8 MARZO Lettera a tutte le Jo March

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«Non dobbiamo essere per forza amiche, non dobbiamo per forza starci simpatiche, ma vogliamo farci valere, vogliamo farci sentire, e vogliamo farlo insieme»

di Anna Calonico

 

Cara Jo,

ti sembrerà strana una lettera da un tempo così lontano dal tuo, ma il fatto, vedi, è che non credo esista oggi una donna o una ragazza che non abbia amato le avventure di voi sorelle March.

Certo le cose sono cambiate, e molto, da quando tu venivi considerata una sfacciata solo per aver salutato il tuo vicino di casa Laurie, ma anche adesso, credimi, le ragazze non possono prendersi le stesse libertà degli uomini se non vogliono essere criticate, condannate, addirittura messe in pericolo e colpevolizzate.

Mi piacerebbe parlarne con te, e vorrei che tu ne parlassi ai ragazzi della tua scuola, alle ragazze dell’età di Beth o anche a quelle più giovani, come Amy; io farò lo stesso con le Beth e le Amy di oggi, e spero che le piccole donne di entrambe le epoche si sentano vicine.

Potremmo cominciare da te e dalle tue colleghe letterarie: Alice, Pippi, Dorothy, Pollyanna… e poi ancora Biancaneve, Candy, Lyra, Heidi, Katniss, Bella, Susan, Marianna, Tris, Ermione, Alaska. Siete così tante, e tutte così belle! Le vostre storie hanno fatto ridere, commuovere, emozionare, spaventare, indignare, piangere, arrabbiare, sognare e sperare generazioni di ragazzine che una volta cresciute hanno continuato a tenervi nel cuore, e ognuna di voi rappresenta un simbolo dolcissimo di forza e fierezza. Credo sia per questo che Beatrice Masini ha voluto dedicare alle icone femminili delle letteratura, non solo per giovani lettrici, il libro Le amiche che vorresti e dove trovarle (vedi Il Ponte rosso n 47): una rapida carrellata, purtroppo alquanto sintetica, di idoli fatti di parole. C’è spazio anche per donne adulte: da Shahrazad e Cathy Earnshaw, da Emma Bovary alla signora Chatterley. Inoltre ci sono Mina di David Almond e Matilde di Roald Dahl, ma anche la Bradamante dell’Orlando, e nessuna di loro sfigura vicino alle altre.

Oppure potremmo cominciare con piccole donne che forse non sono mai esistite, ma che certo rispecchiano molte ragazze dell’epoca di cui narrano, per esempio dell’inizio del secolo scorso, quando era normale che le donne non avessero desideri, idee, pensieri! A questo proposito potrei raccomandarti un bel romanzetto di Valentina Cavallaro, Voglio votare anch’io. Storia di una suffragetta. È la storia di una ragazzina, Sally Bennet, che dopo la morte dei genitori va a vivere dall’aristocratica, acida zia, una donna perennemente arrabbiata, convinta che andare a scuola sia «un’inutile perdita di tempo. Soprattutto per una femmina. A cosa serve una donna istruita? A niente. Ecco a che cosa serve. Una donna deve saper sbrigare le faccende domestiche e, se è povera, adattarsi ai lavori più umili, nella speranza di non sposare un disgraziato che spenda tutto in alcool e al gioco» (p.27). La piccola Sally, costretta dall’arcigna vecchia parente a badare a tutti i suoi capricci e alla cura della casa, deve anche lavorare in fabbrica, con le mani nell’acqua bollente e immersa nei vapori, finché un giorno incontra Oliver, lo strillone. Il ragazzo le cambierà la vita, tanto che Sally verrà ospitata nella sua misera dimora, dove il padre, non potendo lavorare per un incidente, si occupa di tutti i lavori domestici scandalizzando la ragazzina, cresciuta con i preconcetti sterili e crudi della zia. E non è finita! Perché in quella casa Sally impara a leggere, e nella nuova fabbrica dove va a lavorare incontra la signora Pepperpot, una donna che si ribella. All’inizio Sally non sa nemmeno pronunciare quella parola, “suffragetta”, ma alla fine, leggendo e pensando, si ritrova orgogliosa («un sentimento che non avevo mai provato prima», p. 173) nella grande manifestazione: «Era una delle giornate più fredde che si potessero immaginare. Il vento infuriava, insieme alla pioggia che cadeva incessante. Questo però non le aveva scoraggiate. Dovevano essere circa trecento, quattrocento donne. Non avrei mai immaginato una partecipazione così grande. Questa era la dimostrazione che non si trattava di una lotta di poche, singole donne, era una lotta collettiva. Era uno spettacolo meraviglioso vedere le strade trasformate in fiumi di persone, non abbastanza grandi da poterle contenere tutte. Traboccavano dagli argini.

