Un saluto a Franca Fenga Malabotta

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di Fabio Cescutti

 

Cara Franca,

ho deciso di scriverti solamente adesso dopo tante conversazioni telefoniche, frequentazioni della tua casa che preferivamo avvenissero fra noi due nel privato. Talvolta in cucina dove preparavi da mangiare. “Ti ricorderai quando la signora Malabotta si cucinava il pranzo e tu le portavi il giornale?” “Sì, per sempre, come un grande privilegio”. Ebbene ho un cattivo carattere. Chi è amico della verità – dice un proverbio – non ha amici. Oppure nel mio caso era amico della signora Franca Fenga Malabotta. Solo noi dunque a parlare del Curatorio del Museo Revoltella, di collezionismo, dei musei, del mondo che ruotava sulla gioia di vivere attraversando la ricerca, l’amore per i quadri, perché l’idea che utile e inutile allo stesso tempo fossero il fulcro della vita era la cosa più bella del mondo. Citiamo Benjamin: rendere le cose libere dalla necessità di essere utili. E se questo è il significato di un De Pisis o di un Martini pagato qualsiasi prezzo vale la libertà dell’opera votata a dare gioia e amore. I tempi oggi sono cambiati. Purtroppo. Ma ora che il Gladiolo è fulminato per sempre non avrò più il privilegio di sentire le sue parole.

Ti ho conosciuta attraverso il libro su Nicola Grassi  dell’amico Enrico Lucchese, presentatomi da Walter Chiereghin, all’epoca direttore di Trieste Arte Cultura. La visita nella casa dove i De Pisis non c’erano più, tu che mi spiegavi le sfumature di quel rifugio ormai per te solitario vista la prematura morte di Manlio Malabotta, le storie e l’anima di chi aveva accarezzato quei divani lasciandovi dal tocco leggero di una mano un po’ di polvere di stelle perché tante sono le stelle che ti hanno frequentata aveva fatto sì che non solo ai miei occhi tu fossi la Dama dell’Arte. Idea suffragata quando ti riconobbi sul Giornale dell’Arte di Allemandi inserita insieme ad altre signore che custodivano la bellezza. Altro che Donna, Afrodite era tornata.

Hai fatto tutto per conservare un patrimonio che non si traduce in denaro, ma in sogni, passioni, armonia, energia, ricerca e – nei casi più alti come questo – umiltà. Tu infatti non sei stata una collezionista ma una conservatrice, valorizzando negli anni il Malabotta un po’ dimenticato che è diventato il grande critico – quello che in realtà era – grazie a te e ai libri che ne hanno valorizzato la figura insieme a quel gruppo di giovani storici dell’arte cresciuti in parallelo alla tua passione. E che oggi occupano posizioni importanti.

Non parliamo dell’impegno per i musei e le donazioni, una linea che oggi unisce Trieste (Museo Revoltella), Venezia (Fondazione Cini) e Ferrara la città del marchesino pittore. Un percorso temporalmente a ritroso che si chiude a Trieste dove Malabotta aveva cominciato la sua avventura nel collezionismo e nella critica d’arte.

Man mano che la confidenza avanzava vedevo questa musa dell’arte che si chiamava Franca e abitava in via Franca tornare a casa con le borse a rete della spesa. Del resto eravamo vicini, via Tigor è a circa cinquecento metri. La prima volta ne rimasi sorpreso, quasi interdetto. Mah? Lo avrebbero fatto le altre del famoso servizio dell’editore Allemandi? Nascita siciliana, triestinità d’adozione e soprattutto con il marito Manlio tanti anni in Veneto dove i signori, i nobili, i borghesi sono stati sempre un tutt’uno con i giardinieri delle ville, la gente comune attraverso la quale lo scherzo, l’ombra faceva sì che il mondo goldoniano non fosse quello triestino frenato nella storia da autori sofferenti e complessi come Svevo e Saba.

Ecco che la signora Malabotta con le borse della spesa in via Franca rimane per me la bellezza dell’alta educazione e della semplicità che talvolta senza sbavature riescono a coniugarsi in uno stile di vita. Afrodite era amica e pranzava con Irina Artemieva, la zarina dell’arte veneta dell’Ermitage di San Pietroburgo. Aveva invitato Pierre Rosenberg direttore del Louvre di Parigi per una memorabile conferenza a Trieste. E siamo certi che entrambi l’avrebbero aiutata a portare le borse a casa. Come accade nelle migliori famiglie. Ci mancherai.

Con stima, amicizia e affetto

Fabio