Sonorità dell’alta e della bassa cappella

| | |

di Luisa Antoni

Fonti medievali riportano la descrizione dell’ingresso di Riccardo I “Cuor di Leone” a San Giovanni d’Acri nel 1191: il re – di ritorno dalle crociate – venne accolto dai suoni potenti delle trumpae e delle tubae, uniti a quelli taglienti, penetranti ed incisivi delle tibiae e al fragore impetuoso prodotto dai tympana. Questi i nomi latini che indicano alcuni degli strumenti che compongono l’Alta cappella, un gruppo strumentale che assieme alla Bassa cappella si era imposto all’attenzione dei regnanti di tutta Europa sul finire del Medioevo e poi nel Rinascimento. A formare l’Alta e la Bassa cappella strumenti che noi oggi conosciamo come tromboni, cornetti, trombe, bombarde, cornamuse, ghironde, dulciane, flauti, vielle, viole da gamba, percussioni, salteri.

L’Alta cappella è un ensemble composto principalmente da strumenti a fiato e percussioni che accompagnava i nobili nelle loro campagne di guerra ed era ben presente e ‘sonante’ durante gli avvenimenti di corte, le feste, le cerimonie religiose e profane, colte e popolari. Ascoltare e approfondire oggi questo repertorio ci porta in una dimensione lontana ma anche piena di fascino antico che però sentiamo famigliare. Il succitato racconto inerente a Riccardo I (ricordato nelle note al CD) ci fa volgere lo sguardo verso l’Oriente e verso le crociate che furono, sì, campagne di guerra, ma che portarono in Occidente numerosi elementi che hanno arricchito la cultura europea. Tra la seconda e la terza crociata le fonti testimoniano dei contatti culturali tra gli europei rimasti in servizio nelle guarnigioni d’Oriente e gli abitanti di quei territori: pare che sia stata questa l’occasione in cui il modello mediorientale della banda di fiati venne introdotto in Occidente. Molte sono poi le testimonianze medievali letterarie, iconografiche e nelle fonti musicali, sparse in tutta Europa, che trattano proprio di gruppi di questo genere.

In Occidente una prima vera affermazione ufficiale di un ensemble di tal genere si trova in documenti veneziani del 1458, quando venne sancita la nascita dei Piffari del Doge. La Pifarescha è un gruppo musicale che vuole riproporre il repertorio di questi ensembles, un repertorio esclusivamente strumentale in un periodo che vedeva la predominanza della musica vocale. E qui nuovamente si apre una finestra verso un mondo lontano: le fonti in notazione antica e i trattati lasciano ai musicisti molte questioni senza risposta, riguardo l’articolazione, le alterazioni, il tempo, i ritmi, la dinamica e quant’altro sia di immediato effetto sull’esecuzione. Letta e interpretata oggi la trattatistica musicale del passato mostra un evidente problema: ricostruire questi brani (che alle volte sono semplicemente una traccia melodica, segnata in notazione antica) è una vera sfida. Una corretta e completa interpretazione musicale avrebbe bisogno di tutta quella considerevole parte di conoscenza che veniva tramandata oralmente, il cui repertorio ci stupisce per la profondità del sapere che racchiude e per il virtuosismo dei musicisti.

Per il suo CD, edito dalla Glossa, il gruppo La Pifarescha (Stefano Vezzani, flauti diritti, flauto col tamburo, bombarde; Marco Ferrari, flauti, bombarde e cornamuse; Mauro Morini, tromboni, tromba dritta e tromba da tirarsi; David Yacus, tromboni, tromba dritta; Fabio Tricomi, viella, flauto col tamburo e percussioni; Svetlana Fomina, viella e Gabriele Miracle, salterio e percussioni) ha scelto 25 brani tratti da 17 fonti dell’epoca sparse in tutta Europa, dall’Orchésographie di Arbeau alla Danserye di Susato. Introduce al CD la Pavana del povero soldato di Hessen-Kassel con un uso delle percussioni che danno l’idea sonora di un esercito che si avvicina. È un CD di piacevole ascolto e – come si può vedere dai titoli italiani, tedeschi e francesi – i brani hanno origini diverse, pur appartenendo a una comune estetica musicale. La base di questa registrazione è indubbiamente il sapere filologico, strumentale e virtuosistico, acquisito dal gruppo in anni di studio e di approfondimento… e proprio grazie a tale sapere possiamo ritrovare le radici della musica occidentale e intravvedere dimensioni a noi oggi poco conosciute.