Le suffragette si muovevano compatte, in gruppo, sincronizzate, come se seguissero una musica, un ritmo udibile solo a loro.

Erano belle nelle loro gonne bianche e con i cappellini fiorati. Sembravano loro stesse dei fiori pronti a sbocciare. C’erano donne appartenenti a ogni classe sociale.

Ricche e povere.

Operaie e aristocratiche.

Istruite e analfabete.

Lottavano tutte per gli stessi diritti.

Avvinghiate l’una al braccio dell’altra.

Sventolavano orgogliose i cartelli che loro stesse avevano fatto, con su scritto: Voto alle donne.

Il corteo procedeva a testa alta, ingrossandosi sempre di più. Donne che all’inizio guardavano timorose e incerte dall’uscio delle loro case prendevano coraggio e si univano alla folla. Le suffragette cantavano, gridavano, rivendicavano i loro diritti. “Giuriamo la nostra fedeltà per la causa della libertà. Marciamo! Marciamo! Verso l’alba, l’alba della libertà!”

Sembrava un’immensa festa sotto la pioggia» (pp. 178-179).

È un libro che parla di coraggio e di dignità, oltre che di una bellissima vittoria, così come il volumetto di Katja Centomo Franca Viola, la ragazza che disse no (Vedi Il Ponte rosso n.60): è la storia della donna che ha cambiato le leggi dello Stato italiano che prima consideravano l’offesa dell’onore più grave del delitto contro la persona. La violenza sessuale, prima di Franca Viola, era soltanto una cosa scandalosa, non era un reato contro la vittima. E invece Franca, una ragazza siciliana, ha raggiunto un successo grandioso ottenendo che le donne fossero finalmente considerate persone e non più cose di proprietà di padri e mariti; così come le suffragette dopo molte lotte hanno conquistato il diritto di voto. Sono entrambi testi per lettori delle scuole medie, veloci, scritti in maniera semplice nonostante i concetti pesanti che raccontano, e naturalmente offrono un lieto fine, in linea con il bel trionfo raggiunto dalle protagoniste.

Con il tempo, la storia del gentil sesso ha visto altri successi, come la possibilità di divorziare o di abortire, eppure la violenza sulle donne non si è mai arrestata. Ti consiglio un altro libro, Jo, per ragazze più grandicelle: si chiama Speak, le parole non dette, e l’autrice è l’americana Laurie Halse Anderson. È un libro crudo, ambientato alla Merryweather High School, un luogo che dovrebbe essere un aiuto alla crescita e alla formazione dei ragazzi, ma che per la protagonista, Melinda Sordino, diventa un inferno da quando viene stuprata da Andy Evans durante una festa: «È un viscido.

È un bastardo.

Statene alla larga!!!!!!!!!!

Dovrebbe essere rinchiuso.

Si sente chissà chi.

Chiamate la polizia» (p. 172).

Melinda infatti chiama la polizia, ma il risultato è che ad Andy Evans non succede nulla, mentre Melinda viene emarginata da tutti, guardata con odio per aver rovinato la festa, criticata come spia, disprezzata. Così, le sue parole rimangono dentro, a massacrarla dall’interno e a farla sentire sbagliata, come se la colpa di quanto accaduto fosse sua. È una storia breve, ma intensa, e parla di emozioni forti.

Non è curioso che tanti libri sulle donne, anche libri per bambine e per adolescenti, parlino di cose così orribili?

