Un eroe borghese

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In via di pubblicazione Il direttore, un testo teatrale di Elke Burul e Pietro Spirito, edito dalla “Libreria del Ponte rosso”

 

 

La Libreria del Ponte rosso si accinge a pubblicare un nuovo volume, autori Elke Burul e Pietro Spirito, del quale offriamo qui la lettura di un estratto della prefazione di Walter Chiereghin.

 

Buona parte delle pubblicazioni di Pietro Spirito, e segnatamente di quelle con carattere narrativo, sono precedute da ricerche storiografiche, su fonti atte a riportare in vita ambienti, personalità e vicende di anni o di secoli passati, com’è stato per La grande valanga di Bergemoletto, per Vita e sorte di Pierre Dumont, entrambi ambientati nel XVIII secolo, ma anche per l’Ottocento in cui è incastonata l’inquietante vicenda delle Indemoniate di Verzegnis. E si potrebbe proseguire, seguendo il progredire della bibliografia di Spirito, per arrivare agli anni del primo conflitto mondiale con L’ultimo viaggio del “Baron Gautsch”, e poi a quelli della seconda tragedia che ha contrassegnato il Novecento, con la claustrofobica vicenda del mancato salvataggio del sommergibile “Medusa”, in Un corpo sul fondo, con la doppia descrizione di due destini che s’intrecciano e si confrontano nelle pagine del Bene che resta, con gli strascichi dolorosi del conflitto sul confine orientale del nostro Paese, nel recente romanzo Il suo nome quel giorno. E la Storia, poi, la fa ovviamente da padrona nelle archeologie subacquee dell’Antenato sotto il mare.

Raccordare storie e personaggi d’invenzione con vicende o ambientazioni storicamente documentate deriva dalla duplicità della scrittura di Spirito, da un lato preoccupata di ancorarsi a circostanze e fatti precisi e incontrovertibili, come portato della sua attività di giornalista, dall’altro libera d’inseguire trame e caratteri, attingendo alla sua fantasia.

Non sfugge a tale duplicità il testo teatrale Il direttore, frutto della collaborazione tra Spirito ed Elke Burul, attrice e regista teatrale, autrice di sceneggiati radiofonici per la Rai Fvg (tra cui La casa degli sposi, Balkan!, Villa Orientale, La donna del batiscafo Trieste, Un nuovo caso per l’ispettore Carniel). L’incontro tra i due autori ha dato avvio ad una collaborazione fondata sul terreno di una consumata esperienza narrativa associata ad un’altrettanto approfondita competenza teatrale.

Il direttore muove dalla singolare e acuminata vicenda biografica di Rodolfo Maucci, coartato a dirigere, dal 13 gennaio 1944 al 29 aprile 1945, «Il Piccolo», durante il cupo periodo dell’occupazione nazista di Trieste e dell’ Adriatisches Küstenland, la zona di operazioni estesa all’intera Venezia Giulia, al Friuli, alla provincia di Fiume ed a quella di Lubiana, la cui organizzazione è analizzata dal saggio storico di Tristano Matta presente negli apparati nella seconda parte del volume.

La piéce, come esplorazione di un terreno di prosa drammaturgica, ha numerosi antecedenti nell’opera di Spirito, tutti affidati all’interpretazione di Sara Alzetta: Il piroscafo Trieste, L’ultimo viaggio del “Baron Gautsch”, La cameriera del “Rex”, Viribus Unitis. Si trattava tuttavia di monologhi letti a leggio, mentre Il direttore, organizzato come dramma in due atti, prevede la presenza in scena di sette interpreti: un’opera compiutamente teatrale, articolata in brevi scene nelle quali i personaggi interagiscono per dar corpo alla vicenda, anche attraverso la presentazione dei loro profili caratteriali e del ruolo assunto nelle eccezionali circostanze nelle quali sono capitati. L’apporto di Elke Burul, regista e interprete delle messe in scena del Direttore fin qui realizzate, grazie a «una intelligente sensibilità per il palcoscenico», come afferma Paolo Quazzolo, ha conferito dinamicità e tensione alle rappresentazioni, a partire dal debutto dello spettacolo l’8 febbraio 2016.

