Tra Babele e Via dei Fabbri

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Opera naturale è ch’uom favella;

ma così o così natura lascia

poi fare a voi, secondo che v’abbella

Dante, Paradiso, XXVI, 130-132

La storia personale e professionale di Diego Marani ruota attorno allo studio e alla conoscenza di una pluralità di lingue. Allo scopo di crearsi solide competenze in tale ambito, ha frequentato la Scuola per Traduttori e Interpreti dell’Università di Trieste innamorandosi della “città celeste”, come ha inteso ribattezzarla intitolando così un suo Bildungsroman del 2021, storia di un innamoramento che perdura tuttora, visto che solo lo scorso anno ha acquistato casa sul colle di San Vito.

Diego Marani

Lo studio delle lingue gli ha consentito di procurarsi il pane, con il lavoro presso gli organi centrali dell’Unione Europea, ma è anche al centro di sue divagazioni letterarie, come si evince fin dai titoli di qualcuno dei suoi libri, quali Nuova grammatica finlandese, o L’interprete, oppure Come ho imparato le lingue. Essendo dotato del dono di una effervescente ironia, Marani – che si definisce “giocoliere delle lingue” – ha pure inventato nel 1996 una lingua nuova, non a caso ispirata da Bruxelles, la città bilingue in cui l’idea è nata, l’europanto, un maccheronico ludico assemblaggio di diversi idiomi europei, col quale si è divertito a scrivere editoriali su giornali svizzeri e belgi, a tradurre l’incipit della Commedia dantesca, a cantare Romagna mia con Toto Cotugno, ha tenuto discorsi da una radio finlandese e da un’altra svizzera: mancava soltanto il testo di una commedia. Ci ha pensato a stanarlo e a metterlo su un palcoscenico Elke Burul, coautrice con lui di Eine posto, keine Platz, una produzione dell’Associazione culturale Teatro Immagine e Suono che ha debuttato il 15 marzo al Teatro dei Fabbri di Trieste, nell’ambito della rassegna di teatro contemporaneo “AiFabbri2” della Contrada, per la regia di Giovanni Boni in scena con Valentino Pagliei ed Elke Burul, con voce fuori scena di Pietro Spirito.

Valentino Pagliei ed Elke Burul in Eine posto keine Platz

La vicenda portata in scena è semplice, ma sottesa a una serie di implicazioni ironiche e al limite del comico, lasciando tuttavia spazio per una lettura meno superficiale, tale da indurre a qualche riflessione sui temi dell’incomprensione, del pregiudizio nei confronti dell’altro, oltre che sui fondamenti dell’identità. è la storia di un incontro, che a tratti si trasforma in uno scontro, tra un poliziotto in attesa di un’imminente promozione al grado di ispettore (Valentino Pagliei) con un’enigmatica donna straniera (Elke Burul) per la quale si deve istruire una pratica amministrativa che s’incaglia immediatamente nel rifiuto da parte della convenuta a fornire l’indicazione di un luogo di residenza. Il rifiuto, oltretutto, si esprime mediante l’uso di una lingua sconosciuta, con varie attinenze col tedesco, ma anche con altre lingue europee, non escluso qualche poco di dialetto triestino, un guazzabuglio che nemmeno l’intervento dell’interprete (Giovanni Boni) riesce a districare: è il debutto dell’europanto sulla scena teatrale.

Elke Bururl

Bravi tutti gli interpreti, incluso perfino Pietro Spirito che presta la voce alla lettura di un testo un po’ burocratico ma molto socialmente avanzato che dovrebbe coadiuvare l’imbarazzato e confuso poliziotto verbalizzante a gestire un rapporto plausibile con la donna (migrante? apolide?) cui presta la sua ieratica presenza scenica un’Elke Burul la cui interpretazione non è azzardato definire magistrale.

Il pubblico che, alla prima, ha riempito il Teatro dei Fabbri fino all’ultimo posto disponibile ha mostrato di aver gradito la pièce tanto sotto il profilo del suo tono ironico e surreale, quanto per la qualità della messa in scena e dell’interpretazione degli attori.