Eppure è questa la realtà: le donne sono, ancora, da sempre, madri e casalinghe, spose e serve, bambole e pin-up, prostitute, arpie e streghe, come nella canzone di Bennato: «sorella, madre, sposa, tu regina, fata, tu non puoi pretendere di più. Ma da sempre tu sei quella che paga di più, se vuoi volare ti tirano giù, e se comincia la caccia alle streghe la strega sei tu».

Già, streghe, come nel romanzo di Celia Rees Il viaggio della strega bambina: Mary vede la nonna trascinata via per una folle accusa di stregoneria e torturata fino al patibolo. Mary capisce allora (la nonna annuisce da lassù, dal patibolo, incontrando i suoi occhi e salutandola per sempre) di dover scappare lontano, perché rischia di essere la prossima condannata. Nelle pagine della Rees assistiamo allora alla fuga della ragazzina attraverso l’oceano, fino in America, dove, nel tentativo di ottenere un suo posto nella nuova società aiuta i malati come le era stato insegnato dall’anziana donna, con erbe dalle proprietà curative, senza rendersi conto che proprio quelle pozioni possono tradirla e portarla alla pena capitale. Si può essere additati per sciocche superstizioni? Si può venire condannati per aver fatto del bene ad altri? Si può pagare con la vita la capacità di distinguere le piante con proprietà benefiche? Pare di sì, nella Salem del 1600, che voleva sistemare le avversità meteorologiche con preghiere e condanne sulla pubblica piazza.

Ti dicevo, cara Jo, che per fortuna la situazione è migliorata. Pensa che le donne hanno iniziato pian piano a farsi spazio nei mestieri da sempre considerati tipicamente maschili, e sanno anche farsi valere. Tra i tanti romanzi che potrei consigliarti su questo argomento ne scelgo uno per ragazzine dell’età di Amy, Io Emanuela, agente della scorta di Borsellino di Annalisa Strada. Emanuela Loi non è un personaggio inventato, e quando avevo grosso modo la tua età ho imparato a conoscerla guardando la sua fotografia sul giornale, vicina a quelle dei suoi colleghi uomini e del magistrato. Era una ragazza che voleva impegnarsi pienamente in tutto quello che faceva, ed ha avuto il triste primato di essere la prima agente donna della Polizia di Stato a restare uccisa in servizio. Merita di essere letto, questo libro, se non altro per ricordare il personaggio e per rendere onore a tutte quelle donne che hanno pagato con la vita l’audacia di farsi avanti: «Fai attenzione però, te lo dico a chiare lettere: non sono né una vittima né un eroe. Avrei voluto essere una persona felice, giusta, utile e perbene. Non me ne hanno dato il tempo» (pp. 134-135). Una donna che ha voluto essere qualcuno, fuori da schemi antichi che la vedevano più banalmente come donna di casa, sposa e madre. Ha preferito essere qualcosa di diverso, e, se non proprio una donna in carriera, una donna coraggiosa, con una forza che ancora era tipica degli uomini.

C’è un altro modo per essere donna?

Sì, molti, e purtroppo persiste ancora la visione della donna come bambola, pin-up bellissima da mettere in mostra. A proposito della bellezza a tutti i costi, cosa che questi tempi raccomandano, credo rimarresti sconvolta nel leggere un testo adatto alle lettrici dal liceo in su: Tutta da rifare di Giogia Wurth. Narra la storia di Sole, ossessionata dalla sua apparenza, dal suo fisico mai abbastanza soddisfacente nonostante le mille operazioni chirurgiche a cui si sottopone per arrivare alla tanto agognata perfezione: «Tutto ciò che non è bello non ha diritto di esistere.

Io sono l’opera d’arte, voi i critici.

Da dove vengo, quanto valgo

Decidete voi

Vendetemi all’asta al peggior offerente

Perché non c’è prezzo per la bellezza

Se la bellezza è una promessa di felicità

Io non sono bugiarda

Ma se guardandomi non vi sentite appagati

Allora ammazzatemi a sangue freddo»(p.91).

