Sotto la croce del sud

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I ricordi dell’ex ambasciatore Emilio Barbarani

di Diego Zandel

 

Dopo una lunga carriera diplomatica, Emilio Barbarani si è scoperto scrittore. L’esordio con un libro di immediato successo Chi ha ucciso Lumi Videla?, edito da Mursia nel 2012, dove racconta il periodo cruciale in cui, console a Buenos Aires, viene mandato improvvisamente, nel 1974, a Santiago del Cile, in qualità di primo segretario di ambasciata (ci tornerà nel 1998 come ambasciatore). Motivo: l’ambasciata italiana, rappresentata dall’ambasciatore istriano De Vergottini, è diventata rifugio degli oppositori, tra cui molti esponenti del Mir, del regime di Pinochet. In quei giorni c’è stato un omicidio, quello della esponente rivoluzionaria Lumi Videla, il cui cadavere qualcuno ha gettato oltre l’alto muro del giardino dell’ambasciata con l’intento di accusare i militanti ivi raccolti di omicidio. L’ambasciatore e la moglie abitano fuori dell’ambasciata e c’è bisogno di un uomo di polso che controlli la situazione al suo interno. Emilio Barbarani è la persona più adatta: scalatore, tiratore scelto, giovane prestante, coraggioso, saprà bene come districarsi tra i tanti imprevisti ospiti,  tutti oppositori di Pinochet, ma divisi tra loro da rivalità politiche, qualche spia e doppiogiochista, e con la polizia e la magistratura cilena che vuole far luce sull’omicidio di Lumi Videla (che sarà sospettata, anni dopo, di essere stata l’amante di un esponente del regime di Pinochet e il cui mistero sul suo omicidio aleggia ancora).

A questo suo primo libro, che si aggiudicherà il Premio Flaiano, segue La via dei topi. Sulle tracce dei nazisti in Argentina, con il quale Barbarani ci porta agli anni immediatamente precedenti quelli di Santiago del Cile, quando era console a Buenos Aires e con alcuni amici, un’agente del Mossad sotto copertura e un ex partigiano italiano, andrà, con grande pericolo, a caccia – mascherata da spedizione alpinistica sul grande lago Argentino al confine con il Cile – dei nazisti protetti dalla dittatura di Videla, trovando addirittura villaggi in stile tedesco abitato da transfughi nazisti.

Ora è la volta di un libro che spiega più di altri il motivo per cui Barbarani ha avuto  sempre a che fare, come diplomatico, con paesi di lingua spagnola, a cominciare da Madrid, per continuare, appunto, con Buenos Aires e quindi, due volte, con diversi incarichi con il Cile, per chiudere la carriera come ambasciatore a Lisbona. Parliamo del suo nuovo libro Stelle lontane della Croce del Sud, edito da Ianieri, che ci riporta agli anni  dell’immediato dopoguerra, al 1950, quando Barbarani aveva dieci anni e suo fratello Alvise nove, orfani di padre, in quel di Verona dove sono nati e vivono, da quando loro avevano rispettivamente due e un anno. Tutto comincia il 14 dicembre del 2000, estate australe in Cile, dove Barbarani è ambasciatore, quando riceve una telefonata da sua fratello Alvise da Verona: la mamma è morta.  Ed ecco scivolare dentro di lui una lunghissima scia di ricordi della vita lontana con lei di quando, lui e Alvise, bambini emigrano in Argentina. Al contrario di altri non lo fanno per necessità, ma per seguire, appunto la mamma, che negli anni della vedovanza si è legata di un altro uomo, Sandro Benassi, un ex capo partigiano, già ufficiale di Cavalleria dell’Accademia di Modena, diventato nel dopoguerra direttore della Cotosan, una fabbrica di tessuti e maglieria di Torrenova in Toscana che la madre e i due ragazzi hanno raggiunto, da Verona, per stare vicino all’uomo. «Capimmo subito che mamma teneva molto a Sandro, lui le voleva bene. Ma non riuscivamo ancora a immaginare che cosa il futuro ci stesse riservando». E il futuro di lì a poco sarebbe stata l’Argentina, o, meglio, la Patagonia, nei pressi del rio Colorado, nella pampa sconfinata. La Cotosan, appartenente al commendator Grazzini, è, infatti, appena fallita, e la proposta che il titolare fa a Benassi e alle maestranze è quella di trasferirsi tutti, macchinari compresi, in Argentina. Non pochi, tra cui, appunto, Benassi accetteranno la proposta e, così, la madre per amore, accetta di seguirlo con i figli.

