Schiele non dipinse solo barche a Trieste

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Il pittore incontrò la bambina, accompagnata dalla madre e forse da una zia, nei pressi della Casa Trobitz, un palazzotto situato in via Cecilia de Rittmeyer 18…

di Antonio Della Rocca

 

Appare sul Piccolo di Trieste del 21 gennaio 2019 la notizia della prossima vendita all’asta a fine febbraio da Sotheby’s di un conosciutissimo quadro di Egon Schiele Triestiner Fischerboot, del 1912.

Questo dipinto fa parte di una nota serie di opere “minori” con scene portuali, dipinti o abbozzati da Egon durante quelle che sono state le sue abbastanza frequenti visite a Trieste, la più celebre quella del 1907 con sua sorella Gerti, su cui molto si è chiacchierato.

Si dice che il Triestiner Fischerboot sia stato dipinto da Schiele dopo il periodo di carcerazione a Neulengbach con l’accusa di aver sedotto una fanciulla di buona famiglia – accusa riconosciuta falsa, ma il processo si chiuse con una breve condanna per pornografia: il giudice diede personalmente alle fiamme in aula uno dei suoi disegni erotici – ed è probabilmente il più conosciuto della serie triestina.

Il primo possessore dell’opera pare sia stato Heinrich Böhler, rampollo della omonima famiglia di industriali dell’acciaio, che fu allievo, sodale – con il cugino Hans – e finanziatore di Egon. A lui risalgono molte opere di Schiele acquisite dal Leopold Museum. Da cinquant’anni non si conosce la proprietà del dipinto, né presumibilmente la si conoscerà, visto il prezzo a cui sarà battuto (tra 7 e 9 milioni di Euro). Il fatto che sia sempre stato in collezione privata non ha però impedito che fosse esposto in selezionate occasioni.

Ma Schiele non ha dipinto solo barche, a Trieste.

Esiste una storia pochissimo conosciuta, che è venuta alla luce a seguito della pubblicazione del mio romanzo La bambina in rosso – Egon Schiele visto dalle sue donne e dai contemporanei (Gilgamesh Edizioni, 2015) per una serie di incredibili coincidenze.

Il titolo del libro si riferisce ad un’opera poco nota di Egon, un quadro del 1916 denominato Bambina bionda con l’abito rosso (Kleines Mädchen mit blondem Haar im roten Kleid).

Per alcune ragioni “letterarie” originate dalle mie ricerche sulla vicenda personale di Egon e di sua sorella Gerti, avevo ritenuto che si trattasse dell’unico ritratto di Gertrude Peschka, nata nel giugno del 1913, figlia appunto di Gerti Schiele e di Anton Peschka, un pittore amico di suo fratello.

Non ne avevo peraltro nessuna conferma, salvo una qualche somiglianza con l’unica fotografia di Gertrude Peschka con i genitori e il fratellino Tonerle, di data incerta, forse del 1917.

Per puro caso è successo che un signore di nome Dario Abrami, triestino di nascita ma che non risiede a Trieste, si trovasse occasionalmente in città il 22 gennaio 2016.

Ha acquistato Il Piccolo e si è trovato di fronte un articolo che annunciava la presentazione del mio romanzo da parte di Veit Heinichen, con la copertina del libro che riporta l’immagine del ritratto.

Dario è sobbalzato, riconoscendo immediatamente sua madre Maria Concetta Trobitz nella bambina raffigurata e ricordando una storia della sua famiglia, da molti anni a Trieste, su un giovane pittore di nome “Schiller” che la aveva effigiata da bambina. L’errore sul nome è foneticamente possibile, tanto più che nella Trieste del 1916 Schiller era conosciuto da tutti (o quasi) e Schiele praticamente da nessuno (è morto nel 1918, a soli 28 anni).

La vulgata familiare della famiglia Trobitz racconta che il pittore incontrò la bambina, accompagnata dalla madre e forse da una zia, nei pressi della Casa Trobitz, un palazzotto situato in via Cecilia de Rittmeyer 18 (guarda caso, a un centinaio di metri da casa mia…) e colpito dall’espressione della piccola e dai suoi capelli biondi (anche Gerti era bionda, by the way) chiese il permesso di ritrarla. Si deve supporre che ne fece solo uno schizzo preparatorio, visto che la famiglia non ebbe la possibilità di acquistare il ritratto, e che lo completò a Vienna.

Dario mi cercò e già dal nostro primo incontro, anche sulla scorta di una fotografia della madre da bambina (figura 3, la terza da sinistra), apparve chiaro che l’identificazione era positiva: stesso ovale, stessa espressione, stessi capelli… nessun dubbio, e l’età combaciava perfettamente.

Neanche a farlo apposta, pochi giorni dopo mi trovavo a Vienna e nel corso di una visita al Museo del Castello del Belvedere mi imbattevo nel quadro della Bambina eccezionalmente esposto in una mostra tematica. Essendo in collezione privata, mi era stato possibile vederlo solo in Internet o su (pochissimi) libri specializzati.

Avvisato di ciò, Dario si recò subito a Vienna ed ebbe l’occasione di ammirare commosso il quadro che rappresentava sua madre.

Il 14 e 15 ottobre 2016 Dario Abrami – nella sua veste di “testimone” – ed io abbiamo partecipato a Vienna al 5° Simposio Internazionale di Ricerca su Egon Schiele a cura della Egon Schiele Research Society (ESRS), tenutosi nelle sale del celebre Museo dell’Albertina.

Il Simposio era introdotto da Christof Metzger, Curatore Capo dell’Albertina, e gestito da Johann Thomas Ambrózy, Presidente della ESRS, e si è svolto tra Vienna e Neulengbach – luogo topico quest’ultimo della vita di Schiele.

Le notizie su questa vicenda sono state accolte con molto interesse e grandissima simpatia. Tra l’altro, questa scoperta ha permesso di asseverare la data del dipinto, che nei testi dedicati era datato 1916.

Sulla via del ritorno, Dario ed io ci siamo recati al Cimitero di Ober St.Veit per un saluto alle tombe di Egon Schiele, di sua sorella Gerti Peschka-Schiele e della figlia Gertrude Peschka.

Come ho avuto modo di dichiarare durante il Simposio, l’identificazione della bambina con Maria Concetta Trobitz nulla aggiunge e nulla toglie alla sostanza del mio romanzo. Ero (e sono tuttora) stupito – basandomi su fattori obiettivi – del fatto che Egon abbia ritratto più e più volte Tonerle e mai Gertrude. Che il quadro rappresenti o no la nipote di Egon, la trama non cambia.