Tre donne intorno al cor mi son venute

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Versi in italiano di Claudio Grisancich

di Walter Chiereghin

 

Se si eccettua la raccolta dei 99 haiku metropolitani, (Fuorilinea, Monterotondo 2013), nella ormai copiosa quantità di pubblicazioni in versi di Claudio Grisancich non erano mai comparse, mai in volume almeno, poesie scritte in italiano, devianti quindi dal consueto dialetto nel quale, dal lontano 1966, abbiamo imparato a riconoscere la sua poesia. Mai pubblicate, almeno fino a questo elegante volumetto intitolato Les Italiennes, che viene a riempire questa lacuna. Per metterlo assieme, per curarne il paratesto e la veste grafica, il poeta triestino si è avvalso della fattiva collaborazione di tre donne, che si sono prestate con entusiasmo a intervenire sui testi ancora inediti. Tre donne, come nell’endecasillabo dantesco, attorno alle parole e quindi al cuore di un poeta. Così Patrizia Bigarella ne ha svolto un “commento pittorico”, creando venticinque deliziosi dipinti – uno per ciascuna poesia -, eseguiti a spatola e arricchendo grazie a tale tecnica le sue composizioni astratte di uno spessore materico osservabile soltanto soffermandosi con diligente accuratezza sulle riproduzioni tipografiche. Laura Ricci, scrittrice e poetessa, ha invece redatto una prefazione veramente magistrale, tanto più stupefacente pensando che l’autrice, viterbese residente a Orvieto, ha finora potuto apprezzare con profondità di giudizio la poesia in dialetto triestino di Grisancich, forte probabilmente anche dei suoi studi di Lingue. Infine Federica Luser, storica dell’arte, critica, editrice e soprattutto curatrice del volume, che nella sua introduzione pone in rilievo il lavoro della Bigarella e il nesso che lo unisce alla poesia di Grisancich.

Non appartengono, i nuovi versi di Grisancich, alla più recente stagione del poeta, ma sono un’antologia di testi scritti a partire dal 1966, una selezione tra una quantità di momenti che hanno attraversato per più di cinque decenni la vita del poeta, una sorta di intermittente diario lirico che si distacca nettamente da quanto l’autore è venuto pubblicando nell’ultimo periodo. Questa più recente stagione, difatti, si è presentata in gran parte intrisa di memorie di personaggi, di storie, di ambienti dell’infanzia, oppure di remoti anni addietro, trasfigurati dalle successive riflessioni che hanno impreziosito quei ricordi, restituendoli nei versi di una poesia di forte connotazione narrativa, che aveva come riferimento una memoria in certo senso collettiva, assumendo spesso toni di un’epica minima, rionale, di carattere corale, com’è stato per i versi di Album, oppure sapientemente ricostruiti in quel romanzo in versi che è il poemetto Storie de Fausta, ultimo nato prima di queste Les Italiennes.

La nuova silloge raccoglie testi poetici di tutt’altra fatta: nessun intento narrativo, nessun indulgente sorriso su proprie o altrui debolezze: sono versi rivolti a se stesso, scaturiti dall’esigenza di fermare la sensazione di un attimo, di una svolta nella propria biografia. In molti casi, il fraseggio si articola attorno ad una seconda persona singolare, un dialogo dunque, anche se è agevole immaginare che, in alcuni casi almeno, il messaggio rimane nell’esclusiva disponibilità del mittente: «questa lettera / brucia le mani / del tuo postino» (p. 3). L’interlocutore, il «tu» è di norma una donna, talvolta una donna assente, contro la quale si scaglia, graffiante e vendicativo, il verso del poeta («la tua carne riposa / tra lenzuola che un altro / ora stropiccia / voltandoti la schiena», p.11), altre volte il più sereno riconoscimento delle qualità precipuamente femminili, come in Amica: «è il tuo compagno, con te / è cresciuto è diventato padre / gli hai dato gioie che egli / non sospetta mai d’aver avuto / da te / ha avuto tutto e si confonde / se vede che lo guardi ancora / innamorata» (p. 27). La centralità del femminile nella vita e nel sentire del poeta è esplicitamente riconosciuta, poi, nel breve inventario delle cinque donne che hanno davvero contato nella sua esperienza, sono «[…] cinque donne cinque / lune cinque soli cinque / comete hanno inondato di luce / l’incerto impervio cammino / dei rimorsi» (p. 23).

L’assenza di punteggiatura, l’uso disinvolto dell’anafora e il frequente ricorso all’enjambement, evidenti anche nella minime selezione di versi liberi che abbiamo proposta, testimoniano di una padronanza del mezzo poetico che si compiace di una libertà espressiva da tempo pienamente acquisita, tanto in queste “italiane” quanto nel più consueto registro dialettale del quale l’autore è, assai opportunamente, considerato maestro. Tale manifesta abilità formale, tuttavia, non risulta mai fine a se stessa: al contrario, in ogni dove si percepisce in queste pagine come le parole sgorghino dalla profondità del vero, tanto quando costituiscono la rievocazione di un ricordo, quanto nei punti in cui si piegano a considerare dettagli del presente che manifestano un’acquisita consapevolezza del fluire del tempo, che assieme alla figura femminile e alla contemplazione “tormentosa della memoria” (cito dalla Prefazione di Laura Ricci) costituisce uno dei tre poli entro i quali si articola questa compatta ma prismatica raccolta di versi.

Il tempo, dunque: quello passato, quando «[…] nel calendario si è fatto / largo dal passato un giorno / qualunque» (p. 51), quello presente, carico di acuminata consapevolezza («gli sono venute tante / macchie sulla mano. / si guarda nello specchio / si vede come da lontano / e non si riconosce.», p. 59), perfino quello di un futuro in agguato oltre l’uscio («combatteremo / insieme la giornata che / avversa ormai ci attende», p. 39). E ogni cosa, il succedersi degli eventi, la fuga turbinosa dei giorni sembra confluire in questo disarmato autoritratto, che è anche occasione per un omaggio a Leopardi: «la mano / stretta allo spigolo / del tavolo in cucina / seduto / contro la luce della / finestra mirando / di là da quella / interminati / silenzi / di chiusi orizzonti» (p. 31).

Altre citazioni affiorano qua e là dalle pagine, elaborazioni di poesie o musiche che hanno attraversato in differenti stagioni il cammino del poeta: oltre Leopardi, Costantino Kavafis, Anna Achmatova, ma anche Leonard Cohen, e una deliziosa variante a Que reste-t-il de nos amours?, musicata dallo chansonnier Charles Trenet.

Come detto sopra, ciascun componimento poetico è assistito da un “commento pittorico”, come si è inteso definire il luminoso dipinto astratto di Patrizia Bigarella che ambisce a riprodurre nella sua composizione una citazione dal relativo testo. Rubo dall’Introduzione di Federica Luser: «Bigarella ammira profondamente il poeta, sente i versi di Grisancich come immagini liriche che spingono dal profondo della sua anima fino a esprimersi sulla carta. Il poeta e la pittrice sanno che l’immagine poetica e quella pittorica sono una magia che trasfigura il quotidiano in qualcosa di magnificamente semplice».

Magnificamente semplice. Proprio così.