Un viaggio lunghissimo, prima in nave, poi in treno, un viaggio attraverso tutta l’Argentina che sarebbe terminato in un paese chiamato Pedro Luro. «Il primo contatto con quel luogo si sta rivelando disastroso. Come i villaggi che in tre giorni di viaggio abbiamo sfiorato con il treno, più che un luogo, Pedro Luro ha l’aspetto di un ‘non-luogo. C’è una chiesetta, è vero, la prima che vediamo da quando abbiamo lasciato Buenos Aires, e forse – come mamma mi confiderà anni dopo – anche un prete, cui aprire il cuore oppresso dalla desolazione. Ma per il resto non c’è nulla, manca tutto. O, almeno, questa è la prima nostra impressione».

E anche la vita lì sarà tutt’altro che facile. Prima di tutto dal punto di vista economico, perché anche lì l’azienda non decolla, il commendator Grazzini, ancora in Italia, non fa pervenire i capitali promessi. Il sospetto è che suo figlio Giancarlo, fuggito ancora prima in Argentina per bancarotta, e per questo ricercato in Italia, sciupi il denaro che il padre manderebbe per pagare le maestranze (ma non sarà così, anche Giancarlo, e la moglie Silvia e i due bambini piccoli che hanno, non se la passano troppo bene). La madre di Barbarani comincia a pentirsi di essere venuta fin laggiù, sogna la sua bella e maestosa casa avita di Verona, dove il vecchio padre benestante e la sorella l’aspetta con i nipoti. Tant’è che i rapporti tra la madre e Sandro Benassi cominciano a guastarsi, i due quasi a fare vite separate. Barbarani e il fratello, con l’inverno vengono iscritti a scuola dai Salesiani, il Fortìn Mercedes, il collegio Don Bosco di Pedro Luro, che frequenteranno per cinque lunghi anni, mentre l’estate porterà loro una sorpresa che, come scrive Barbarani, cambierà la loro vita. Ovvero, con l’arrivo di Slay «il primo cavallo della nostra scuderia, quello sul quale impareremo a montare. Sandro, che di cavalli se ne intende, s’è portato a casa, acquistandolo non so dove, una magnifica bestia il cui unico difetto è forse quello di essere troppo grande. A noi bambini pare una montagna…». Ma, a poco a poco, impareranno a cavalcarlo fino a diventare padroni della vita della prateria. In quei cinque anni altri cavalli riceveranno in dono anche dal señor Torres, il proprietario di un’estensa, chilometri e chilometri di territorio, che impareranno a conoscere in lungo e in largo. Ma, alla fine dei cinque anni di scuola, la decisione della madre di tornare a Verona, si fa irrevocabile, così come quella di separarsi da Sandro, che non ha mai sposato e soltanto alla fine si saprà perché: una rivelazione della quale Barbarani verrà a conoscenza soltanto nel 2010, sessanta anni dopo la loro partenza per la Patagonia, per la pampa argentina, quella «pampa querida, che, anche da diplomatico, in giro per il mondo, ho sempre portato con me in fondo al cuore».

 

 

Emilio Barbarani

Stelle lontane

della Croce del sud

Ianieri, Silvi Marina (TE) 2021

  1. 371, euro 18,00