanza è capace di portare sulla scena un’autentica ventata di ritmo e ironia.

 

Ariella Reggio

foto di Laila Pozzo