Sulla vicenda umana e professionale di Maucci, Spirito ha voluto ritornare dedicandogli l’ultimo dei camei del suo Gente di Trieste, edito in febbraio da Laterza; in esso presenta il protagonista della vicenda come uno strano eroe: «Lo metterei proprio fra gli eroi, anche se nessuno si è mai sognato di considerarlo tale. Anzi. Eppure è lì, tra i franosi terreni dell’ambiguità, della fragilità, della paura di chi è costretto a stare dalla parte sbagliata, che si riconosce il vero eroe. La nobiltà dello sconfitto. Il coraggio di lottare contro i mulini a vento […], sapendo che sarà tutto inutile, che non si può vincere, che non si può scappare, si deve solo stare lì e sporcarsi le mani e l’anima e non ci sarà redenzione».

Un eroe collaborazionista, dunque, con le implicazioni di ambiguità che tale ossimorica definizione non riesce a celare. Un borghese piccolo piccolo, un mite professore di tedesco, appassionato di musica classica, pubblicista, comandato forzosamente a dirigere il quotidiano triestino sotto l’occhiuta vigilanza di nazisti e gerarchi del fascismo repubblichino, consapevole che la guerra sta per finire, e che dopo la liberazione sarà probabilmente chiamato a rispondere della sua collaborazione con l’occupante straniero. Muovendosi nell’esiguo margine che gli è concesso tra la padella delle autorità tedesche e la brace del giudizio degli imminenti liberatori, Maucci sceglie una linea di condotta consistente nello svuotare fin dove è possibile le mire propagandistiche delle autorità militari sul giornale che si è trovato a dirigere, senza nemmeno essere un giornalista professionista, riuscendo tuttavia ad praticare un agire deontologicamente corretto, per come gli consentono le circostanze estreme in cui è costretto ad operare. Precostituendo un dossier da esibire in un probabile processo penale, redige un diario dei suoi giorni da direttore e archivia quotidianamente le veline cestinate, quelle edulcorate nei termini pubblicati, quanto insomma gli viene concesso di fare per svuotare di contenuti il giornale, rendendolo inutile come strumento di informazione, lasciando che i lettori – almeno i più avvertiti – possano comunque leggere qualcosa tra le righe, e constatare che la responsabilità di quanto è uscito dalle rotative è da ascriversi alla volontà degli occupanti e mai a quella del direttore e del corpo redazionale. Una rischiosa partita a scacchi dell’intelligenza contro la forza, col prevalere finale della prima sulla seconda.

Il contributo dei comprimari è funzionale a disegnare, per mano di Spirito e Burul, tutti i contorni della vicenda, che si sviluppa nel contesto livido dell’incombente pressione delle forze di occupazione, percepita sempre indirettamente, ma avvertibile nell’agire di ciascun personaggio. Nella complicità timida e protettiva della segretaria Vera, nello zelo resistenziale del redattore Ribaldi, nelle apprensioni del tipografo Stacchi, nelle frivole preoccupazioni della giornalista Ludovica, nelle tragicomiche fesserie del commissario fascista Corradi, che tenta maldestramente una sua improbabile scalata ai vertici del quotidiano, nel controverso antagonismo – venato di un’inespressa complicità – tra Maucci ed Herr Cerjack, ufficiale responsabile dell’ufficio stampa del comando tedesco (gli unici due personaggi effettivamente esistiti), i due autori della piéce individuano altrettanti caratteri funzionali alla realistica resa tanto del protagonista quanto del contesto storico nel quale il coartato direttore è costretto a muoversi.

Com’è ricorrente nell’opera narrativa di Spirito, l’autore si sottrae alla tentazione di fornire un giudizio complessivo su quanto ci racconta, limitandosi a fornire alcuni circostanziati elementi atti ad esimerlo dalla necessità di una sua riassuntiva presa di posizione, tanto più ardua quanto più ambivalente e precaria è la valutazione di quanto ha condotto i suoi personaggi ad agire. Nel caso di Maucci, oscuro eroe sospeso tra collaborazionismo e una grigia resistenza sotterranea ma determinata alle autorità nazi-fasciste, gli elementi di fascinazione sono altrettanto stimolanti di quelli che pongono in evidenza l’ambiguità di coerenze impossibili, tanto più se esercitate in un ambiente giornalistico ben noto all’autore, che nella redazione di un quotidiano agisce da molti anni, anche se in condizioni incomparabili con quelle del povero direttore degli ultimi mesi di guerra. Fortunatamente, per lui e per tutti noi.

 

 

Elke Burul e Pietro Spirito

Il direttore

a cura di Walter Chiereghin

con saggi di Tristano Matta,

Paolo Quazzolo e Fulvio Senardi

Libreria del Ponte rosso

Trieste, 2021

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