Un sorprendente debutto

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In traduzione italiana le poesie dell’americano Edgar Kunz

di Sandro Pecchiari

 

La casa editrice Fuorilinea-Caravelle, di Roma/Monterotondo, il cui direttore editoriale è Franca Irawan Esposito, nasce nel marzo del 2009 con l’obiettivo di esplorare realtà apparentemente “altre” dalla nostra. È un viaggio nel quale civiltà e culture diverse legano il passato al presente, noi agli altri e gli altri a noi, anche sapendo compiere, là dove necessario, una sorta di fuga all’indietro per meglio comprendere, e interpretare, il presente. Questo viaggio ‘fuorilinea’ è aperto ai contributi e ai suggerimenti dei lettori proprio per non restare ingabbiati in schemi troppo rigidi, ma rimanere flessibili e aperti a cogliere ogni suggestione che permetta di aprire spiragli su questa “terra incognita” che è il tempo in cui viviamo.

Fuorilinea Caravelle è principalmente una vetrina per i poeti statunitensi contemporanei, che meglio di chiunque altro sono capaci di raccontare l’intensità delle sollecitazioni di una società che cambia velocemente senza evitare di considerare gli aspetti più violenti, i disordini, le durezze e le divisioni. Un viaggio verso il tempo presente incognito. Sotto questa luce, la casa editrice appare perfetta per proporre questa raccolta di versi.

La versione originale Tap Out (Mariner / Houghton Mifflin Harcourt, March 5, 2019, è stata supportata da una borsa di studio e dai conoscimenti di the National Endowment for the Arts, the Maryland State Arts Council, MacDowell, Bread Loaf, e Stanford University.

È un libro che sa immergere il lettore nella crudezza di un mondo in veloce mutazione a volte inimmaginabile. Un libro abitatissimo di persone inventate, più spesso invece amalgama di persone conosciute e/o amate. Le poesie si dipanano per accumulazione con una precisione fotografica di particolari, oggetti e accadimenti che però sottendono storie pregresse mai troppo esplicitate e la cui conclusione, a volte dolorosa, spiazza la lettura e costringe e rileggere i versi sotto la luce delle rivelazioni in itinere. L’obiettivo della collezione, dice Edgar Kunz, non è creare un modello a scala 1:1 della vita, ma creare, ogni volta, la rappresentazione più sorprendente di come ci si sente ad essere “vivi” e condizionati e poco liberi nei rituali quotidiani e nella nitidezza dell’alienazione’ che ne consegue.

 

Sceglierei la poesia Farmsitting come esempio della sua visione e ricostruzione/rappresentazione della realtà americana:

 

Most days the same / with minor variations. Flat blue // of the 5am kitchen. Two scoops of feed / in a plastic bucket. A small bowl // of yogurt and an hour stacking / what the ice brought down overnight. // I was happy. I slept in their bed, / I read the mysteries on their shelves. // Always something precious gone, / someone hot on the trail. // I walked in borrowed boots / across the frozen pasture and back // each morning, each morning / the feed, the spigot, the horse dragging / its bulk against the stall. / I’d walk out nights and stand // on the same trampled spot in the yard / and listen to the cold stirring // in the cheatgrass. Dull glow of a town / on the horizon. Hiss of snow. // I’d lie in their bed under three heavy / cotton blankets and worry // about the horse and the dwindling / supplies. It was a life and it was not // mine. To sleep, I imagined the great // slabs of granite buried slantwise / in the hills. To sleep, I counted / the measures ticked out / in the porcelain tub, slow drip / to keep the pipes from freezing.

 

Quasi tutti i giorni la stessa cosa / con minime variazioni. Il blu uniforme // della cucina alle 5 del mattino. Due palette di foraggio / in un secchio di plastica. Una ciotola // di yogurt e un’ora a spalare / ciò che il ghiaccio aveva fatto cadere durante la notte. // Ero felice. Dormivo nel loro letto / leggevo i gialli sui loro scaffali. // Sempre la scomparsa di qualcosa di prezioso, / qualcuno che seguiva delle tracce. // Camminavo con stivali presi in prestito / avanti e indietro attraverso il pascolo ghiacciato // ogni mattina, ogni mattina / il foraggio, il rubinetto, il cavallo che trascinava // la sua mole contro la stalla. / Uscivo di notte e me ne stavo in piedi // nello stesso punto calpestato del cortile / ad ascoltare il freddo che rimestava // le spighe. Il bagliore opaco di un paesino / all’orizzonte. Un sibilo di neve. // Mi sdraiavo nel loro letto sotto tre pesanti / coperte di cotone e mi preoccupavo // del cavallo e delle scorte / in diminuzione. Era una vita e non era // la mia. Per dormire, immaginavo le grandi / lastre di granito sepolte di traverso / sulle colline. Per dormire, contavo / il battere del tempo con il ticchettio // nella vasca di porcellana, il gocciolio lento / per evitare che i tubi si congelassero.

 

Farmsitting rende la ritualità dell’ovvio e del quotidiano, calandolo in una specie di riverente rispetto: “Two scoops of feed / in a plastic bucket. A small bowl / of yogurt and an hour stacking / what the ice brought down overnight.”

Spesso, nonostante la ritualità del quotidiano, è come se si vivessero due sentieri paralleli, a volte interscambiabili. Si lavora ad altro, ma la mente continua come un rumore di fondo a comporre ed elaborare le esperienze e le sensazioni dell’ogni giorno.

Questo modo di viversi tende a rendere temporanea ogni azione, come se fosse data in prestito, “I walked in borrowed boots”  “across the frozen pasture and back / each morning”,
scivolando in una vita diversa, quasi parallela, che permetta di estraniarsi dalla routine e dalle ossessioni che questa comporta. E camminare come se un intruso scaturisse da noi stessi e che imponesse di vedere la propria vita più attentamente e chiaramente: la chiarezza attraverso l’alienazione. La domanda quindi è capire come queste ‘assenze’ da se stessi permettano di liberarsi/liberarci/liberarcene efficacemente.

 

Così la raccolta tratta principalmente della pulsione ad andarsene, ad arrendersi prima che la situazione si faccia veramente pericolosa, e irreparabile. Tap out implica l’atto dell’abbandono quando non si possiede più denaro, energia o tempo: entrando nel personale dell’autore, la presa di distanza da un padre alcoolizzato, alternativamente depresso e violento, dalla mamma che fugge da questa situazione, dall’autore stesso che sviluppa una tecnica di fuga come meccanismo di sopravvivenza.

E la poesia è un tentativo di scendere a patti con la presa di coscienza che non si può fuggire per sempre.

 
Edgard Kunz

Tap Out – Al tappeto

a cura di Stas’ Gawronski

traduzione di Katie Scroccaro

con testo originale a fronte

Fuorilinea, 2021

  1. 160, euro 13,00