Sonetti sloveni di Milan Jesih

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di Roberto Dedenaro

 

La vita scorre ad una certa distanza e noi facciamo fatica ad appropriarcene, le mattine si fanno di sabbia e non sempre tutto sta lì, pronto per noi. Ed anche se ci facciamo forza sulla tradizione non è detto che lei non si faccia gioco di noi, non sia incapace di indicarci una direzione, ciò che in questa nostra esperienza potrebbe avere un senso, uno scopo. Siamo degli eroi stanchi, un po’ inetti, vorremmo metterci davanti al televisore e infilarci in un comodo paio di pantofole, ma non sempre lo possiamo fare senza l’ansia dei nostri piccoli fallimenti, delle nostre piccole vanità, dei nostri amori che vorremmo grandi e riusciti e non piccoli e meschini come a volte capita.

Ecco queste idee mi ronzano in testa dopo la lettura di Mattinata sabbiosa di Milan Jesih, appena edito da Franco Puzzo Editore, tradotto e commentato in postfazione dalla brava Darja Betocchi, che dopo Kosovel è tornata a tradurre poesia cercando di rispettarne, oltre a quanto uno si potrebbe aspettare ogni valore metrico e fonetico: sonetti erano e sonetti, rime comprese, escono dalla penna di Betocchi, il che ci fa sortire un sommesso ooh di ammirazione.

Come ci spiega Marko Kravos, quasi affettuosamente, nella introduzione al volumetto, un diminutivo che ci sta, sono venti sonetti, non di più, Jesih è uno dei punti di riferimento della letteratura slovena degli ultimi cinquant’anni, un protagonista del postmoderno lubianese, sin dalle prime opere, apparse a ridosso del fatidico ’68, in posizione di assoluta preminenza come testimoniato anche dal conferimento del Premio Prešeren nel 2002.

Kravos nell’introduzione e Betocchi nella postfazione, sembrano simpaticamente collidere nell’interpretazione dell’opera di Jesih, per lui è un poeta ludens, per lei un raffinatissimo e drammatico acrobata della lingua, ma se poi uno andasse avanti con la lettura dei due interventi scoprirebbe che alla fine c’è anche dell’accordo: tutti e due convergono nel capire quanto l’arma dell’ironia e l’uso, un po’ stravolgente di una forma chiusa, nella sua poesia, sia un sottile argomento di depistaggio da parte dell’autore, un suo prendere le distanze da sé, un escamotage per avere l’esatta misura di questo suo sé: in fondo è meglio anticipare una sconfitta e gioire sorpresi per l’inattesa vittoria che dover vivere una cocente delusione, questo lo sanno anche i sassi, e quindi tutto questo misunderstanding, questo sorridere di se stessi non vuol dire che non ci sia la più grande attenzione e considerazione del mondo e dei suoi drammi nell’affrontare una ennesima mattina. Questi modi, ironia, forme chiuse, sono modalità proprie di una certa neoavanguardia, ben presente anche in Italia, naturalmente, che ha creduto di dover inseguire una poetica lontana da ogni liricità, proponendo una ricerca formale che nasce da una continua citazione: Jesih è talmente consapevole che la poesia amorosa, ogni poesia amorosa, ha qualcosa a che fare con lo stilnovo e con Cavalcanti, ad esempio, che tanto vale la pena richiamarlo apertamente e girovagarci d’intorno.

Nel commentare, alla fine, questo delizioso volumetto non vanno dimenticate alcune osservazioni: è questo il primo volume di Jesih che viene tradotto in italiano, nonostante, come abbiamo detto sia uno dei principali poeti sloveni viventi, Franco Puzzo Editore, nel comporre questo libro ha potuto disporre di un gruppo di collaboratori di assoluto valore, Betocchi, Kravos, vorremmo fosse data la possibilità, attraverso la giusta attenzione dei lettori, di poter continuare una esplorazione della poesia contemporanea slovena, con altri libri come questo, sta a noi lettori, in fondo, il potere di creare l’occasione di farlo.

 

 

Milan Jesih

Mattinata Sabbiosa

traduzione dallo sloveno:

Darja Betocchi

Franco Puzzo Editore, Trieste 2017

  1. € 15,00