Restituzioni: Veronese torna a Murano
giugno 2017 | Il Ponte rosso N° 25 | mostre in Italia | Nadia Danelon
Due tele in mostra a Venezia dopo il restauro
di Nadia Danelon
Le Gallerie dell’Accademia di Venezia, celebri per il loro patrimonio costituito da capolavori di valore inestimabile, raccolgono nelle loro collezioni anche un gran numero di opere realizzate dai più celebri autori veneziani del Cinquecento. Tra questi capolavori, spiccano alcune sublimi tele del Veronese, al secolo Paolo Caliari (1528-1588): il grandioso Convito in Casa di Levi (oggetto di scandalo e accuse da parte del Tribunale dell’Inquisizione nei confronti dell’autore), il Matrimonio mistico di santa Caterina e altre opere di pregevole fattura. In questo contesto, privilegiato per la presenza di tali capolavori utili ad illustrare le caratteristiche peculiari legate allo stile del notevole pittore, di recente è stata allestita anche una mostra temporanea: aperta dall’11 maggio al 17 settembre 2017, che esibisce due dipinti provenienti dall’isola di Murano, reduci da un complicato restauro. Si tratta di due pregevoli tele veronesiane, raffiguranti rispettivamente San Gerolamo nel deserto e Sant’Agata visitata da san Pietro in carcere: attualmente custodite nella chiesa muranese di San Pietro Martire, commissionate nel 1567 per la cappella ubicata nel cimitero del monastero di Santa Maria degli Angeli, un tempo esistente sulla medesima isola. Del monastero, abbattuto nel corso del XIX secolo, non rimane alcuna traccia: unica testimone dell’antico complesso è l’omonima chiesa di Santa Maria degli Angeli, filiale dell’edificio di culto muranese in cui le opere hanno da tempo trovato la loro collocazione definitiva. Costruita per volontà del confessore Francesco degli Alberi, dopo aver ottenuto in concessione gratuita dalle monache una porzione del terreno adibito a cimitero del monastero, la cappella muranese di San Gerolamo non esiste più: la storia del piccolo edificio, insieme a quella dell’attiguo monastero e della vicina chiesa, viene ricordata da don Vincenzo Zanetti nel suo volume intitolato Del monastero e della chiesa di Santa Maria degli Angeli di Murano, pubblicato in memoria della riconsacrazione dell’unico edificio superstite (1863).
Le tele esposte in mostra, restaurate dall’associazione Venetian Heritage con il contributo di Bulgari, sono presentate al pubblico in una sala appositamente organizzata per guidare i visitatori attraverso l’analisi critica e la comprensione delle procedure legate al restauro di questi preziosi capolavori. Una di fronte all’altra, le tele muranesi vengono accostate in una collocazione simile a quella originale: il San Gerolamo. un tempo posizionato sull’altare della cappella, e la Sant’Agata, già presente nella controfacciata del piccolo edificio, proprio sopra la porta. Il bel catalogo realizzato in occasione della mostra, che nei suoi apparati critici ricostruisce le vicende legate alla storia delle due opere, ma anche e soprattutto all’appena concluso restauro, riporta in modo approfondito le informazioni storiche, riassunte brevemente nell’ambito dei pannelli della mostra: è certo che le due tele siano state levate dalla cappella per essere collocate nella chiesa di Santa Maria degli Angeli già un secolo dopo la loro realizzazione, a causa della grave umidità del piccolo ambiente ma anche (secondo le fonti) per ragioni legate ai ripetuti tentativi di furto della tela di San Gerolamo, nota nel XVII secolo anche attraverso le incisioni. Secondo l’ipotesi confermata dai recenti studi, le due opere devono essere state per lungo tempo sprovviste di cornice: quelle che si possono tuttora osservare, vengono realizzate appena nel 1696, quando il pittore Gregorio Lazzarini dipinge una scena sacra per la medesima chiesa annessa al monastero muranese. La conferma, come evidenziato dagli studi, è data dall’evidente somiglianza delle due cornici realizzate per le tele cinquecentesche con quella che racchiude il dipinto tardo-seicentesco del Lazzarini. La bellezza delle cornici barocche, evidenziate dal loro contrasto stilistico con le tele provenienti dalla cappella di San Gerolamo, è stata eccellentemente ripristinata dal recente restauro: così come sono riemersi, con abbagliante splendore, i caratteri cromatico-compositivi e i preziosi dettagli delle due tele commissionate nel settimo decennio del Cinquecento a Paolo Veronese. Sebbene il dipinto con la raffigurazione di San Gerolamo sia stato realizzato senza alcun dubbio dal grande maestro del Cinquecento veneziano, resta ancora incerta e dubbia l’attribuzione della tela in cui è rappresentata Sant’Agata visitata da san Pietro: la critica non è concorde sull’argomento e soprattutto nel corso del Novecento, come ricordato in uno degli interventi principali raccolti nel catalogo, l’ipotesi di un’attribuzione della stessa alla mano di Benedetto Caliari (fratello di Paolo) è andata diffondendosi. Tanto che, in alcune pubblicazioni monografiche sul Veronese, l’opera non viene attribuita al celebre maestro: rimangono dei dubbi, quindi, sulla sua paternità. Alcune fonti critiche ipotizzano anche una plausibile collaborazione dei fratelli nella realizzazione della tela, fornendo così un’interpretazione attendibile considerando lo stretto legame dato dall’attività dei collaboratori e del maestro nella bottega di Paolo Veronese. Le due opere muranesi, per lungo tempo trascurate e poco evidenti agli occhi del pubblico e della critica, hanno rivelato ai restauratori i loro segreti più nascosti: alcuni pentimenti (ulteriori rispetto a quelli già evidenti sulla superficie della tela con San Gerolamo), disegni preparatori di squisita raffinatezza e infine la cromia originale, formata dai colori che hanno reso grande Veronese e hanno contribuito a farlo risaltare nel complesso percorso della storia dell’arte veneta. Insomma, la mostra veneziana è imperdibile: le due tele meritano di essere osservate e confrontate, per dar loro l’opportunità di poter essere ammirate per la prima volta dal pubblico, prima di lasciare temporaneamente l’Italia per essere esposte presso la Frick Collection di New York. La mostra veneziana è curata da Paola Marini e Roberta Battaglia: il catalogo edito da Marsilio, stampato in italiano e in inglese, è stato finanziato da Bulgari.