Un sacro capriccio

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L’Annunciazione degli Uffizi di Leonardo da Vinci

di Nadia Danelon

L’Annunciazione di Leonardo da Vinci è, senza alcun dubbio, uno tra i maggiori capolavori conservati presso la Galleria degli Uffizi: questa tavola, dipinta negli anni ’70 del XV secolo, è resa celebre da una composizione enigmatica che – per certi versi – viene giudicata imperfetta dalla maggior parte degli studiosi.

Leonardo, che nel realizzare l’opera si dimostra fedele alla tradizionale iconografia tipica di questo soggetto religioso, pone in evidenza alcuni elementi enigmatici: quasi degli errori che, sebbene siano stati attribuiti anche alla giovane età di un artista ancora attivo presso la bottega del suo maestro, hanno comportato delle notevoli difficoltà nell’attribuzione. Non esistono molti documenti relativi a questo dipinto: tant’è vero che, in prima battuta, la tavola viene attribuita a Domenico Ghirlandaio. L’opera proviene dalla chiesa e monastero di San Bartolomeo a Monteoliveto (Firenze): è giunta agli Uffizi nel 1867, comparendo per la prima volta nel catalogo del 1869. A partire dal suo ingresso nelle collezioni fiorentine, l’opera viene assegnata alla mano di Leonardo da Vinci, grazie al preciso parere espresso da Liphart: tuttavia, come già ricordato, per decenni si susseguono attribuzioni errate da parte degli studiosi che contribuiscono a creare l’impressione di un processo esecutivo incoerente. Si è voluto assegnare l’opera alla mano di Ridolfo del Ghirlandaio (Morelli e Cavalcaselle), poi a Verrocchio (Cruttwell e Reymond): ad un certo punto viene ipotizzato che l’opera possa essere il frutto di una collaborazione tra Leonardo da Vinci e Lorenzo di Credi, assegnando al primo la figura dell’angelo e al secondo quella della Vergine. In più, nel corso del tempo, alcuni studiosi hanno riproposto anche l’originale attribuzione a Domenico Ghirlandaio. Le incoerenze che hanno contribuito ad alimentare il dibattito sono visibili già ad una prima occhiata: riguardano principalmente la figura della Vergine, che presenta alcuni dettagli davvero poco chiari. Il braccio destro della Madonna è davvero troppo lungo: in nessun caso, anche modificando la posizione della figura, la sua mano sarebbe in grado di raggiungere il libro. Inoltre, osservando la strana disposizione del panneggio che copre la parte inferiore del corpo della Vergine, sembra quasi che la figura abbia tre gambe.

Tenendo conto della giovante età di Leonardo da Vinci al momento della realizzazione di questa preziosa opera, si è giunti ad ipotizzare che la composizione sia frutto di varie sperimentazioni, quasi una somma delle competenze acquisite nel tempo: questa ipotesi, tuttavia, contribuirebbe a devastare la cronologia del dipinto (generalmente collocato tra il 1472 e il 1475). Esistono due studi preparatori, realizzati da Leonardo e relativi alla composizione: uno schizzo per la manica dell’angelo e un prezioso disegno finalizzato allo studio del panneggio della Vergine (che, per la tecnica con cui è stato realizzato, si riallaccia agli elaborati tipici degli allievi di bottega: frutto, in questo caso, della mano di un artista ancora incompiuto e dipendente dalla figura del suo maestro). Questi errori, messi volutamente in luce dagli studiosi, sono stati giustificati per mezzo di ipotesi differenti. Si deve ad esempio sottolineare che la visione frontale dell’opera, a cui siamo generalmente abituati, non corrisponde al punto di vista disponibile nel contesto della sua collocazione originale: la visione ottimale della tavola si dovrebbe ottenere da destra, così come per secoli è stato possibile osservarla nel contesto della chiesa di San Bartolomeo. Alcuni studiosi si sono però sbizzarriti, attribuendo ulteriori significati alla composizione dell’opera: poco più di dieci anni fa (2005), Giuseppe Fornari ha provato a paragonare l’eccessiva lunghezza del braccio della Vergine alla distanza che separa la dimensione terrena da quella spirituale, distinguendo nella tavola la dimensione umana (Maria) e quella divina (l’angelo). In ogni caso, come è stato osservato, nessuna giustificazione allegorica potrebbe spiegare la strana disposizione del leggio rispetto alla figura della Vergine: è infatti collocato in corrispondenza della porta d’ingresso alla villa, mentre la Madonna è posizionata su un piano leggermente arretrato rispetto a quello dell’elemento. Non per questo l’opera dovrebbe essere considerata priva di elementi allegorici: il giglio e il giardino chiuso dal muretto fanno riferimento alla verginità di Maria. Inoltre, come sottolineato da Tucker e Crenshaw (2011), la Vergine funge da tramite tra l’Antico e il Nuovo Testamento: quello posizionato sul leggio sarebbe quindi il testo biblico, su cui Maria tiene il segno per ricordarsi del punto in cui ha interrotto la lettura al momento dell’arrivo di san Gabriele. Notevole è il valore attribuito al paesaggio che fa da sfondo alla scena: al di là del muro della villa, si scorgono una città portuale e dei picchi rocciosi. Il giardino, a sua volta, è curatissimo: non a caso, Raffaele Monti (1965) lo ha descritto come un “vero e proprio erbario di curiosità”. Inoltre, è stata più volte sottolineata anche la bellezza degli alberi raffigurati da Leonardo. La critica, assegnando ormai con assoluta certezza il dipinto alla mano di Leonardo da Vinci (le sue impronte sono state trovate sulla superficie della tavola), ha sottolineato anche le evidenti affinità tra l’opera conservata agli Uffizi e l’altra Annunciazione di Leonardo, custodita presso il Museo del Louvre di Parigi: si tratta del comparto centrale di una predella, risalente al 1478, collocata in origine sul basamento della Madonna di Piazza, commissionata a Verrocchio per il duomo di Pistoia. Il piccolo elaborato presente nella collezione parigina, attribuito a Leonardo da Morelli (1893), presenta alcune ridipinture: in base alle analisi effettuate, sono emerse delle modifiche all’altezza del viso dell’angelo e nel manto della Madonna. Secondo la ricostruzione proposta da Valentinier (1950), alla predella della Madonna di Piazza vanno riferiti tre comparti: l’Annunciazione di Leonardo in posizione centrale, la Nascita di Giovanni Battista del Perugino a sinistra (conservata presso l’Art Gallery di Liverpool) e il San Donato d’Arezzo e il gabelliere di Lorenzo di Credi a destra (nelle collezioni dell’Art Museum di Worcester). I due capolavori di Leonardo, nonostante i chiari riferimenti alla tradizione già tipica di questo soggetto, presentano delle caratteristiche del tutto nuove: è davvero notevole dal punto di vista compositivo e impreziosita da una moltitudine di dettagli soprattutto la versione degli Uffizi, dove Leonardo strizza l’occhio, nel particolare basamento del leggio, al sarcofago di Piero e Giovanni de’ Medici realizzato dal suo maestro (Verrocchio) per la basilica fiorentina di San Lorenzo.