È un libro estremamente triste e deprimente, e credo che anche tutte voi sorelle March, anche Amy che è sempre stata la più vanitosa di voi, prendereste le distanze dall’infelice personaggio della povera Sole, così lontana dai prototipi di modestia ed emancipazione che vi sono tanto cari.

Sono certa che apprezzereste, invece, le protagoniste di Fazzoletti rossi di Roberta Marasco: Camilla, Luna-Lunatika e tutte le altre. Sono adolescenti, tutte prese dai problemi in famiglia, la moda, la nuova scuola, i followers su tik-tok… e le mestruazioni. Camilla scopre un giorno di essere diventata donna, ma non sa a chi raccontarlo: si è appena trasferita nella casa della matrigna, si sente ancora un pesce fuor d’acqua in classe, non ha più la consolazione dei pomeriggi in piscina, così registra un breve video da inviare alle sue Superamiche che non vede più: «Sapete che cosa mi piacerebbe? Mi piacerebbe arrivare a scuola domani e che le mestruazioni non fossero un segreto per niente, anzi, che fosse fortissimo averle, tanto che tutte andrebbero in giro con un fazzoletto rosso, tipo, per vantarsene. E così potrei mettermi un bel fazzoletto rosso anch’io e non dovrei più dire che ho mal di pancia o nascondere l’assorbente nello zaino dove nessuno lo trova. Non dovrei più vergognarmi se mi sporco o se perso sangue, perché avrei il mio fazzoletto rosso da mostrare tutta orgogliosa».

Qualcosa va storto, e il video finisce nientemeno che sui social, in bella mostra per chiunque. A questo punto della storia nessuna vorrebbe trovarsi nei panni della povera Camilla, ma per fortuna è un libro a lieto fine: pian piano, da bullizzata la giovane comincia ad essere invece compresa e quasi ammirata, e quando viene scelta dagli insegnanti per parlare davanti a tutta la scuola in occasione della visita di un qualche ministro che le ragazze scoprono essere misogino e retrogrado, allora le compagne, anche quelle delle altre classi, si stringono intorno a lei e contro l’uomo, presentandosi a scuola proprio con quel fazzoletto rosso che Camilla aveva ipotizzato, a simboleggiare il loro orgoglio di essere donne.

«“Lei sostiene che noi siamo il pilastro della famiglia, ma prima non dovrebbe chiederci se siamo d’accordo? Chiederci che cosa ne pensiamo noi, invece di decidere lei al posto nostro? […] Perché se nessuno ce lo chiede, se nessuno ci ascolta, se tutti parlano di noi al posto nostro, ci convinceremo di essere stupide e sbagliate. E diventeremo invisibili.” Guardo la platea, tutti i fazzoletti rossi al collo, ai polsi, fra i capelli delle mie compagne. Significano che non dobbiamo essere per forza amiche, non dobbiamo per forza starci simpatiche, ma vogliamo farci valere, vogliamo farci sentire, e vogliamo farlo insieme. “E noi siamo stufe di essere invisibili” concludo. La platea esplode in un boato». Un pochino banale come finale, lo ammetto, sa molto da film americano. Nonostante questo, però, è un testo che offre buoni spunti per parlare della condizione femminile e per dare coraggio a chi si sente un po’ timida e impacciata nel vedere il corpo che cambia e matura. In fondo, questo romanzo è un inno all’essenza femminile, e se diventasse un film io già immagino l’uscita delle ragazze dalla palestra, dopo la visita del ministro, tutte sorridenti con i loro fazzoletti rossi, mentre John Lennon fa sentire in sottofondo la sua ode alla donna: «woman I will try to express my inner feeling and thankfullness for showing me the meaning of success».

Cara Jo, sono giunta alla fine di questa lettera, e per salutarti voglio usare una citazione attribuita a Virginia Woolf (a proposito di che cosa può essere una donna!). La frase dice più o meno così: «Dietro ad un grande uomo, c’è sempre una grande donna». Già, ma mi chiedo: chi c’è dietro ad una grande donna?

Spesso, anche basandomi sui libri per giovani lettrici, mi pare che ci siano soprattutto mostri e solitudine.

 

Celia Rees

Il viaggio della strega bambina

Salani, 2001

  1. 197, euro 12,50