Rodin a Treviso

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Al Museo di Santa Caterina cinquanta opere tra bronzi, gessi e inoltre ventitré opere su carta del grande scultore

di Walter Chiereghin

 

Nei locali del Museo di Santa Caterina, che inaugura per l’occasione una vasta sala ipogea intitolata a Giovanni Barbisan, Treviso mette a disposizione del “suo” Marco Goldin gli spazi per un’altra mostra, stavolta di scultura, destinata a priori a un prevedibile successo commerciale: “Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet”. Riguardo alla previsione sui dati di affluenza, il curatore mette le mani avanti, consapevole del fatto che la scultura attrae un numero di visitatori molto ridotto rispetto alla pittura, ma è probabile che in questo caso vi sia un’eccezione, considerato il dispiego di mezzi pubblicitari davvero impressionante, ma anche – oggettivamente – la qualità e quantità delle sculture proposte al pubblico.

L’esposizione allinea difatti un rilevante numero di opere tridimensionali di Auguste Rodin (Parigi 1840 – Meudon, Francia 1917), oltre a una ventina di disegni provenienti dal Musèe Rodin di Parigi, che completa con questo importante prestito le celebrazioni per il centenario della scomparsa dell’artista, le cui precedenti tappe sono state il Grand Palais parigino e il Metropolitan di New York. Tripartito in tre sezioni ciascuna allestita in una grande sala del museo, il percorso espositivo, organizzato in sequenza cronologica, presenta, tra gessi, marmi e bronzi di grandi o medie dimensioni buona parte delle opere più note di Rodin, dal Bacio (immagine di riferimento della mostra, presente in copia su gesso di dimensioni ridotte rispetto al marmo del museo parigino) al Pensatore, anch’esso in gesso, ma di dimensioni monumentali, al Monumento a Balzac, alle due figure di Adamo ed Eva, all’Età del bronzo, quindi ai modelli, in formato ridotto, del gruppo monumentale dei Borghesi di Calais e la Porta dell’Inferno, ambizioso e mai completato progetto plastico che è al contempo un monumento all’Inferno di Dante e la matrice di alcune figure e gruppi scultorei che hanno vissuto poi di vita propria, com’è stato per Il Bacio, pensato originariamente come elemento della Porta per rappresentare Paolo e Francesca da Rimini, “la bocca mi baciò tutto tremante”, nell’immortale verso del Canto quinto, oppure per lo Studio per Iride, gesso di ridotte dimensioni appartenente al filone dell’erotismo, un corpo acefalo di donna a gambe divaricate il cui scandaloso soggetto è stato posto in relazione col famoso Origin du monde di Gustave Courbet, oppure per il gruppo delle Tre ombre, originariamente pensate a sovrastare la Porta sopra l’architrave, infine anche per Il Pensatore, elemento da collocare – secondo una prima ispirazione – sopra i due battenti della Porta a rappresentare l’artefice della Commedia, dopo che originariamente avrebbe voluto essere la figurazione del Minosse giudice infernale dantesco, che “essamina le colpe” in quel medesimo canto che vede il supplizio dei lussuriosi.

Nella prima sezione della mostra, assieme ad alcune opere giovanili, tra le quali il ritratto di Uomo dal naso rotto: un grande ritratto, omaggio a Michelangelo del 1874-1875, rifiutato al Salon di Parigi nel 1864. Tra le opere che dischiudono le porte sull’arte di Rodin, nella prima sala compare la figura virile eretta dell’Età del bronzo, iniziata prima e completata dopo il suo viaggio in Italia, importante perché lo mise a diretto contatto con la scultura classica e rinascimentale, soprattutto con quella di Michelangelo e di Donatello. Il nudo a grandezza naturale (la copia presente a Treviso è una fusione in bronzo del 1964) richiama esplicitamente per la postura del soggetto, con un braccio levato sopra la testa, il Prigione morente del Buonarroti conservato al Louvre. Il perfetto realismo esecutivo della scultura, unito al fatto che l’autore era, per i più, un perfetto sconosciuto, indusse l’estensore di un articolo apparso su L’Etoile belge a sostenere che la figura fosse eseguita partendo da un calco dal vero, accusa che continuò a perseguitare Rodin fino alla presentazione dell’opera al Salon di Parigi nel 1877, quando riuscì a convincere la giuria ad ammettere la scultura, anche grazie all’esibizione di fotografie e documenti e alla testimonianza di alcuni artisti belgi.

