Una proposta per la città

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di Peppe Dell’Acqua

 

Caro Walter

come sai, sono un lettore della rivista che apprezzo e che ritengo quanto mai utile. Da più di un anno con un gruppo di amici abbiamo cominciato a riflettere sul degrado politico e culturale in cui versa la nostra città. Non serve parlarne ancora, ci siamo detti, bisogna fare qualcosa: attivare una diversa presenza dei cittadini per uscire dalla piattezza del conformismo e dell’indifferenza, dalla marcata assenza di partecipazione ai destini della cosa pubblica, dei beni comuni, della gestione e dell’uso degli spazi, delle politiche culturali e giovanili. Le scelte e le manifestazioni populiste sono davanti agli occhi di tutti. Le recenti esternazioni di un triste e sciagurato componente della giunta comunale sono dell’altro ieri.

Ma come fare? Chi siamo? Chi vorremmo essere? Quali orizzonti condividere? E poi quali argomenti e strategie per cercare l’incontro con i cittadini del centro come soprattutto delle periferie; quali i modi per incontrarsi, come e dove organizzare incontri pubblici, allargare il cerchio, riconoscersi. La prima assemblea pubblica organizzata, non senza fatica e incertezze (e incompetenza!) al Filoxenia la scorsa primavera ci ha stupito: circa 300 persone (molti giovani) forse incuriositi non tanto dagli argomenti che ci ripromettevamo di discutere ma dalla temerarietà di una simile iniziativa! “Vediamo un po’ cosa succede” avranno detto in molti. Si cominciò a parlare di sicurezza cercando chiavi diverse di analisi e di possibile intervento. Si parlò di politiche sociali naturalmente, di abitare, di accoglienza, di precariato, di scuola, di lavoro. Come puoi capire, caro Walter, riuscimmo, non senza soddisfazione, a spostare almeno tra noi il punto di vista e cominciare a condividere temi e strategie. Quella sera ci siamo dati un nome “un’altra città”, un’associazione di fatto. Siamo una rete, ci siamo detti e abbiamo scritto, un forum. Una piazza dove possiamo incontrarci , rinsaldare i vincoli di amicizia e godere del piacere dell’incontro. Del riconoscersi. La piazza della città che immaginiamo dove l’urgenza del cambiamento ci chiama. Forse un laboratorio dove tutti ascolteranno e discuteranno e si faranno portatori di una proposta: un’altra città, fatta di alleanze, di amicizia, di accoglienza. Da qui è nato un gruppo, prevalentemente architetti, urbanisti e cittadini attenti alle forme dell’amministrazione della città e del territorio che dopo mesi di lavoro e di incontri hanno permesso un’affollatissima assemblea al Miela (tutto esaurito, sopra e sotto, gente in piedi) sulla questione del Porto vecchio e dei Buchi neri (i tanti edifici e spazi abbandonati.) E poi altri gruppi di interesse. Tutti con il convincimento che è quanto mai urgente promuovere conoscenza e partecipazione sui temi delle crescenti diseguaglianze sociali che ci interrogano più di ogni altra questione.

In questa città esistono forze notevoli, e fermenti culturali e sociali prodotti da realtà associative indipendenti che si muovono al servizio di un bene comune e di un’altra idea di città. Microcosmi, li abbiamo chiamati. Piccole realtà autonome e coraggiose che non hanno una casa comune, che fanno fatica a riconoscersi nei partiti, che sono in cerca di uno spazio materiale di confronto pubblico e umano. Con questo spirito abbiamo dato vita a una rete per un’altra città. Per passione civile, per tensione etica e politica, per non restare passivi e per il piacere di dialogare con tutti e di agire insieme.

Da poco un’altra città ha una pagina e un blog.

Allora perché ti scrivo? Per dirti di questo tentativo che andiamo facendo e che forse ci dovrà vedere più impegnati nei prossimi inaspettati e impensabili tempi che verranno; per dirti che incontro già “il Ponte rosso” sulla piazza che insieme frequentiamo; per dirti che vorremo lanciare ogni mese il link per leggere Il Ponte rosso sulla pagina di “un’altra città” e pubblicare per esteso un articolo, un saggio, un racconto. Te ne ho parlato a telefono dalle nostre familiari clausure, hai approvato. Abbiamo pubblicato per cominciare I fuochisti del Lloyd di Luciano Comida. Quanto di meglio poteva accadere per avviare un’amichevole collaborazione. Vogliamo con questo non tanto ricordare Luciano, ma averlo tra noi. Sono certo che avrebbe partecipato a “un’altra città” col suo solito entusiasmo, con la sua scrittura lieve e la sua passione.

Sicuro di incontrarti in piazza quanto prima.

Peppe Dell’Acqua

per “un’altra città

https://unaltracittatrieste.home.blog

 

La nostra risposta:

 

Caro Peppe,

Il ponte rosso è nato per un’esigenza di pluralismo e per un’altra di sintesi in una città che appare stimolata da molteplici sollecitazioni culturali – dalla lettura ai teatri, alla musica, al cinema – che si incasellano tuttavia in spazi difficilmente comunicanti tra loro, nei quali per di più viene raramente stimolato il pensiero critico su quanto di volta in volta si propone. Per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissati cinque anni or sono, all’atto della nascita della nostra iniziativa, abbiamo scelto la via di non schierarci a lato di alcun partito o di alcun movimento e di relegare anzi le considerazioni sull’attualità politica confinandole in un unico esiguo spazio mensile, la serie dei miei editoriali.

Tale presa di distanza dalle vicende dei partiti la riteniamo una scelta opportuna e doverosa, nei confronti dei nostri lettori e anche del pluralismo delle idee che intendiamo assicurare ai collaboratori della nostra rivista che, lo ricordo, agiscono tutti a titolo assolutamente gratuito, offrendo le proprie competenze per realizzare uno strumento informativo polifonico che riconosce come un valore aggiunto quello di essere redatto a cura di personalità che vi confluiscono da ogni area politica e culturale che si riconosce nei valori di democrazia e di solidarietà sociale sanciti dalla nostra Carta costituzionale.

Tutto ciò, ovviamente, non impedisce di ritenere le materie delle quali ci occupiamo intimamente connesse con la realtà sociale e politica nella quale esse si manifestano e dalla quale sono pesantemente influenzate, in un rapporto di reciproca influenza e interdipendenza.

Mi perdonerai la prolissità della premessa, che però mi pareva opportuna.

Ho girato ad alcuni amici, i più attivi nella nostra Associazione culturale, che si sono dichiarati concordemente favorevoli a stabilire un collegamento del genere di quello che tu mi hai proposto; «fare rete», com’è di moda dire, è d’altra parte una nostra abitudine, che ha già dato e continua a dare frutti rilevanti con altre associazioni quali l’Istituto Giuliano di Storia Cultura e Documentazione, il Centro Studi “Scipio Slataper” e, pensa un po’, un’associazione culturale italiana in terra di Francia, Altritaliani.

Sono sicuro che anche il collegamento con Un’altra città costituirà un piccolo passo in avanti nella comune direzione verso una società più equa, più capace di critica e più solidale, come mi sembra sia negli obiettivi che abbiamo in comune.

 

Walter Chiereghin