Due anni più tardi, in forma altrettanto realistica, ma fortemente dinamica per la postura del soggetto, presentò al Salon parigino il suo San Giovanni Battista, (presente in gesso a Treviso) che diede al suo autore la fama e il successo in Francia cui aveva ambito senza ottenere fino ad allora i riconoscimenti che in seguito riscattarono le difficoltà dei suoi esordi, compresa la mancata ammissione, subita per tre volte, alla Ècole des Beaux Arts.

Nel 1880 iniziò a lavorare alla Porta dell’Inferno, portale che avrebbe dovuto costituire l’entrata monumentale al Museo di Arti figurative di Parigi, ancora in fase di progettazione e mai realizzato in seguito. A quell’opera Rodin lavorò per tutta la vita, ritornando più volte sul soggetto e, come si è detto più sopra, enucleando dal grandioso disegno creativo alcune figure e gruppi che, rielaborati e resi in forme ingrandite rispetto ai modelli, vissero e vivono tuttora di vita propria.

Appartiene a un periodo successivo, quando un solido successo aveva già arriso all’artista, il gruppo scultoreo I borghesi di Calais, commissionato a Rodin nel 1884 dal Municipio di Calais, che intese celebrare un episodio della Guerra dei Cento Anni, avvenuto nel 1347 quando, dopo un assedio durissimo da parte delle truppe di Edoardo III d’Inghilterra, la città di Calais si rassegnò alla resa. Sei borghesi capitanati da Eustache de Saint-Pierre si proposero di offrire all’esercito nemico le chiavi della città e le proprie vite, purché alla città fosse risparmiata la distruzione. La regina inglese Filippa di Hainaut, colpita dal coraggio dei sei uomini, chiese allora al marito di risparmiare loro la vita. La storia della creazione di questo capolavoro fu accidentata e si protrasse per un lungo periodo (il gruppo fu inaugurato soltanto nel 1895), e per la sua esecuzione Rodin dovette confrontarsi con la committenza che avrebbe preferito un monumento più convenzionale, a composizione piramidale e fortemente intriso di retorica, mentre l’artista ebbe la meglio sugli amministratori della città, dando vita ad un gruppo composto da sei figure dolenti e spaventate, che con il cappio al collo avanzano titubanti per offrire al nemico le chiavi della città. Dell’opera e dei singoli personaggi si produssero nel tempo varie copie, che furono esposte a Londra, a Vienna e a Venezia, dove venne allestita la mostra personale che la Biennale del 1901 dedicò allo scultore, e dove il Municipio acquistò il gruppo in gesso per la Galleria cittadina d’arte moderna di Ca’ Pesaro.

Ancora da citare almeno, tra le sculture presenti a Treviso, il monumento a Balzac, contestatissimo all’epoca, che gli fu commissionato nel 1891 da Emile Zola, quale presidente della Società dei letterati francesi e, da ultimo, il delizioso ritratto intitolato Il pensiero, che raffigurante una testa di donna colta in un momento di cheta riflessione, unico elemento finemente modellato in un informe blocco di materia. La modella, per la cronaca, fu la scultrice Camille Claudel, che ebbe una lunga relazione d’amore con Rodin.

Presente in mostra anche una grande tela di Edvard Munch del 1907, Il Pensatore di Rodin nel giardino del dottor Linde a Lubecca (Linde fu un importante collezionista sia di Rodin che di Munch) e un luminoso dipinto di Monet, Reti da pesca a Pourville, del 1882, presente nella mostra Monet/Rodin che si svolse a Parigi 1889 presso la galleria di Georges Petit.

Come si vede, dunque, una mostra ricca di suggestioni che, se pure non aggiunge nulla alla conoscenza dell’opera del grande scultore francese, ha tuttavia il merito di offrire al visitatore l’opportunità di conoscere da vicino la sua opera, attraverso una selezione indubbiamente articolata, interessante e accattivante dei suoi lavori.